Il 1° febbraio 2013 la Camera Alta del Parlamento dello Stato del New Mexico ha adottato una risoluzione per ricordare le vittime del tragedia massacro di Khojaly, in cui vengono riconosciute le violenze subite dalla popolazione azera per opera delle truppe armene durante il conflitto armato scoppiato nel Nagorno-Karabakh. Il New Mexico è solo l’ultimo – in ordine cronologico – degli stati americani ad aver riconosciuto il massacro di Khojaly, dopo che risoluzioni simili erano già state approvate in Texas, New Jersey, Georgia e Maine. Dietro a questi provvedimenti c’è la forte volontà del governo azero di portare avanti una campagna a sostegno del riconoscimento di questo massacro come genocidio; campagna appoggiata da numerosi politici e da molte organizzazioni, come l’”Associazione culturale degli azerbaigiani”, guidata da Gasim Nasirov. Alcuni paesi come il Messico e il Pakistan si sono detti favorevoli al riconoscimento, mentre altri, come la Svizzera, non hanno accolto le richieste della diplomazia azera. Anche in Italia è stata presentata in parlamento una mozione per il riconoscimento del massacro, sostenuta dall’iniziativa di alcuni deputati appartenenti al Popolo delle Libertà.
Il massacro di Khojaly, avvenuto tra il 25 e il 26 febbraio 1992, durante la guerra del Nagorno-Karabakh, della quale questa tragedia rappresenta probabilmente l’evento più cruento, costò la vita a centinaia di civili azeri. Il villaggio di Khojaly si trovava sulla strada che da Agdam conduceva fino a Stepanakert, ed era situato in prossimità dell’unico aeroporto presente nella regione, controllato dall’esercito azero che lo usava per ricevere rifornimenti; risultando quindi un obiettivo strategico per le forze armene. Se si voleva liberare il Karabakh si doveva liberare Khojaly. Così la sera del 25 febbraio 1992 l’esercito armeno, coadiuvato dal 366° Reggimento di fanteria russo, iniziò ad attaccare la città, decimando la popolazione locale. Sul massacro di Khojaly però, gravano ancora molte ombre, e la certezza su come si svolsero veramente i fatti non è ancora stata raggiunta. A conferma di tale ambiguità vi sono le discordanti posizioni che le due parti in causa, Armenia e Azerbaigian, assumono riguardo alla vicenda.
Come affermato in precedenza, in Azerbaigian il massacro di Khojaly è riconosciuto come un vero e proprio genocidio, perpetrato nei confronti dell’indifesa popolazione azera dalla furia dell’esercito armeno. Per sostenere questa posizione, l’Azerbaigian accusa l’esercito armeno di aver fatto fuoco sui civili in fuga dalla città, e di avere mutilato alcuni corpi di uomini, donne e bambini rimasti uccisi durante gli scontri e successivamente ritrovati sfigurati, con mani e piedi tagliati. Per provare come il massacro fosse stato premeditato, Baku ricorda che proprio in quei giorni ricorreva il quarto anniversario del pogrom di Sumgait, avvenuto il 27 febbraio 1988, quando nei quartieri armeni della cittadina azera si scatenò una vera e propria caccia all’uomo che causò un ingente numero di vittime tra la popolazione armena. Il massacro di Khojaly sarebbe quindi stato attuato volutamente dall’esercito armeno per vendicare le vittime di Sumgait cadute per mano azera. È proprio in difesa di queste tesi che Baku punta a denunciare a livello internazionale quello che per tutti nel paese caucasico è “il genocidio degli azeri”, il momento più buio nella storia del paese in seguito alla raggiunta indipendenza.
Ben diversa è la versione dei fatti che gli armeni danno della vicenda. Il governo di Yerevan sostiene che, una volta circondato il villaggio, l’esercito armeno aprì un varco a sud in modo che gli abitanti potessero evacuare la città, prendendo la strada che portava ad Agdam. Insieme ai civili però tentarono la fuga anche molti soldati azeri, che si mescolarono tra la folla: secondo gli armeni, una volta che i fuggitivi raggiunsero le linee difensive azere, queste fecero fuoco contro i loro compagni disertori, colpendo anche un gran numero di civili e causando una vera e propria strage. Questa versione è stata confermata da Ayaz Mutalibov, presidente dell’Azerbaigian all’epoca dei fatti, il quale avrebbe inoltre affermato che le stesse mutilazioni compiute ai danni delle vittime civili fossero solo una messinscena operata dagli azeri per screditare gli armeni agli occhi della comunità internazionale.
Nonostante gli opposti punti di vista dei due diretti interessati, l’unica certezza che si può avere riguardo al massacro di Khojaly è l’enorme numero di civili rimasti vittima del fuoco incrociato: 613 secondo le fonti azere, a cui si devono aggiungere migliaia di dispersi appartenenti ad ambo le parti.
è la storia quotidiana dei conflitti che vede le popolazioni civili vittime designate al massacro.
mi chiedo però perchè il presidente azero Mutalibov ,allora a capo dell’azrrbaigian, non debba essere considerato testimone attendibile della dinamica dei fatti
Grazie Emmanuele per le illuminanti osservazioni.
a maggior ragione le ragioni azere sul massacro di Khojaly appaiono discutibili se non capziose
Persecuzione di stato in Azerbaigian contro lo scrittore Akram Aylisli, 75 anni, nel cui ultimo racconto ‘Sogni di pietra’ si narrano le atrocità commesse sugli armeni nel corso della guerra per il Nagorno Karabakh, i pogrom di Baku nel 1990 e quello di Samgait due anni prima.
Il partito Musavat, che sostiene il governo, ha confermato la ‘fatwa’, preannunciando un premio di 12.700 dollari per chi taglierà un orecchio ad Aylisli. ”E’ arrivato il momento di farlo. E questa decisione deve essere attuata dai membri del gruppo giovanile del partito”, ha affermato il leader della forza politica Hafiz Hajiyev.
La scorsa settimana il presidente Ilham Aliyev aveva deprivato Aylisli dell’onorificenza di ”Scrittore del popolo” e della pensione di 1.250 dollari al mese associata al titolo che riceveva dal 2002, oltre che dell’iscrizione all’Unione degli scrittori ”per aver distorto la storia del paese e ferito i sentimenti degli azeri”.
L’attacco allo scrittore ha colpito anche la sua famiglia con i il licenzi manto del figlio e della moglie. Ad acuire la reazione di Baku, le critiche contenute nel racconto du Aliev e del padre Heydar, che ha governato il paese per vent’anni prima di lui, accusati di corruzione e abusi. Critiche che si acuiscono in una sua nuova opera, pubblicata solo in forma di samizdat, ”Il grande ingorgo”. Intanto in diverse località del Paese, i libri di Aylisli sono stati già messi al rogo.
Emanuele, dovresti scrivere un articolo su Mutalibov. Sarebbe interessante saperne di più
L’azerbaijian e i suoi governanti, invece di spartire equamente con la popolazione le enormi ricchezze del sottosuolo,
usano una enormità di soldi a comprarsi letteralmente le autorità ed il consenso.
Questa vergognosa distribuzione di danaro a voraci amministratori locali sotto forma di donazioni e mecenatismo ha contagiato pure il Vaticano che ha aperto le sue porta a frattaglie artistiche passate come capolavori e ricevendo in cambio antiche manoscritti persiani e che nulla hanno a che fare con la cultura paesanotta e ruspante di un popolo analfabeta.
Questa aggressione oltre a colpire Roma , è già arrivata a Firenze e in alto adige senza che da parte dei media ci sia alcuna critica alla società ancora tribale e
L’utilizzo delle stragi per fini politici è una delle cose più squallide che possano registrarsi nel mondo contemporaneo.
nel suo recente viaggio a roma il presidente azero aliev ha dato 1 milione di euro ai nostri avidi politici come ostentazioone al suo spirito di finto mecenatismo archeologico che equivale all’aquisto di un consenso politico.
Difatti incassata la pecunia, i nostri governanti si sono espressi a favore di un passaggio del nagorno karabagh agli azeri
naturalmente ci meritaiamo una classe politica così stracciona