“Strettamente confidenziale” riporta la copertina del rapporto del Fondo monetario internazionale che ammette di aver sbagliato nel valutare gli effetti che l’austerità avrebbe avuto sulla Grecia. Ma di “strettamente confidenziale” ormai c’era solo l’ammissione di colpa.
Che il Fondo monetario avesse sbagliato nel salvataggio della Grecia lo si era capito. Ed è da mesi che lo diciamo su queste colonne. Lo si era capito alle distribuzioni di cibo – dove la gente fa a botte per arrivare prima; dai livelli di disoccupazione insostenibile; dai tagli agli stipendi e alle pensioni che hanno spinto anche molti di quelli che lavorano – o hanno delle entrate economiche – al di sotto della soglia di povertà; dalla malnutrizione dei bambini; dalla carenza di farmaci; dalla deriva autoritaria che ogni misura economica che bypassa il consenso popolare comporta.
Lo avevamo capito dal fatto che i media italiani avessero smesso di parlare della situazione in Grecia, come se non ci riguardasse più.
Lo avevamo capito anche perché non eravamo a conoscenza di nessun successo dei “programmi di aggiustamento strutturale” di World Bank e Fondo monetario propinati dagli anni ’60 in poi ai paesi in via di sviluppo. Come potessero riprovarci ancora – questo no, non lo capivamo.
Si tratta della terza notizia incommentabile, dopo il primo capitolo dello stesso rapporto – pubblicato alcuni mesi fa – in cui il Fondo monetario rivelava di aver sbagliato la stima del moltiplicatore; e dopo che lo studente di dottorato Thomas Herndon si è accorto di un errore di calcolo alla base di uno degli articoli cardine delle politiche di austerità.
Il moltiplicatore permette di stimare gli effetti di alcune riforme sulla crescita del Pil: quello stimato inizialmente dal Fondo monetario prevedeva che le politiche recessive avessero un impatto negativo dello 0.5, mentre quello corretto era di 1,5. Ciò spiega perché, secondo le stime del Fondo monetario, l’economia della Grecia si sarebbe dovuta contrarre del 5.5%, mentre si è contratta del 17%.
Numeri, che nella realtà vogliono dire meno posti di lavoro, povertà, esclusione sociale, un avvitamento vorticoso in una recessione da cui non si vede via d’uscita. La Grecia, è evidente, è stata sacrificata sull’altare della tenuta finanziaria europea (e monetaria) pagando colpe non sue.
Nell’ultimo rapporto, il Fondo monetario ammette che il debito contratto dalla Grecia per ripagare il prestito non era sostenibile, che le incertezze sulla capacità del paese di ripagarlo erano tali da causare timori “che il debito non fosse sostenibile con alte probabilità”. E tuttavia vari membri del Fmi hanno più volte affermato il contrario, Christine Lagarde in testa che pochi giorni fa ha dichiarato che la Grecia potrebbe tornare sui mercati l’anno prossimo.
Secondo quanto riportato dal Guardian, invece, “la fiducia dei mercati non è stata ripristinata, il sistema bancario ha perso il 30% dei sui depositi, l’economia ha vissuto una recessione molto più profonda di quanto aspettato, con livelli di disoccupazione eccezionalmente alti”. C’era – ovviamente – la necessità di intervenire in Grecia. Ma le modalità erano tutte da stabilire. É avvenuto troppo tardi, e con misure di austerità insostenibili.
Pare che del report del Fondo risulti che il salvataggio di Atene abbia dato più tempo alla zona euro per costruire una “cortina” per gli altri paesi vulnerabili ed evitare gravi conseguenze all’economia globale. Se così fosse, almeno ciascuno degli altri paesi membri dell’Unione europea è debitore nei confronti della Grecia, e non viceversa.
Ma soprattutto, questi errori chiedono – urlano – giustizia, e non un trafiletto nascosto tra le pagine di qualche pavido giornale italiano.
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Foto di Milos Bicanski da Globalpost
“Come potessero riprovarci ancora – questo no, non lo capivamo.”
Se consideriamo — freddamente — la malafede con la quale operano questi organismi finanziari internazionali, tutto ci appare chiaro come la luce del sole.
Va benissimo la critica al FMI, che in Grecia ha francamente esagerato. Ma dire che la Grecia paga “per colpe non sue” è un po’ radicale. La Grecia (come governo e come società) ha barato sui conti, s’è trastullata credendo di essere diventata all’improvviso ricca e se ne è fregata altamente delle disuguaglianze clamorose che affliggevano il paese da ben prima che scoppiasse la crisi. Se è una vittima sacrificale, ha lavorato bene per guadagnarsi questo status. Questa almeno è la convinzione che ho maturato. Penso anche che non sia corretto dire che Banca mondiale e Fondo monetario hanno sbagliato tutto, e ovunque. Mi vengono in mente casi di successo come quello della Polonia (1989-1990) o della Turchia (2001). Non paragonabili, in ogni modo, al contesto greco. Ciao,
M.