In Russia, mentre la piazza malgrado le repressioni appare spesso agitata, il presidente Medvèdev continua da qualche tempo a manifestare concezioni diverse o distinguibili da quelle di Putin, oggi capo del governo dopo aver esercitato per un decennio i poteri presidenziali. Non è da escludere l’ipotesi d’una mera distinzione di ruoli e immagini, ma si ripetono episodi non solo riconducibili a un calcolato gioco delle parti. Trattando con Mosca, sarà opportuno tenerne conto.
Nel messaggio alla nazione russa, letto dinanzi alla Duma, Dmìtrij Medvèdev ha denunciato la persistente arretratezza economica: «La Russia esporta pressoché solo materie prime, all’ 86 per cento gas e petrolio, mentre importa prodotti finiti all’80 per cento». E sull’arretratezza politica: «Invece che una società nella quale alcuni pensano e decidono per tutti, dovremmo diventare una società di persone responsabili ». Polemica palese con chi? Pochi giorni dopo, al congresso del partito maggiore, aggiungeva una serrata critica del sistema elettorale. Quando Putin ha dichiarato che nel 2012 potrebbe ricandidarsi alla presidenza, Medvèdev il 3 dicembre ha replicato: «Anch’io ».
Putin preferisce insistere sulle controversie che imputano agli Stati Uniti una sottovalutazione irrispettosa della Russia, dopo la sventurata dissoluzione dell’Urss come superpotenza sottosviluppata. Forse, nelle sfide contro George W. Bush per le sue iniziative geopolitiche o geostrategiche reputate sprezzanti della dignità «granderussa », non aveva sempre torto. E oggi, sebbene Barack Obama si presenti più cauto di Bush, anche Medvèdev chiede rispetto per la Russia, estesa pur sempre su due continenti, potenza energetica e spaziale dopo una storia complessa di relazioni politiche internazionali.
La diarchia, d’altra parte, sembra condividere qualche apprensione sull’incognita dei prossimi rapporti con la Cina in pieno boom. Per favorire i buoni rapporti, Mosca offre a Pechino ingenti forniture di petrolio e gas a prezzi scontati. Tuttavia, rimane inquietante la tendenza delle masse cinesi a travalicare la frontiera orientale dell’Asia russa. Non saranno più ripetibili vertenze territoriali e incidenti come la battaglia dell’Ussuri nel ’69, ma oggi si temono, invece, «annessioni pacifiche » della pressione migratoria clandestina oltreché legale da Vladivostok in su.
Con l’Ue, sia pure turbata spesso da vertenze tra la Nato e la Russia come quella per l’influenza sull’Ucraina, i rapporti politici tendono alla collaborazione migliore, mentre gli affari procedono con elevati valori di scambio. Medvèdev, nella sua missione a Roma con un largo seguito di ministri, ha potuto concludere una ventina di notevoli accordi economici. Ma per tutti gli europei, proprio tutti, rimane il rischio della dipendenza energetica dai giacimenti nel Caspio, sotto parziale controllo russo, e dalla Siberia.
Alberto Ronchey
Da Il Corriere della Sera, 03 febbraio 2010
Nato a Roma nel 1926 è uno dei massimi giornalisti italiani. Ha ricoperto la carica di Ministro dei Beni Culturali nel primo governo Amato e nel governo Ciampi. In qualità di editorialista collabora con Il Corriere della Sera da cui è tratto questo articolo.