Pubblichiamo la traduzione di un resoconto del ministro delle finanze di Malta, Edward Scicluna, sul vertice Ecofin che ha concordato i dettagli del piano di salvataggio di Cipro. Il pezzo è apparso in inglese su The Times of Malta. Traduzione a cura di Davide Denti.
Non vi è nulla di più indegno che la vista di una persona in bancarotta che domanda assistenza. I contrasti tra l’accogliente e talvolta sontuoso stile di vita prima dell’evento, e lo stato di impotenza e di miseria poco dopo, sono davvero forti. Mentre le persone generose possono farsi avanti per offrire il loro aiuto, esse sanno nel loro cuore che prestare denaro ad una persona in bancarotta è molto rischioso e non è molto diverso dal tuffarsi a salvare una persona che sta annegando, a rischio della propria la vita.
Nella zona euro, questo spettacolo relativo ad un intero paese sta diventando un evento piuttosto comune. Il caso più classico e peculiare della Grecia è stato presto seguita da quella di Irlanda, poi il Portogallo, poi la Spagna e ora Cipro. Tutti loro hanno la loro storia da raccontare, ma tutti servono di lezione agli altri membri della zona euro, tra cui Malta.
Cipro, più di tutti gli altri, ha un posto speciale non tanto per quanto riguarda i fattori unici che hanno portato alla crisi finanziaria, quanto piuttosto come caso di studio su come una piccola isola mediterranea membro dell’UE potrebbe essere trattato se mai venisse il suo turno sfortunato di cercare aiuto presso i suoi compagni Stati membri .
La lunga notte tra venerdì e sabato mattina [15-16 marzo 2013], chiuso in una sala riunioni nella sede di Bruxelles del Consiglio dell’Unione europea, con i 16 colleghi ministri delle finanze [dell’eurozona], mi ha davvero aperto gli occhi. A condividere la notte con noi sono stati il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, il direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, e il commissario Ue per l’Economia e delle Finanze Olli Rehn. Gli incontri e le successive negoziazioni bilaterali sono state molto abilmente condotte dal presidente dell’Eurogruppo [Jeroen Dijsselbloem]. Ho avuto la fortuna di seguire lo svolgimento dell’evento seduto accanto al ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble, e con il ministro di Cipro proprio di fronte a noi alla stessa estremità della sala. Mi ha ricordato un inevitabile e infinito volo transatlantico in cui non è permesso di muoversi dal proprio posto anche se si ha bevuto e mangiato più volte.
Anche se si parlava di miliardi di euro, le somme in questione nel caso di Cipro erano per gli standard europei pressoché insignificanti. Ma la posta in gioco erano questioni di principio. In primo luogo, la garanzia che i paesi creditori, tra cui noi [Malta], avrebbero ricevuto indietro i propri soldi. In secondo luogo, che uno sforzo paritario fosse messo in atto da parte sia dei creditori sia dei paesi debitori. Il contributo di questi ultimi viene denominato, secondo la moda, bail-in, in contrasto con bail-out. In terzo luogo, che tutte le passate fonti di irritazione, trascurate dal paese in questione, fossero finalmente e forzatamente sistemate dagli ormai onnipotenti paesi creditori.
Nel caso della Grecia, queste seccature includevano una spesa pubblica dissoluta, la corruzione e l’abuso di fondi comunitari. Nel caso dell’Irlanda si trattava della tassazione estremamente bassa sulle società. Nel caso di Cipro erano i russi, con l’implicazione per l’isola di essere riconosciuta come un paradiso fiscale con abbondanti notizie di rilevanti e flagranti attività di riciclaggio di denaro sporco.
Quindi il pacchetto aveva il compito di creare un precedente di penalizzare il depositante e non il contribuente. Naturalmente, come tutti gli attacchi, i danni collaterali da sopportare da parte dal popolo cipriota non potevano essere evitati. Il deficit finanziario di 18 miliardi di euro doveva essere colmato in parte da 10 miliardi di salvataggio UE e in parte da un bail-in di 8,5 miliardi. Questo avrebbe incluso le vendite di riserve auree, privatizzazioni, un rigido prelievo sugli interessi dei depositi bancari che copre quelli garantiti quanto quelli non garantiti, e un ambizioso 4,5 per cento del PIL di consolidamento che ridurrà l’enorme debito di Cipro al 100% del PIL entro il 2020. Più discutibile per un micro-stato è il proposto ridimensionamento del settore bancario nazionale alle proporzioni medie europee.
Tutto questo è stato “concordato” con il rappresentante del governo cipriota, che, con una pistola alla tempia, era naturalmente insolitamente cooperativo. Ma ci sono voluti quasi 10 lunghe ore prima che il ministro cipriota diventasse esausto abbastanza per dare il suo assenso a questo accordo. Non appena ciò è successo, Schauble ha chiesto che tutti i bonifici da e per le banche cipriote cessassero immediatamente.
La sensazione che si ha all’uscita della riunione nelle prime ore del giorno è che mai nella vita si sarebbe voluto sognare una tale esperienza, per non parlare di viverla. Questo è davvero salutare per qualsiasi ministro delle finanze, per ricordargli che ogni scostamento di bilancio delle finanze pubbliche del paese comporta con un grande rischio per il benessere economico del paese.
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