“Lungo la via segnata dalle sfere del vischio, da sempre percorsa dalle cicogne, almeno una volta, almeno una merce è passata…”
Binario Morto, di Andrea De Benedetti e Luca Rastello, Edizioni Chiarelettere, 2013.
Un pacco di caffè da condurre attraverso un continente e il verso di un uccello invisibile, uno “stryiiit” ricorrente a rimembrare loro la direzione da seguire, per l’assonanza con la cittadina ucraina di Stryi, sulla strada per Kiev. La deviazione come “presa di posizione” e la velocità come un miraggio a tratti quasi beffardo. Due “soci” sono volati a Lisbona, alle “radici recise di un’Idea”, con l’intenzione di percorrere per intero il Corridoio 5 e con l’obiettivo di osservare e riportare quale fosse lo stato dell’arte della linea ferroviaria che si propone di unire ed avvicinare l’ovest e l’est d’Europa. Il racconto di viaggio che ne scaturisce è assolutamente naturale, righe per dar voce ad un flusso di coscienza “esterno”, un coro dei paesaggi, dei contesti, e delle persone che si incontrano lungo le diverse anime del percorso. Percorso, questo, che insegna in breve tempo come la realtà sia modellata dal punto di osservazione: questione di circostanze (opere costose che stridono quando una crisi affonda intere economie nazionali), questione di interpretazioni (l’alta velocità prevede progetti diversissimi in ogni paese), questione di priorità (passeggeri o merci? Velocità o capacità?), ed infine, alla base di tutto, questione di incomunicabilità tra i due lati di un confine (gli snodi da un paese all’altro si trasformano in odissee) e chiusura nei propri progetti di interesse nazionale.
Così, attraverso questo viaggio per l’Europa lungo un Binario morto, scopriamo tante verità così lampanti da essere capaci di ribaltare completamente il senso delle tante disquisizioni su ciò che riguarda “il nostro cortile”, ovvero la Torino-Lione. Mentre il Portogallo dichiara di rinunciare al progetto, nella profonda Andalucìa agricola si vede che l’alta velocità consiste solo in una terza rotaia tra le due già esistenti per adattare la linea ai treni a scartamento europeo, si trova che, a dispetto delle voci “di corridoio”, i lavori francesi sono ancora in alto mare, l’Italia è un groviglio di strozzature e snodi irrisolti che termina con l’interruzione al confine sloveno, Lubiana compra i nostri Pendolini che viaggiano su linee tradizionali, ci dicono che l’Ungheria è indaffarata a migliorare le infrastrutture ma per il traffico su gomma e che il treno “veloce” tra Leopoli e Kiev va ad una velocità media di 108 chilometri all’ora.
C’è da scommettere che in materia di TAV tutti pensassimo che l’Europa fosse pronta e aspettasse solo noi. Scoprire come stanno realmente le cose non solo è un dato interessante nel panorama confuso di informazioni a riguardo, ma cambia radicalmente il peso dei chilometri che toccherebbero il nostro territorio e del progetto nella sua complessa “megalomania”. Nel dibattito italiano manca, nella quasi totalità dei casi, la visione ampia sul corridoio 5. D’altra parte, le informazioni sbagliate e i falsi miti circolano indisturbati. Ad esempio, impariamo che i finanziamenti dell’Unione Europea non sono destinati specificatamente all’alta velocità, bensì alla miglioria delle infrastrutture e delle comunicazioni sul territorio. E così alcuni governi li utilizzano per costruire strade e autostrade, smentendo l’idea di un grande progetto per trasferire gran parte del traffico dalla gomma alla rotaia. Quest’opera, “figlia di troppi padri, troppi governi, troppi piani strategici”, non è l’obiettivo unico e irrinunciabile al quale vanno destinati fondi europei che altrimenti andrebbero persi.
Attenzione però: questo libro non è un manifesto no-TAV. Binario morto è piuttosto una raccolta miscellanea di osservazioni, interviste, impressioni, informazioni tecniche, storie passate e storie attuali. A dare il sapore del diario scritto a matita non mancano le digressioni, i pensieri lirici, le citazioni e qualche lungo volo pindarico. Durante le attese in corrispondenza degli snodi, nella ricerca vana di collegamenti transfrontalieri e nel risolvere i mille rebus che una semplice espressione come “alta velocità” non pensavamo potesse contenere, si sgretolano mollemente “illusioni, previsioni e proclami”. Alla fine del viaggio, in una Kiev ancora fisicamente molto lontana da Lisbona e lungi idealmente dal rappresentare “il nostro eldorado” (come dichiarò Fassino), Andrea De Benedetti e Luca Rastello devono aver guardato ai propri appunti di viaggio come ad una testimonianza di un’Europa che non c’è, o che almeno non è in grado di creare comunicazione. E se il vero scopo del Corridoio 5 è quello di agire da “Momendol economico” per risollevare le sorti di pochi in questi anni di crisi, in un’Unione senza identità né visione comune, il tanto osannato collegamento tra le terre d’Europa appare più che altro un trionfo sconnesso di interessi provinciali.
Binario Morto, di Andrea De Benedetti e Luca Rastello, Edizioni Chiarelettere, 2013.
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