La nostra Storia non è solo nostra
Ho avuto modo di scoprire che esiste un neologismo per la faccenda: il facilmente memorizzabile Vergangenheitsbewältingung, ossia affrontare e (se possibile) comprendere il passato; certo uno potrebbe anche usare Geschichtsaufarbeitung, non fosse più raro dunque rischioso. Ad ogni modo: « la storia tedesca non è mai stata solo nostra e non lo sarà nemmeno in futuro. Il nostro è un popolo al centro dell’Europa ed è tra tutti quello che ha il maggior numero di vicini: nel bene e nel male ogni cosa accada in Germania si ripercuote sull’intero continente. E dico ciò senza presunzione poiché questo comporta responsabilità maggiori.» Così Hans Dietrich Genscher, ponendosi sulla linea di Spiderman («da grandi poteri derivano grandi responsabilità»), Max Weber con i suoi studi sulla responsabilità, e altri pensatori più o meno noti.
Questo weekend i festeggiamenti per il ventennale della unificazione tedesca hanno smosso coscienze e riaperto dibattiti comunque mai conclusi; illuminato le strade delle maggiori città con l’oro e il rosso e il nero della bandiera e indotto un fiume di giornalisti a un numero impressionante di riflessioni tra il realista, il fantascientifico, il comico, l’utopico.
Un Paese più spostato verso Est
E proprio in questo mare magnum di inchiostro una frase ho visto spiccare sulle altre (stranamente non pescata dalla Süddeutsche Zeitung quanto dal Corriere della Sera): «vent’anni fa la Repubblica Federale era uno dei grandi paesi occidentali. Adesso la Germania è un paese centro-europeo più spostato verso Est e più forte.» A pronunciarla non un politico di professione quanto l’amministratore delegato di una grossa società berlinese; pur senza conoscere il tizio ho ragione di ritenere che parli con cognizione di causa. La Germania ha dunque saltato il recinto che divideva l’Europa proprio quando quel recinto è stato abbattuto? A ridosso dei festeggiamenti per l’unificazione pare interessante riprendere alcuni spunti di coloro che un po’ si sono interrogati circa la più corretta posizione della nazione tedesca agli albori del nuovo millennio, arrivando a definirne/ribadire l’importanza assoluta del paese nel contesto internazionale.
Dove piazzare la Germania 2.0
«Nazione centro-europea più spostato verso Est» sostiene l’anonimo amministratore delegato berlinese (mi sfugge il nome ma sul giornale c’era, in grassetto). Vero? D’altronde molti elementi ultra-noti spingerebbero in quella direzione: dal novanta è mutato in profondità l’assetto economico e geopolitico non solo continentale quanto mondiale e le scelte di ogni paese -nuovo o vecchio come piccolo o gigantesco- hanno dovuto adeguarsi; lo scioglimento del blocco socialista contiguo al confine tedesco e l’apertura di nuovi mercati in quella direzione ha poi fatto il resto (naturalmente l’essere «più spostati a Est» non sottende dichiarare guerra o ostracizzare l’Ovest; parrebbe che anche in questo il comportamento tedesco possa definirsi esemplare). Inoltre è curioso constatare come, spulciando un po’, emerga anche chi propone un’altra via al dibattito su dove piazzare la Germania 2.0 tra Occidente e Oriente in questi suoi primi vent’anni di vita, sostenendo come la Germania unita dovrebbe stare in una zona mediana tra Est e Ovest chiamata -incredibilmente- «Germania»; blocco a sé stante generato dalla ricchezza e unicità dei materiali in esso contenuti, cultura e società e tutto il resto. «Ciò che è centro-europeo è stato sempre occidentale, razionale, umanistico democratico, scettico e tollerante. Il resto era est-europeo, russo o magari tedesco.» Stavolta la citazione arriva dall’esteso repertorio di Timothy Garton Ash.
Ad ogni modo più che un fatto di collocazione appare corretto a detta di tutti, in questi tempi di festa e parate, riconoscere il fondamentale peso a priori della Germania per l’Europa e nel mondo, indipendentemente dal lato cui abbia scelto di pendere o dove la vogliano piazzare alcuni osservatori (lo so: la constatazione è di una banalità terrorizzante ma portate pazienza. D’altronde, di questo i media hanno parlato). Che poi i festeggiamenti per l’unificazione sono stati naturalmente anche una celebrazione di quanto compiuto in questi anni dalla Germania, i tanti traguardi raggiunti e -guardandosi alle spalle- portano in loro assai visibile la speranza che potranno pure rivelarsi una buona iniezione di ottimismo per quanto ancora resta da fare. Su tutto, senza ombra di dubbi una unità sociale migliorabile.
Hurenflüchtlinge: problemi che sarebbero arrivati
Poiché certo sono i finiti i tempi descritti da Schlögel nel suo Im Raume lesen wir die Zeit: Über Zivilisationsgeschichte und Geopolitik* tuttavia continuano a persistere squilibri ben conosciuti tra le economie tedesco-occidentali e tedesco-orientali, così come tra tedeschi orientali e tedeschi occidentali. E visto che la letteratura al riguardo è smisurata mi limiterò in conclusione a citare un evento personalissimo tuttavia -spero- piuttosto esemplificativo: in un ricco e prosperoso stato dell’Ovest (il Baden-Württemberg) mi trovo a declamare ad un tizio del luogo la fascinazione per quelle immagini del novembre ottantanove nelle quali la solidarietà tra tedeschi occidentali e orientali esplodeva nelle notti della caduta come un meraviglioso messaggio di solidarietà tra mondi. «Questo il reale indice della grandezza di una nazione», arrivai a sostenere ovviamente comparando la Germania con il Paese dei campanili cui arrivavo. Con divertita pacatezza il tizio ribatté dichiarando che sì, tutto era molto bello e sentito tuttavia già da molti cittadini erano percepibili i problemi che sarebbero arrivati: economici, politici e sociali, desertificazione di alcune zone, sovrappopolazione di altre e cambio del Marco uno a uno. Non a caso dalle sue parti per un bel po’ (i più spietati) continuarono a chiamare i tedeschi dell’Est che arrivavano Hurenflüchtlinge. Inutile dire come io, quando non capisco un termine ma non vogliono sfigurare, finga una eccelsa padronanza della lingua, nei fatti inesistente. Anche in quel caso andò così e mi limitai a sorridere. Solo in un secondo momento mi venne spiegato che Hurenflüchtlinge più o meno stava a significare «rifugiato figlio di puttana.» Erano gli albori di una nazione che tanto è cresciuta e tantissimo si è stabilizzata e giganteschi passi avanti ha fatto. Tuttavia resta da augurarsi ulteriori migliorie tedesche, anche solo per il fatto che le sorti del centro d’Europa sono e saranno (almeno c’è da sperarlo) sempre strettamente legate a quelle delle zone liminale, tra le quali la strana penisola che si ritrovano a Sud. Guardare cosa accadrà in questi secondi vent’anni alla Germania sarà quindi sia molto intrigante che molto, molto personale per tutti noi.
* «Da una parte c’erano annunci pubblicitari […], dall’altra ci si imbatteva nel vuoto delle superfici bianche. Da una parte c’era la propaganda, dall’altra la pubblicità. Da una parte si facevano le code, dall’altra si esitava davanti l’esorbitante varietà della offerta. Da una parte c’era il fardello della giornata lavorativa, dall’altra l’insostenibile leggerezza dell’essere.»
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