di Pavel Usov
Con un sorriso triste ho letto l’articolo del politologo Sergiei Bogdanov sul settimanale “Nasha Niva”. L’autore prova a rispondere alla domanda “chi o cosa è il regime bielorusso”. Secondo lui, il regime è composto da un piccolo numero di conservatori, che stanno al potere, in altre parole da Lukashenko e dal suo entourage. Tutti gli altri, ossia i funzionari, la polizia, gli attori, gli insegnanti, gli operai, sono persone innocenti, essenzialmente buoni, in nessun modo legati al regime.
Ma se la situazione è come la descrive l’autore dell’articolo, come è possibile che poche centinaia di persone siano in grado di tenere obbediente un paese di oltre 9 milioni di abitanti, da ben 18 anni? In che modo, con quali mezzi ci riescono? Ma non sarà forse che il regime bielorusso non è un gruppuscolo di persone, bensì centinaia di migliaia o forse milioni di cittadini? Non sono forse loro, ossia non siamo forse noi, l’attuale regime?
Tutti siamo componenti del sistema, finché lo sopportiamo, finché accettiamo l’assurdo politico che ha raggiunto ogni angolo della nostra vita. Finchè partecipiamo a delle elezioni inesistenti, alle azioni “volontarie” collettive e alle parate, girandoci dall’altra parte e chiudendo gli occhi quando picchiano qualcuno, lo arrestano, lo imprigionano, facendo finta che questo non ci riguarda, giustificandoci dicendo che non possiamo far niente.
Per esempio, perché gli attori del Teatro “Janka Kupala”, di cui parla Sergiei Bogdanov, come segno di solidarietà con i prigionieri politici e con Sergiei Kavalenka che in prigione conduce lo sciopero della fame, non scioperano o danno le dimissioni in massa? Questo si che sarebbe un evento! Sarebbe un vero esempio disobbedienza civica di chi non è d’accordo con il regime.
L’arte è un arma, che può essere rivolta sia contro la dittatura, che contro la società. Non a caso Lenin volle fare dell’arte “le vitarelle e gli ingranaggi di un unico grande meccanismo socialista”. In Bielorussia a quanto pare sia l’arte che l’istruzione sono esclusivamente al servizio del regime, non della società.
Perché i docenti universitari non scioperano, quando i loro colleghi vengono licenziati e gli studenti vengono espulsi per la loro attività di opposizione? Ma questo non avviene e anzi c’è gente zelante che per entrare nelle grazie del regime abbassa i voti a questi studenti, così che poi il rettore dell’università possa dichiarare a testa alta che lo studente è stato espulso per scarso rendimento scolastico. E non si tratta di casi isolati!
Insegnanti, operai, funzionari, tutti stanno in silenzio, perché sanno che nessuno li sosterrà, perché loro stessi non hanno intenzione di sostenere nessuno nella lotta contro il regime. Ed ecco che ognuno di noi, individualmente, è contro il regime, ma tutti insieme lo sosteniamo.
Il silenzio e la passività di oggi non possono essere giustificate con l’ignoranza e la mancanza di consapevolezza della gente. La Bielorussia non è la Corea del Nord. Ogni cittadino ha la possibilità di sapere quello che succede nel paese, chi e come lo governa. Per questo, il silenzio è una scelta consapevole. E mentre il bene tace, il male trionfa!
E davvero non è importante il fatto che noi stessi non uccidiamo, non picchiamo, non giudichiamo e non imprigioniamo nessuno. Anche Lukashenko non fa queste cose con le sue mani, così come non l’hanno fatto personalmente né Hitler, né Lenin, né Stalin. Lukashenko è forse onnipotente e onnipresente, che da solo disperde e picchia la gente, la licenzia dal posto di lavoro, interviene quotidianamente in TV dicendo che in Bielorussia tutto va bene, scrive e tiene conferenze sull’ideologia?
Se tutto il male attorno a noi non è creato né da noi, né personalmente da Lukashenko, chi è che lo fa? La risposta è semplice: viene creato dai comuni cittadini, che hanno figli e famiglia, che ogni giorno fanno la spesa, vanno al lavoro, passeggiano nel parco e chissà, forse nel profondo dell’anima, magari odiano persino Lukashenko e non lo votano alle elezioni. Ma che importa, dal momento che questi “oppositori nascosti” sono gli stessi che nei seggi eseguono materialmente i brogli elettorali? Forse il loro odio verso il regime è così forte che per nasconderlo devono mostrare con maggior forza il proprio amore e la propria lealtà nei suoi confronti?
Purtroppo i crimini più terribili vengono commessi dalla gente comune, dalla “brava” gente. E sono proprio queste persone ad alimentare la macchina che li distrugge. Purtroppo iniziano a capirlo troppo tardi. Proprio per questo bisogna categoricamente separare la società dal regime: ognuno di noi, partecipando a questo sistema, osservando tranquillamente l’oltraggio perpetrato da esso, diventa garante della sua stabilità.
Non ci rimane che aspettare e sperare che qualcuno ci liberi da noi stessi.
*Pavel Usov è un politologo del Centro Bielorusso di Studi Europei.
Fonte: Korespondent Wschodni / charter97.org
Traduzione: infobielorussia.org
Bellissimo articolo: credo che quasi tutte le dittature si basino sulla connivenza della maggior parte dei cittadini. Ognuno di noi, se messo nelle condizioni adeguate, corre il rischio di sostenere una dittatura… è assurdo pensare che “certe cose a noi non potrebbero mai succedere”.
Articoli come questo ci fanno riflettere su come il male sia dentro ognuno di noi e solo questa consapevolezza può portarci ad evitare di dare libero sfogo al nostro odio e alla nostra pusillanimità ogni volta che essi vengono sollecitati.
Grazie per averlo tradotto e pubblicato.
un articolo pessimo: una sfilza di generici improperi e generiche accuse. non viene riportato un solo fatto, una sola testimonianza, nessun dato economico e sociale. non sarà che i cittadini bielorussi si tengono stretto Lukhasenko e le loro sicurezze sociali, l’accesso gratuito a scuola e sanità, il diritto alla casa e il diritto al lavoro, soprattutto dopo aver osservato in che bel paradiso liberista e in che bella democrazia si vive in Lituania, Lettonia, Ucraina e altri paesi circostanti e postsocialisti?
Sono troppe le cose che le persone hanno paura di perdere per poterle sollecitare ad agire per il proprio bene, o di chi gli sta intorno.
Pensando che le cose che abbiamo siano importanti chiunque vorrebbe tenersele strette, da ideologie a oggetti materiali, codesti vengono trattenuti quotidianamente nella nostra vita da ognuno di noi e vengono trattati come simboli ideali del benessere. Perché allora dovrei rischiare che mio figlio non vada a scuola, o che io non possa comperare la benzina per andare a lavoro o in vacanza solo per una flebile possibilità di un cambiamento nella vita generale di persone che non conosco e che probabilmente non ajuterebbero me (e non lo fanno) facendo la stessa cosa che mi arrischierei a fare io?
La società cambia nel momento in cui tutti pensano che stia cambiando da sè, allora ci si adegua alla parte che si pensa essere vincente e possa mantenere o portare altro benessere (ideologico eo materiale, ripeto), e lotta per quella causa solo se se si sente obbligata, credo.
Ora, cosa ci obbliga a muoverci se non un pajo di lamentele al vento e la critica a qualcuno più ricco o che sta meglio di noi?
Articolo generico, per nulla circostanziato. Forse qualcuno pensa davvero che la fantastica “democrazia” che si respira in Lituania o Lettonia…oppure l’ apertura incondizionata al mercato di altre ex repubbliche sovietiche come Moldavia e ucraina siano meglio della Bielorussia?? Invito caldamente a visitarla, a respirare nel profondo le sensazioni dei bielorussi; vero, una parte di loro detesta lukashenko probabilmente…. Sognano la vicina Polonia e l’Europa, condizionati da ideali di sfrenato consumismo ed egoismo in cui noi stessi siamo cresciuti. Assistenza gratuita, scuola e formazione gratuita, tasso di alfabetizzazione al 100%, disoccupazione nulla, pulizia, ordine e criminalità ai minimi. Ricordo che noi sfruttiamo mano d’opera a basso costo di rumeni moldavi ucraini bulgari ecc. Guardate quanti bielorussi sono scappati o emigrati per necessità dal loro paese. Praticamente nessuno. Detto ciò la dittatura non è mai un fatto positivo ma se la democrazia è quella che stiamo vivendo noi oggi qui in Italia….tenetevela.
Io di bielorussi scappati all’estero ne conosco parecchi, soprattutto tra Varsavia e Vilnius.
Certo, anche che si trasferiscono temporaneamente in Russia perché i salari sono più alti, non e’ certo un posto paradisiaco, ma nei piacerebbe che questi articoli sul dittatore fossero più contestualizzati, parametrando la situazione bielorussa alle altre ex repubbliche sovietiche… A quel punto si potrebbe comprendere come in bielorussia la situazione attuale sia per molti aspetti migliore.
“Parametrare” è sempre una buona idea, ma questo non è l’articolo per cercare tale prospettiva. Si tratta di una “voce dall’interno”, di un oppositore al regime lukashista che si rivolge agli altri cittadini bielorussi.
Come avrai capito per ragioni personali sono a stretto contatto con il mondo bielorusso, e conosco fin troppo bene le ragioni della rabbia che cova nei confronti del regime, e l’impossibilità o quasi di manifestarla… Pace sociale e repressione sono un alchimia perfetta, finché una delle 2 permane difficile cambi qualcosa. Parametrare e’ forse la parola non propriamente corretta, ma cercavo di contestualizzare la situazione di un paese e la storia di un polpo lo che per vicissitudini varie non conosce da vicino e forse non necessita più di tanto di una vera democrazia.
“Pace sociale e repressione sono un alchimia perfetta”: Hai perfettamente ragione, anche io ho avuto la stessa sensazione visitando Minsk e dintorni. Tuttavia (personalmente) non la ritengo un’alchimia preferibile al mix di capitalismo e libertà d’espressione presente negli altri 46 stati d’Europa. (Ne avevo scritto qua: https://www.eastjournal.net/bielorussia-solite-elezioni-nella-solita-dittatura/21514)
Se ti va di scriverci un post per articolare le tue impressioni e sensazioni della situazione in Bielorussia, comparato alla situazione degli altri stati post-sovietici, sei il benvenuto.
OK, grazie mille. Riccardo