MUSICA: Radio Zastava, ritmi balcanici da Gorizia

Dagli anni novanta grazie ai film di Kusturica e alle musiche di Bregović la musica balcanica è diventata parte dello scenario musicale italiano ed europeo. Questo successo ha reso popolare il festival dei tromboni di Guča in Serbia, al quale da due anni si affianca “Guča sul Carso”, l’evento di musica balcanica più importante in Italia. Eastjournal ha deciso di intervistare Leo Virgili trombettista e “agitatore” dei Radio Zastava una delle band balcaniche più richieste oggi in Europa, nata non per caso a Gorizia, città multiculturale e mitteleuropea, terra di confine e porta verso l’est.

Quando sono nati i Radio Zastava?

Abbiamo suonato la prima volta il 5 marzo del 2005. Fino ad allora suonavamo in formazioni differenti finchè non ricevetti una chiamata per partecipare al Carnevale di Mestre. Mi chiamò Gigi Miracol, artista e poeta di strada immortalato sulla copertina del primo cd, che aveva in mente una performance molto elaborata nella quale gli serviva una banda di fiati che potesse svolgere la funzione di marching band. In realtà l’esibizione fu un mezzo disastro e si rivelò abbastanza tragicomica, ma l’unica cosa che resse molto bene fu il nostro gruppo musicale, sebbene fosse stato improvvisato appena qualche giorno prima.

Come nasce il vostro rapporto con la musica balcanica?

L’idea di suonare musica balcanica l’abbiamo presa molto seriamente, ci siamo messi a studiare intensamente, consumando un numero enorme di registrazioni di gruppi iugoslavi. Tutto questo però con la consapevolezza che non saremmo mai potuti arrivare a suonare al livello di chi in quei posti è nato e ci ha vissuto. Siamo consapevoli che resteremo degli imitatori di qualcosa che non ci appartiene, che non fa parte della nostra cultura, anche se alcuni di noi hanno origini balcaniche. Il nostro intento è di non essere una semplice riproposizione folkloristica, anche perché non avrebbe senso, non riusciremmo mai a suonare come le orchestre serbe. Possiamo quindi dire che l’identità musicale dei Zastava è un tipo di musica balcanica con sfumature reggae, punk, rock e jazz.

Siete mai stati a suonare nell’ex Iugoslavia?

Diciamo che abbiamo sempre avuto moltissima paura di andare a suonare nei Balcani. Era una forma di rispetto. Oggi però possiamo dire che questo timore reverenziale è stato un errore, perché una volta andati in quei paesi ci siamo resi conto che là c’è una forma di rispetto per la figura del musicista che qui da noi manca. Per musicista non intendo il grande nome, ma tutte quelle persone che hanno voglia di prendere in mano uno strumento e strimpellare qualche nota per fare festa e far ballare le persone.

Come reagiscono le persone dei Balcani quando suonate?

Guarda è bellissimo. In ogni concerto grande o piccolo c’è sempre qualcuno che si avvicina per farci i complimenti e conoscerci. Rimangono stupiti quando gli diciamo che siamo italiani. Ma alla fine penso che sia bello così, noi facciamo sentire un po’ a casa delle persone che sono emigrate suonando la loro musica, anche se noi non apparteniamo a quei luoghi.

Quale concerto ricordi con particolare emozione?

Ma sicuramente le storie più interessanti sono nate nei luoghi più semplici, nelle suonate per le strade o le piazze. Però ora mi viene in mente un concerto che abbiamo fatto a Savona al festival “Balla coi cinghiali”. Abbiamo suonato di fronte a dieci mila persone, schiacciati in una scaletta che comprendeva esclusivamente gruppi rock. Insomma noi non c’entravamo niente, però né è uscita una serata magica, una di quelle serate dove hai la sensazione di avere il pubblico in mano, di potergli far fare quello che vuoi. Per noi è stato il primo grande palco e l’emozione di far scatenare il pubblico è stata forte.

Quali sono i paesi dove avete suonato?

Abbiamo suonato a Parigi alle festa della musica, poi in Germania, Austria, Croazia, Slovenia, Serbia e ovviamente in Italia. Suoniamo spesso anche in Inghilterra, Londra è diventata praticamente una seconda casa, ci andiamo due volte all’anno. Abbiamo fatto una tournée in Scozia e prossimamente faremo alcuni concerti in Russia. Abbiamo anche suonato al Viktoria Park a Londra di fronte a 30.000 persone e quello penso sia stato il concerto più grande a cui abbiamo partecipato. Però l’evento più bello, ed anche quello di cui andiamo più orgogliosi, è stato partecipare al festival di Kusturica a Kustendorf.

Come è stato collaborare con Kusturica e dove vi siete conosciuti?

Ci siamo conosciuti l’anno scorso. Alla fine di un concerto a “Guča sul Carso” Kusturica si è presentato nel backstage dicendoci queste testuali parole: “Nice concert, come to play to my village”. La nostra conversazione si concluse lì. Eravamo convinti che fossero state frasi di circostanza, di quelle che si dicono ai concerti. Invece lo scorso novembre siamo stati contattati dall’organizzazione del suo festival, e a gennaio ci siamo andati veramente. Kustendorf è un posto fantastico, qui Kusturica ha ricostruito un villaggio serbo del ‘500 dove ogni anno tiene un festival di cinema. La possibilità di suonare lì e di conoscere registi, attori e musicisti da tutto il mondo è stata un’esperienza unica.

Sei stato anche a Guča in Serbia? Che impressione hai avuto?

Sì, ci sono stato due volte. E’un posto dove secondo me tutti dovrebbero andare almeno una volta nella vita. E’ un momento di delirio collettivo che sprigiona energia pazzesca. La cosa che più mi ha impressionato è che al di là della consapevolezza di quello che è successo nei Balcani, della storia del paese, del pregiudizio che c’è nei confronti della gente del luogo, a Guča le persone si divertono insieme; si ha la sensazione di far parte di una comunità che vive in fratellanza. Questa è la cosa più bella al di là della musica. Io voglio pensare che la Iugoslavia prima delle guerre degli anni novanta fosse come oggi è Guča.

Avete in programma un prossimo disco. Ci anticipi qualcosa?

L’uscita di questo disco si sta rivelando un parto durissimo, ci stiamo lavorando da due anni ma ormai è in dirittura d’arrivo, uscirà prima dell’estate. Il problema è che essendo molto impegnati a suonare abbiamo avuto poco tempo da dedicargli. La lavorazione è così sofferta e difficile anche perché stiamo cercando di produrre qualcosa di nuovo, di diverso, con influenze psichedeliche. Ora le nostre suggestioni provengono molto dall’elettronica. Ci divertiamo molto a suonare delle cose rarefatte, degli echi, a provare a riproporre degli effetti utilizzando però solamente strumenti acustici senza utilizzare gli effetti veri. Noi insomma vorremmo far sembrare elettronica della musica che è suonata veramente. Questo è un percorso abbastanza difficile, ma è una ricerca che stiamo facendo. Nonostante ci siano tutt’oggi idee differenti ti posso anticipare che probabilmente il titolo del prossimo disco sarà neuro sliva. Sliva significa prugna, quindi insomma vorremmo creare una prugna psichedelica.

Chi è Aron Coceancig

nato a Cormons-Krmin (GO) nel 1981. Nel 2014 ho conseguito all'Università di Modena e Reggio Emilia il Ph.D. in Storia dell'Europa orientale. In particolare mi interesso di minoranze e storia dell'Europa centrale. Collaboro con il Centro Studi Adria-Danubia e l'Istituto per gli incontri Culturali Mitteleuropei.

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