di Matteo Zola
Giovanni Catelli, scrittore di viaggio, poeta, narratore raffinato, è stato incluso tra gli autori della Nouvelle Revue Francaise, la celebre rivista d’oltralpe fondata nel 1908 da Andrè Gide. Un successo per la nostra letteratura che, oberata dall’inarrivabile altezza dei suoi più illustri rappresentanti, talvolta fatica a rinnovarsi ed emergere in ambito internazionale.
I racconti di Catelli, che East Journal ha la fortuna di poter pubblicare annoverando l’autore tra i suoi collaboratori, si distinguono per la liricità della prosa. Nella sua opera la parola rappresenta la sola possibilità di fermare l’impressione: «la parola ti serve a pronunciare l’oblio» e davvero Catelli produce con le parole immagini di grande bellezza, fotogrammi del tempo fermato nel suo divenire: «vaga nei sobborghi la statua del futuro» scrive in una sua poesia. Poiché Catelli, che gioca con le muse, è anche poeta -ma di una sola raccolta. Di quei poeti che non fanno versi di mestiere, presi come sono dalla ricerca della parola altamente significante, sempre in corsa tra i simboli della realtà che cercano di fermare.
Così Catelli entra nel pantheon della Nouvelle Revue, accanto a nomi che spaventano: Apollinaire, Aragon, Antonin Artaud, Henry Michaux, Proust, Sartre… e in tempi più recenti Antonio Tabucchi, altro grande narratore italiano poco amato in patria a causa della costante critica alla classe dirigente politica e culturale che domina il nostro Paese. Un Paese che troppo spesso calpesta i suoi fiori migliori.