Saranno necessari decine di milioni di euro ed almeno un anno di tempo per bonificare la zona sommersa in Ungheria dai fanghi rossi velenosi di un’azienda che produce alluminio. Il «fango tossico» ha provocato un disastro ecologico senza precedenti nel Paese, con almeno quattro morti, tre dispersi, 123 feriti tra i quali 61 ricoverati, e indotto il governo magiaro a proclamare lo stato di emergenza in tre province, Veszprem, Gyor-Sopron e Vas. I danni sono stimati sui dieci miliardi di fiorini, 38 milioni di euro, la bonifica dell’area durerà mesi, se non anni. Centoventi persone sono rimaste ferite nei sette centri abitati che sono stati inondati dalla marea rossa di liquami e fanghi derivati dalla lavorazione dell’alluminio.
Cinquecento persone oggi sono al lavoro per riparare i danni e cercare altre vittime nel fango. Sono riprese infatti stamani le operazioni di soccorso in Ungheria, dopo l’inondazione di ingenti quantità di materiale tossico fuoriuscito da un impianto di lavorazione dell’alluminio nell’ovest del Paese.
Oltre alle vittime e ai gravi danni immediati, si teme per le conseguenze a lungo termine dei fanghi considerati tossici. Con 600-700mila metri cubici fanghi fuoriusciti in un’area di 40 chilometri quadrati, il ministro dell’Ambiente Zoltan Illes, che parla dell’incidente chimico più grave del paese, ha detto che saranno necessari almeno un anno e probabilmente l’assistenza tecnica e finanziaria dell’Unione Europea per bonificare l’area.
I fanghi velenosi erano stati raccolti in un contenitore per scarti i cui argini lunedì, forse per il maltempo o forse per un eccessivo carico, hanno ceduto.«I lavori sono ripresi oggi, puliamo strade e case con getti d’acqua ad alta pressione», ha dichiarato Timea Petroczi, portavoce dei servizi contro le catastrofi. I depositi della società contengono circa 30 milioni di metri cubi di fango rosso, un derivato della lavorazione dell’allumina, da cui si ricava alluminio, di cui l’Ungheria è un grosso produttore.
Fonte: La Stampa