CECENIA: Gli attentatori di Boston, perché lo hanno fatto?

Molto si è scritto, frettolosamente, sull’attentato di Boston realizzato da due giovani di nazionalità cecena. Il fondamentalismo, il terrorismo internazionale, il razzismo, l’ideologia politica persino Al-Qaeda: ma non per questo hanno agito Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev. Nulla di quanto fin qui raccolto in merito alla vita dei due giovani, di venti e diciannove anni, lascia supporre che abbiano sofferto di discriminazioni razziste e che quindi abbiano agito per vendetta. Anzi loro, e la loro famiglia, sono stati accolti negli Stati Uniti piuttosto facilmente: dopo un visto turistico, le autorità americane hanno accordato loro la residenza e la cittadinanza anche a causa della provenienza: quella Cecenia martoriata dalla guerra di Putin.

Proprio contro la Russia, e non contro gli Stati Uniti, opera il terrorismo ceceno. Le ragioni politiche qui non c’entrano. Le cause vanno forse cercate nell’estremismo, per così dire, “di pensiero” che predica l’odio e la vendetta. Qui bisogna capire quanto la cultura e l’universo simbolico dei due fratelli sia stato influenzato dal radicalismo islamico. Sappiamo che almeno uno dei due, Tamerlan, è un musulmano osservante sposato con una cittadina americana di razza bianca convertita all’Islam. Ma non può certo bastare a motivare la costruzione di un universo morale e valoriale orientato all’odio soprattutto perché i due fratelli non hanno motivo di odiare essendo stati accolti bene, come si è visto, e facilmente integrati. Inoltre non risulta che siano venuti mai a contatto con ambienti del terrorismo islamico.

Gli Stati Uniti, poi, non accordano la cittadinanza al primo che passa: malgrado le facili retoriche sulla “terra dell’opportunità” l’accesso agli Stati Uniti è sempre più fortemente regolato specie dal 2001, l’anno dell’attentato alle Torri gemelle. Se la famiglia Tsarnaev fosse stata in odore di islamismo sarebbe stata rispedita in cecenia con il primo volo.

E allora perché? Un movente forse emergerà dagli interrogatori e dalle indagini. Forse non emergerà: crimini senza movente non sono una novità. Non si dica però che è pazzia. Troppo facile: l’assenza di un motivo, nella vita come nella morte, è forse il risultato di un modello sociale che, prima negli Stati Uniti, oggi in Europa, va diffondendosi. Cesare Pavese, nel capolavoro La luna e i falò, scriveva:

Adesso sapevo perché ogni tanto sulle strade [degli Stati Uniti, ndr] si trovava una ragazza strangolata in un’automobile, o dentro una stanza o in fondo a un vicolo. Che anche loro, questa gente, avesse voglia di buttarsi sull’erba, di andare d’accordo coi rospi, di esser padrona di un pezzo di terra quant’è lunga una donna, e dormirci davvero, senza paura? Eppure il paese era grande, ce n’era per tutti. C’erano donne, c’era terra, c’era denari. Ma nessuno ne aveva abbastanza. […] Non era un paese che uno potesse rassegnarsi, posare la testa e dire agli altri: «Per male che vada mi conoscete. Per male che vada lasciatemi vivere». Era questo che faceva paura. Neanche tra loro non si conoscevano. Veniva il giorno che uno per toccare qualcosa, per farsi conoscere, strozzava una donna, le sparava nel sonno, le rompeva la testa con una chiave inglese”.

O metteva una bomba alla maratona di Boston.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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9 commenti

  1. OK, buna scritura complimenti.

  2. Quello che molti non capiscono è che per un fondamentalista islamico russi, americani o italiani appartengono alla stessa categoria, quella degli “infedeli”. E’ patetico che gli americani si chiedano perchè i due ceceni non fossero grati al paese che li ospitava, per loro l’America non significava nulla, era un territorio nemico come un altro. Pavese ha colto un aspetto chiave degli USA, ma in una visione molto “occidentale”, per un musulmano ceceno è un discorso privo di significato.

  3. Bonaiti Emilio

    Matteo Zola, dopo essersi chiesto (19 aprile) se gli attentatori di Boston erano Ceceni, “occorre prendere con cautela le notizie”, “occorre essere prudenti ed evitare facili conclusioni”, nella stessa data confortato dal parere di Alessio, passa a chiedersi “perché lo hanno fatto” (23 aprile), precisa che “i due fratelli sono stati accolti bene negli Stati Uniti” e si domanda “quanto la cultura e l’universo simbolico dei due fratelli sia stato influenzato dal radicalismo islamico” finendo infine per attribuire la morte, tra altri. di un bambino di otto anni, forse a un modello sociale che, prima negli Stati Uniti, oggi in Europa, va diffondendosi, citando Pavese.
    Alla luce di questa opinione, ossia non attribuendo al terrorismo islamico la motivazione dell’attentato, si possono spiegare l’attentato di Muhammed Hatta, ingegnere egiziano laureatosi con una tesi sulla riqualificazione architettonica dei quartieri antichi, che brucia la sua vita a 33 anni insieme a 3000 occidentali lanciandosi con un aereo contro una grattacielo americano, l’attentato di Muhammed Sidique Khan sposato, padre amoroso di una bambina, insegnante elementare in una scuola a Londra per bambini con problemi mentali, che, con altri, assassina civili occidentali nella metropolitana londinese, Mohammed Merah che in Francia uccide in rapida successione prima tre soldati e poi un insegnante e tre bambini ebrei inseguendoli per i corridoi di una scuola ebraica.
    . La verità viene inquadrata da Vlad62, col quale concordo pienamente. Il radicalismo, l’estremismo islamico sono la matrice di tutto, con l’odio per l’Occidente per il suo laicismo politico e sociale, per la tolleranza per i “diversi”, per la parità dei diritti alle donne, per i costumi liberali, per i suoi valori considerati immorali e fortissimo polo di attrazione per la gioventù islamica. E’ alla luce di questo fenomeno che occorre considerare Boston, Madrid, Londra e New York guardando alle sfide che pongono al “nostro” mondo, un mondo vulnerabile, impregnato di “peace & love”, che non si capacita di essere oggetto di odio, un mondo nel quale la necessità di conciliare le libertà individuali con la sicurezza solleva le vive riprovazioni di progressisti borghesi che, dopo aver accettato la negazione dei diritti democratici in nome della Rivoluzione, ne sono diventati strenui difensori

  4. Personalmente trovo che il motivo del fondamentalismo islamico sia utile a non approfondire, non capire, le ragioni sociali e politiche che muovono al terrorismo. Lasciamo un attimo da parte Boston, guardiamo al contesto generale: che l’Islam sia fucina di valori immorali (immorali per chi?) non mi convince per nulla. Si fa di tutta l’erba un fascio, è propaganda. In certe aree del globo alcune interpretazioni dell’Islam si saldano a interessi politici ed economici che possono utilizzare il terrorismo organizzato. Questo è vero. La radice di tutto è nella competizione per le risorse, e l’attentato a Boston (se fosse di matrice islamista, cosa di cui dubito) sarebbe uno dei mille attentati che ogni giorno si compiono in nome del predominio: gruppi di potere si scontrano, oligarchie dagli immani flussi di denaro che armano gonzi e li infarciscono di propaganda e retorica: che sia Allah o Gesù Cristo cambia poco. Ci sono “valori immorali” da distruggere e detentori della morale da l’una e dall’altra parte: anzi, da tutte le parti, visto che il conflitto non è tra due “blocchi” ma tra più realtà che si intersecano. Mettiamo poi che quello di Boston sia un attentato ispirato dalle retoriche islamistiche che tanta presa hanno sui giovani, come lei dice. Pur non essendo un atto ascrivibile al terrorismo organizzato ha pur sempre radice nel radicalismo religioso. Ma il radicalismo religioso è malattia comune: si ricorderà di Breivnik e di Utoya, immagino.
    Infine: su quelli della Rivoluzione, borghesi e ipocriti, non ne so nulla. Non c’ero quando ci si sparava per la Rivoluzione, non c’ero in via Caetani, non c’ero a Valle Giulia. Non conosco borghesi rivoluzionari, a parte Mieli che vedo spesso in tivù. Ma il trasformismo di certa gente non mi riguarda. Ho scritto un pezzo sull’attentato convinto che si debba buttare acqua gelata sulla facile soluzione dell’islamismo, credo che le ragioni possano essere (anche) altre, quali non lo so. Ho solo proceduto per esclusione. L’interrogativo resta aperto. Il mio mestiere è fare domande, non dare risposte.
    Matteo z.

  5. Bonaiti Emilio

    Se ho dato l’impressione di sostenere che “l’Islam sia una fucina di valori immorali” chiedo scusa, evidentemente mi sono espresso grossolanamente. Io sostengo solo che frange di musulmani, delle quali non conosco il peso e l’ influenza nel mondo islamico odiano e sono in guerra con l’Occidente per i suoi valori.

  6. Da appassionato di storia caucasica, posso dire che tuttora non riesco a decifrare bene gli accadimenti di Boston. Non saprei coa dire… Invece dirò qualcosa di sconveniente riguardo all’ Islam.
    Che l’Islam sia “adatto” a veicolare certe forme di fanatismo è un dato quasi indiscutibile. Innanzitutto parlando di Storia delle Religioni, bisogna sottolineare alcuni punti e sancire bene alcuni concetti: le religioni non sono tutte uguali! Chi dedica la propria vita a tali studi e a tali ricerche lo sa molto bene! Premesso questo, va aggiunto e affermato con grande forza e rigore metodologico che: 1) non tutti i culti sono definibili come “religioni nel senso più stretto del termine”; 2) le religioni non vanno mai confuse con le “filosofie spiritualiste” presenti soprattutto in estremo oriente; 3) moltissimi culti sono devianze di altre fedi principali e molti pseudo-culti sono adattamenti “di” insegnamenti religiosi !!! Molte di queste forme di spiritualità le ritroviamo nella mistica orientale, nella gnosi o nel manicheismo (oggi assistiamo persino alla rinascita dei culti mysterici che ritornano di moda grazie alle folli menzogne dei guru della new age!).
    L’Islam nella sua evoluzione storica ha avuto parecchie correnti e persino deviazioni: basti pensare alle tante forme ibride nate dalla mescolanza con lo zoroastrismo o col giudaismo ecc. quali lo Yezidismo, l’Alevismo, la fede “Ahl-e Haqq” o alle tante altre sette semi-gnostiche nate in Turchia o nel Kurdistan. Queste manifestazioni sui generis dell’Islam sono tuttora identificate e raggruppate in un insieme religioso definibile come “fede dei culti angelici”. Va però detto e sottolineato in modo molto meno romantico e poetico, che l’Islam ortodosso (sunnita o sciita) professato ovunque, si pone drasticamente all’opposto dello spiritualismo o dell’intimismo religioso: il sufismo ad es. viene contrastato quasi fosse “un’eresia della libertà”! L’Islam accademico così come quello domestico, quello dei ricchi e dei poveri, proietta sempre e comunque il fedele verso un’osservanza integrale e totale di regole inflessibili, con le quali, e solo tramite esse, esiste “il legame” con Dio!
    All’individualismo“orante”, l’Islam predilige il culto collettivo e massificante (che non è comunque sostitutivo del primo) e lo impone spesso quale forma imperante di devozione religiosa! L’idea che tali regole debbano essere osservate solo dagli islamici in parte è vera. Ma è altrettanto vero che per l’Islam tutti gli esseri umani versano nella costante pendenza dell’assoggettabilità alla fede coranica. Tale condizione di “potenzialità della conversione” assume talvolta un’altra caratteristica che è quella della sua obbligatorietà! Vorrei fermarmi qui. Per poter descrivere accuratamente e senza timori o reticenze il fenomeno islamico ed islamista, occorrerebbero tempo, tonnellate di carta e sete di verità.
    …La Verità vi farà liberi (cit.)!

  7. Bonaiti Emilio

    Non riuscirò mai a capire perché l’analisi del fenomeno del terrorismo islamico o islamista non possa essere condotto “senza timori “. “La verità vi farà liberi” ma va proclamata

  8. Emilio B. la verità va proclamata sempre e su questo sono totalmente d’accordo con quanto scrivi. Nel caso concreto, non ho alcuna pretesa di proclamare verità assolute, né mie verità. Mi limito semmai a fornire “la verità” sugli strumenti metodologici da adottare, per poter ottenere un’analisi corretta e non alterata sullo e nello studio dei fenomeni religiosi. La disciplina in esame è molto vasta e complessa e coinvolge un ambito multi – interdisciplinare di ampio raggio.
    Il fatto che non si possa parlare mai di Islam, o dei varii “ Islam ” in modo assolutamente schietto, dipende da tanti fattori. Tante reticenze e tanti bei proclami “tollerantistici” tendono spesso a collocarlo in una dimensione giustificazionista nella paura di urtarne una certa “sensibilità ”. Vengono proposte addirittura miriadi di letture sociologiche e minuziose analisi antropologiche, nel timore di offendere gli inossidabili primati coranici vantati da certi ambienti intellettuali, presenti sia nello spazio europeo sia in quello maomettano (quest’ultimo termine ormai desueto, viene percepito nella nostra stessa italianità come “colonialmente” invasivo di un’ altra cultura! …ma pensa te!). Sembra quasi che nel timore di una continua “offesa” perpetrata in danno dei suoi valori, si debba usare a forza, in questa parte di Mediterraneo, una onnipresente pazienza buonista sfociante il più delle volte in un lungo distinguo di formule accomodanti, volte a non suscitare mai, malumori o risposte “reagenti” da parte degli offesi!
    Data la natura complessa della questione, mi limito a riaffermare quanto ho già precedentemente detto. Spero che adesso non si arrivi a tacciarmi di anti-islamismo. A presto

  9. Bonaiti Emilio

    Caro Enzo, ottimo commento sono perfettamente d’accordo con te.

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