BOSNIA: La cultura chiude, in solidarietà con il Museo nazionale

Il Museo Nazionale di Bosnia-Erzegovina è ancora chiuso dal 4 ottobre 2012. Quel giorno, dopo 124 anni di storia, serrò i battenti al pubblico per mancanza di fondi e per inerzia politica (ne parlammo su queste pagine). A sei mesi esatti dalla chiusura, decine di istituzioni culturali di tutto il mondo hanno aderito a una campagna di solidarietà con il Museo Nazionale di Sarajevo, lanciata dalla piattaforma “CultureShutDown”.

L’iniziativa è stata lanciata da Azra Akšamija, docente di storia dell’architettura al MIT di Boston e sarajevese di nascita, insieme ad altri artisti ed attivisti bosniaci. CultureShutDown si è rivolta a musei ed istituzioni culturali di tutto il mondo. La richiesta era di sigillare simbolicamente con del nastro adesivo almeno un’opera o un artefatto della propria collezione e di renderlo inaccessibile al pubblico in vista del 4 marzo, ricorrenza semestrale della chiusura del Museo. “Invito voi e altri musei del mondo a dimostrare la vostra solidarietà con le istituzioni culturali bosniache minacciate”, si legge nell’appello. “Le istituzioni culturali in Bosnia-Erzegovina custodiscono il patrimonio storico e culturale che mostra l’evidenza della coesistenza nella regione. Difenderle è cruciale per assicurare una pace sostenibile. Inoltre, le opere che custodiscono sono un componente importante del patrimonio artistico mondiale: difenderle è quindi una questione di rilevanza globale”.

Hanno partecipato all’iniziativa 225 tra musei, gallerie d’arte, librerie ed altre istituzioni culturali di 40 paesi di tutto il mondo (qui è visibile la galleria fotografica delle “chiusure”). Da notare l’adesione di molti enti culturali dell’ex-Jugoslavia, come il Museo di Storia della Jugoslavia a Belgrado, la Biblioteca Nazionale a Zagabria, e decine di vari enti di Novi Sad, Pula, Rijeka, Dubrovnik, Ljubljana e altre città.

La piattaforma Cultureshutdown, oltre ad aver ideato la protesta, intende ispirare un dibattito costruttivo sulle politiche culturali in Bosnia-Erzegovina, e formulare proposte in merito. In uno degli articoli pubblicati, ad esempio, si suggeriscono misure come la riorganizzazione degli enti culturali secondo criteri più funzionali e moderni, il coinvolgimento delle istituzioni locali (comuni e cantoni) e una maggiore cooperazione con la società civile.

Il Museo Nazionale è l’esempio più visibile ed eclatante della crisi delle istituzioni culturali in Bosnia-Erzegovina, ma non l’unico. Altri sei enti nazionali si trovano infatti in grave difficoltà: la Galleria d’arte Nazionale, la Cineteca Nazionale, la Biblioteca Universitaria Nazionale, il Museo della Letteratura, il Museo di Storia e la Biblioteca per i Non Vedenti; alcuni di questi hanno già chiuso al pubblico o prestano servizi ridotti.

Il destino dell’Haggadah e le porte chiuse della politica

Va ricordato che il Museo Nazionale custodisce l’Haggadah di Sarajevo, manoscritto ebraico sefardita risalente al XIV sec. dal valore inestimabile. E proprio l’Haggadah è stata oggetto di recenti polemiche: dopo la chiusura del Museo, infatti, il Metropolitan di New York si era offerto di “ospitare” l’Haggadah per tre anni. La proposta era stata sostenuta  pubblicamente da Jakob Finci, capo della comunità ebraica in Bosnia-Erzegovina. La Commissione sui Monumenti Nazionali ha però respinto l’offerta. “Dobbiamo prima risolvere i problemi del Museo”, ha risposto la Commissione. Ufficialmente, si è smentito che il niet fosse dovuto alla paura che il manoscritto non facesse più ritorno a Sarajevo. Ma appare evidente il contrario: è ovvio che lasciare partire l’Haggadah, in queste condizioni di incertezza, darebbe un segnale di svendita del patrimonio culturale nazionale e potrebbe creare ulteriori problemi. “E’ un peccato: almeno lì l’avrebbero vista milioni di visitatori”, ha commentato amaramente Finci.

Con l’iniziativa di Cultureshutdown, Il Museo Nazionale ha dunque ottenuto un’ampia – ancorché simbolica – solidarietà internazionale. Resta da vedere se i partiti che siedono in parlamento, principali (ma non unici) responsabili di questa crisi, recepiranno il messaggio. Ma purtroppo è difficile pensare ad un imminente sblocco politico della situazione, come è evidente dalle recenti notizie sulla paralisi istituzionale e sulla crisi di governo. Finché la politica bosniaca resta ferma e “chiusa” in se stessa, resteranno chiuse anche le porte del Museo Nazionale.

Foto: Cultureshutdown

Chi è Alfredo Sasso

Dottore di ricerca in storia contemporanea dei Balcani all'Università Autonoma di Barcellona (UAB); assegnista all'Università di Rijeka (CAS-UNIRI), è redattore di East Journal dal 2011 e collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso. Attualmente è presidente dell'Associazione Most attraverso cui coordina e promuove le attività off-line del progetto East Journal.

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