La Bosnia-Erzegovina nella sua attuale struttura statale e amministrativa presenta continue difficoltà gestionali che gravano sulla vita quotidiana della popolazione. Benché recentemente sia venuto alla ribalta il problema logistico della discarica di Sarajevo, sempre nella federazione croato-musulmana, stavolta nella krajina bosniaca, troviamo lo strano caso della discarica di Bihać.
L’ubicazione della discarica presenta caratteristiche paradossali sotto molteplici aspetti: il sito scelto si trova in località Gorjevac, a circa 18km dalla città, difficoltoso da raggiungere in quanto la strada sterrata e le abbondanti nevicate invernali rendono il percorso disagevole; è posto all’interno di una zona boschiva, non segnalato da nessun cartello e talmente nascosto che è come se non esistesse. A voler essere polemici la situazione non sorprende poiché la discarica non rispetta nessuno degli standard minimi richiesti dall’Unione Europea: in Bosnia-Erzegovina il riciclaggio è un’attività ancora embrionale se non inesistente in molte zone del paese, soprattutto perché non sostenuta da adeguate leggi antinquinamento e dalla mancanza di un senso civico nella popolazione stessa.
Dal punto di vista amministrativo la discarica è in condizioni fatiscenti: non è segnalata sul territorio, non è delimitata da recinzioni adeguate, non ci sono controlli di sicurezza né vigilanza. Ciò comporta che ognuno possa liberamente accedere ad essa aumentando il senso di confusione e caos che già vi regna. Ben più gravi sono invece i problemi ambientali: nella discarica vengono smaltiti tutti i rifiuti indifferenziati senza alcun tipo di trattamento precedente e con un alto rischio di accumulare rifiuti tossici, responsabili di un forte inquinamento ambientale. Questa però non è l’unica violazione della direttiva 99/31/CE in quanto il sito non presenta nessuna barriera geologica che separi il terreno stesso dalla massa di rifiuti depositati, non c’è nessun tipo di terreno di sottofondo, non ci sono barriere per evitare il contatto tra il terreno ed il percolato prodotto dai rifiuti, non esiste nessun tipo di sistema di drenaggio del percolato, l’immondizia non è aggruppata in strati compatti e non segue nessun criterio logico. Inoltre, ciò che poi risulta anche uno spreco energetico non indifferente, non esiste un sistema di raccolta del biogas denotando un’incompleta e irrazionale gestione dei rifiuti.
Come se ciò non bastasse la discarica è a cielo aperto e ciò comporta che in caso di maltempo la situazione si deteriori ulteriormente; infatti in presenza di umidità si possono notare rigagnoli di percolato scendere copiosi verso la valle e infiltrarsi nel terreno con il rischio di contaminare le falde acquifere della zona, specialmente dei campi coltivati.
Ad aggravare la situazione contribuiscono altri due fattori: il primo ha un sapore amaro in quanto la discarica di Gorjevac è costruita esattamente accanto al parco nazionale dell’Una-Sana. Il parco, recentemente inaugurato dopo quasi 10 anni di lavori, è separato dal sito di smaltimento solo dalla strada magistrale M-5 e dai boschi intorno ad essa. Il secondo fattore è la presenza del canile comunale che la precedente amministrazione, guidata da Albin Muslić (SDP), ha pensato bene di costruire esattamente accanto alla discarica. Questa struttura risulta essere incompleta e fatiscente, nata per risolvere il problema del randagismo con la sconfitta elettorale del sindaco uscente è stata abbandonata a sé stessa.
Duro colpo per il processo di integrazione europea ed enorme spreco di soldi pubblici, questo sito rappresenta una vergogna soprattutto per i cittadini di Bihać che meriterebbero un’amministrazione più preparata ed attenta ai loro bisogni e soprattutto alla loro salute. Tutto ciò rappresenta un passo indietro per le istituzioni bosniache che si dimostrano per l’ennesima volta incapaci di gestire i beni pubblici, soprattutto quando si tratta dell’ambiente.