Il famoso compositore lettone torna a dar voce agli euroscettici del paese scrivendo una lettera aperta sul quotidiano Neatkariga.
Dopo le recenti notizie sull’aumentare degli euroscettici persino in paesi “benestanti” come Germania e Olanda, torna a farsi sentire anche in Lettonia il monito di una voce cui il popolo è generalmente molto attento: quella del musicista e compositore nazionale (oltre che ex deputato) Imants Kalniņš.
E’ di poche settimane fa la lettera aperta indirizzata da Kalniņš a tutti i lettoni e pubblicata sul quotidiano Neatkarīgā. La critica è evidente fin dal titolo: “Un Paese senza futuro. Per cosa abbiamo combattuto?”.
La continua carica dei “valori occidentali” starebbe facendo della Lettonia una nazione senza futuro, a detta del grande compositore, che esorta i lettoni a difendersi dal processo di “fagocitazione” nell’Europa. Non nuovo a questi avvertimenti, Kalniņš torna a esprimere i suoi timori sul processo di integrazione proprio in un momento cruciale, sia per la Lettonia (che nel 2014 dovrebbe aderire alla moneta unica europea), sia per l’Europa stessa, la cui unione è messa ogni giorno più in crisi dalla difficile situazione economica del Vecchio Continente.
“La Lettonia voleva essere un membro dell’Europa, eguale tra gli eguali, decidere da sè sulle questioni economiche, sviluppare relazioni con gli altri Stati e fissare autonomamente i propri obiettivi in ogni settore; invece, il nostro Paese, come un gregge di pecore, viene guidato entro un piccolo recinto alla periferia dell’Europa federale” afferma Kalniņš.
Nella lettera dichiara che il problema non è tanto l’Euro quanto la volontà (o la mancanza di volontà) della Lettonia di vedersi dissolvere in una federazione europea, probabilmente nociva per la sopravvivenza dell’indipendenza del Paese. “Tutto ciò che avremo dopo l’ingresso nell’Euro-zona saranno più problemi di quelli che ci troveremmo ad affrontare se non aderissimo. Non ci siamo mai espressi, come popolo, attraverso un voto, sulla nostra volontà di diventare parte di un’Europa federale: questo è il nocciolo della questione – non l’Euro, ma se vogliamo federarci con gli altri Stati europei”.
Il dubbio insinuato da Kalniņš è che vi possa essere una strada migliore per la Lettonia, rispetto a quella di entrare a far parte di un sistema di potenze che, disponendo di più voti e maggior peso politico, potrebbero relegare i Paesi minori in una posizione di subordinazione.
Gli Euroscettici lettoni visti dai media internazionali
Fin dai primi tempi dell’ingresso in Unione Europea la Lettonia ha registrato umori discordanti e perplessi circa il farsi parte di un’organizzazione internazionale. Da sempre molti hanno infatti nutrito il timore che il Paese, dopo lungo tempo difficoltosamente liberatosi da un giogo esterno, andasse a vincolarsi nuovamente. La piccola dimensione dello Stato lettone, l’esiguo numero dei suoi abitanti e la sua storia nazionale, in effetti, sono elementi che, se in parte consigliano di tutelarsi attraverso alleanze internazionali dall’ingerenza orientale, in parte portano anche a diffidare di qualsiasi legame non necessario per il Paese e la sua strutturalmente fragile indipendenza.
Nonostante la complessità della posizione lettone e il variegato panorama politico interno al Paese, alcuni media internazionali vedono in certe manifestazioni di Riga segnali di un euroscetticismo diffuso.
The Baltic Times, in particolare, legge le parole di diversi esponenti politici o di personaggi pubblici lettoni come moniti del tenore di quello di Kalniņš, benché meno espliciti nei riferimenti all’Unione Europea. Il quotidiano internazionale ha portato come esempi di euroscetticismo le manifestazioni di gennaio (in memoria delle Barricate del 1991), durante le quali è di fatto ricordata l’importanza della nazione lettone. Ma il quotidiano sbaglia nel voler interpretare l’evento – assolutamente a sfondo “storico” – come un fatto politico, sottolineando faziosamente la presenza in piazza Duomo di diverse istituzioni di Stato (il Primo Ministro, il Presidente della Repubblico e quello della Saeima).
Altri esempi riportati dal Baltic Times sono stati le dichiarazioni del Cardinale cattolico Jānis Pujats, che avrebbe ammonito i fedeli lettoni mettendoli in guardia dalle posizioni europee in tema di aborto e di matrimonio tra omosessuali, e il discorso di Inguna Sudraba, ex revisore di Stato. La Sudraba in tale occasione ha ricordato che “22 anni fa Dio ha dato alla Lettonia la libertà, ma ora la stiamo rifiutando a favore di un idolo. Stiamo perdendo la nostra libertà a poco a poco: il nostro popolo lascia la Lettonia, la nostra terra viene venduta ad altri, altri prendono le nostre decisioni e nascono sempre meno bambini”.
Foto: Paolo Pantaleo
A una domanda dovrebbe rispondere il “famoso compositore lettone”. Un paese di nessun peso politico, industriale e militare, avendo sul collo il fiato della Russia di Putin e all’interno una forte colonia russa quali altre vie avrebbe aperte per sopravvivere?