A una settimana dalle elezioni che il 14 giugno daranno un nome al prossimo Presidente iraniano non c’è traccia nel Paese del Movimento verde, la mobilitazione politica che nel 2009 riuscì quasi a mandare a gambe all’aria il regime di Mahmoud Ahmadinejad. Dopo l’esclusione dei due candidati scomodi, Hashemi Rafsanjani – appoggiato dai riformisti – e Rahim Mashei – vicino ai “deviazionisti” di Ahmadinejad – nessuna delle personalità in corsa sembra convincere gli iraniani che queste elezioni porteranno un autentico cambiamento. Solo otto candidati sono riusciti a superare il veto del Consiglio dei guardiani, composto da giuristi e religiosi che in questa ultima tornata elettorale hanno escluso ben 678 pretendenti con criteri tutt’altro che oggettivi.
Gli otto politici hanno espresso le proprie posizioni sui problemi economici e sociali del Paese durante tre dibattiti televisivi. Di questi solo l’ultimo, sulla politica estera e sulla questione nucleare, ha innescato un vero confronto aperto tra i candidati, complice anche il format televisivo che li ha costretti a seguire una rigida scaletta cronometrata e a rispondere a una serie di discutibili domande a scelta multipla. Per quanto il faccia a faccia televisivo si sia velocemente trasformato in un accapigliamento di tutti contro tutti, i candidati possono essere divisi in due schieramenti principali.
I conservatori
Da una parte ci sono i conservatori fedeli alla Guida suprema, tra cui per ora i favoriti sarebbero Said Jalili, l’attuale capo negoziatore delle trattative sul nucleare iraniano, e il sindaco di Teheran Mohammad Bagher Qalibaf. Secondo alcune fonti Jalilli avrebbe ottenuto anche l’appoggio indiretto del Presidente uscente Ahmadinejad, che ha dovuto accettare la squalifica del suo protetto Mashei.Qalibaf, invece, nello scontro sotterraneo tra la Guida Suprema e il presidente uscente Ahmadinejad, si è da tempo schierato con il primo. Al girone dei fedelissimi alla Guida appartengono anche Gholam Ali Haddad-Adel e Ali Akbar Velayati. Velayati è stato Ministro della salute nel 1980 e degli Esteri dal 1981 al 1997 ed è soprannominato Signor “posso?” per il suo servilismo nei confronti della Guida. Haddad-Adel è stato eletto per quattro mandati consecutivi al Parlamento; è uno dei più stretti collaboratori della Guida Suprema e suocero di quest’ultimo. Tra i conservatori anche Mohsen Rezai, l’ex capo dei pasdaran, la milizia nata dopo la Rivoluzione islamica del 1979. Khamenei finora non si è sbilanciato apertamente a favore di nessuno: Velayati e Haddad-Adel sono tra i suoi più stretti collaboratori, ma in quanto tecnocrati non sembrano godere di un sostegno popolare diffuso.
I moderati
Allo schieramento opposto invece appartengono il religioso moderato Hassan Rouhani e l’ex vice Presidente del governo di Khatami, Mohammad Reza Aref, vicini ai riformisti. Entrambi hanno studiato all’estero e durante il dibattito in tv hanno espresso visioni simili sulla necessità di diminuire il ruolo dello Stato nella vita di tutti i giorni degli iraniani, soprattutto in campo culturale. Rouhani ha insistito sull’importanza del ruolo delle donne nella società e ha promesso che, se eletto, creerà un ministero incaricato della questione femminile.
Durante l’ultimo confronto televisivo tutti si sono improvvisati difensori dei diritti umani, incolpandosi reciprocamente della repressione nei confronti dell’opposizione. Ma, nonostante alcuni candidati abbiano tentato di accennare ad argomenti scottanti per il regime, come la censura del web o il clima claustrofobico nelle Università, per ora la campagna elettorale non è riuscita a scuotere la popolazione. Due gli episodi che forse potrebbero essere letti come una timida eco dei sollevamenti del 2009. Il 3 giugno, durante un comizio, alcuni sostenitori di Rouhani sono stati arrestati per aver inneggiato alla liberazione del candidato riformista Moussavi, leader simbolico del Movimento verde, ancora agli arresti domiciliari. Giovedì 6 giugno, invece, il funerale di un ayatollah critico del regime, Jalaleddin Taheri, si è trasformata in una spontanea manifestazione in cui sono stati gridati alcuni slogan contro la Guida suprema. Per ora è troppo poco per parlare di un risveglio della società civile iraniana e per il regime c’è il pericolo che alle prossime elezioni il vero candidato scomodo sia l’astensionismo.