FRANCIA: L'estrema destra rimarrà "estrema"?

East Journal intende ampliare la sua analisi sull’estremismo di destra in Europa anche alla pars occidentalis del vecchio continente, cominciando dalla Francia, cui seguiranno articoli sul Belgio, l’Olanda, la Scandinavia, al fine di offrire – unitamente agli articoli già pubblicati sull’Europa orientale – un quadro completo dell’estremismo di destra nelle sue più diverse accezioni.

Un partito inviso a tutti. Se non agli elettori, sicuramente all’establishment politico. Tanto che quando si arriva al dunque, destra e sinistra sono disposti ad allearsi pur di sconfiggerlo. Parliamo del Front National francese, partito di estrema destra fondato da Jean-Marie Le Pen e ora capitanato dalla figlia Marine.
Inviso a tutti, si diceva: ai comunisti, ai socialisti, ai centristi, ai liberali, alla borghesia, ai moralisti e perfino al sistema elettorale. Basti pensare che alle ultime elezioni legislative del 10-17 giugno 2012, il Front National ha ottenuto una percentuale del 13,6% al primo turno, eleggendo tuttavia solo due deputati. Esattamente come Le Centre pour la France che sempre al primo turno ha ottenuto solo l’1,76%.
Ma partiamo dal principio.

Gli inizi
Jean-Marie Le Pen, classe 1928, fonda il FN nel 1972 dopo aver abbandonato il movimento extraparlamentare Ordre Nouveau (poi reso illegale nel 1973). Nei primi anni il partito fece molta fatica ad affermarsi subendo la concorrenza del Parti des Forces Nouvelles, nato da una costola del FN e formato anch’esso da molti fuoriusciti da Ordre Nouveau. Solo con gli anni ’80 infatti Le Pen inizia a ottenere qualche successo.

Il boom
Il risultato più clamoroso avviene nel 2002. Sorprendendo tutti, alle elezioni presidenziali Le Pen supera al primo turno il socialista Lionel Jospin, il cui partito era in forte crisi all’epoca. Prendendo il 16,9% dei voti contro i 16,2 del candidato di sinistra, il leader del FN si trova così a sfidare al ballottaggio Jacques Chirac, che rappresentava la destra liberale di ispirazione gollista.
Immediatamente scatta lo scandalo transnazionale. Tutte le personalità, a ogni livello e di ogni colore politico chiamano a raccolta i cittadini affinché votino Chirac, per non far vincere la “destra razzista e xenofoba”, come era descritto il Front. Politici, sia francesi che stranieri (questi ultimi chissà con che diritto, poi), attori, persone dello spettacolo, persino calciatori: tutti invocano il voto utile e necessario per il candidato “buono”.
Grazie anche al can can mediatico, Le Pen viene schiacciato al secondo turno: 5.525.032 voti (17,8%) contro i 25.537.956 (82,2%) di Chirac.

L’ideologia
Il Front National aveva molte caratteristiche comuni con la maggior parte delle estreme destre europee. Jean-Marie forgia un partito nazionalista, dove la Francia e i francesi devono venire prima di tutti. Fa quindi della lotta all’immigrazione selvaggia uno dei suoi punti chiave. Dà forte importanza alla difesa della tradizione, inclusa quella cattolica. Non manca inoltre una componente sociale e socialista, diretta erede dei regimi social-rivoluzionari del periodo fra le due guerre. Con gli anni ’90 arriva poi la politica anti-europeista che segnerà anche in seguito il programma del partito.

Il cambio di guardia: Marine
Il 16 gennaio 2011 l’ormai 79enne Jean-Marie Le Pen rassegna le dimissioni da presidente del partito. Gli succede la figlia Marine, eletta con ampia maggioranza all’assemblea del FN.
“Le Pen, fille” svecchia il partito, sia nell’immagine che nelle persone chiave. Il risultato del suo impegno è la miglior percentuale di sempre alle presidenziali francesi: Marine ottiene il 17,9% nel 2012. Percentuale che, tuttavia, non le vale il ballottaggio essendo arrivata dietro Hollande e Sarkozy.

Le “nouveau” Front National
L’impegno di Marine è stato tutto incentrato nel dare un nuovo volto al partito, più accettabile e moderno. Politicamente ha smorzato parecchio la polemica sull’immigrazione, pur non dimenticando che l’ala nazionalista del suo movimento è quella più forte. Ma è stata più attenta (e furba) a cavalcare l’ondata di anti-europeismo che sta travolgendo l’Europa negli ultimi tempi. Sempre critica verso il capitalismo, ha portato in primo piano temi quali la sovranità politica e monetaria, scagliandosi contro l’Eurocrazia delle banche – fautrice della crisi economica che anche in Francia si fa sentire con forza – e proponendo una migliore politica sociale. Si è inoltre dichiarata più liberale su temi come aborto e omosessualità.
Molto si è discusso su quanto realmente nuova possa essere considerata la politica Frontnazionalista. In molti hanno dichiarato di vederli come “i soliti fascisti di sempre”. Ma di tutt’altra idea è Marine: “Per molto tempo c’è stata un sacco di gente che condivideva le nostre idee, ma era spaventata dall’immagine data da mio padre. Ed erano reticenti a unirsi a noi. Ma ora io sono a capo del partito e quella barriera è caduta”.

I “camerati” italiani
I giudizi sul Front National da parte dell’estrema destra italiana sono ambivalenti. Rapporti ce ne sono stati, ovviamente, e questo sin dagli anni ’70. Se attualmente il movimento più vicino al Front National, anche per programmi, è probabilmente Forza Nuova (con cui condivide in particolare una visione molto cattolica della società), va detto che in passato ha avuto rapporti con Le Pen anche Gianfranco Fini, quando era ancora segretario del Msi e prima della “Svolta di Fiuggi”. Anche La Destra di Francesco Storace comunque guarda con ammirazione all’esempio francese.
D’altro canto però, va detto che negli ambienti extraparlamentari molti militanti italiani hanno ripetutamente rinfacciato a Le Pen di cavalcare una forza “antisistema” solo nella facciata, in quanto in realtà il FN sarebbe perfettamente inserito nella partitocrazia francese. Le dichiarazioni del fondatore, insomma, sarebbero solo una tecnica per ricevere voti e potere, senza una reale volontà di compiere una rivoluzione sociale.
Con l’arrivo della figlia Marine alla vetta del Front National, le critiche sono aumentate. La nuova leader è spesso considerata più morbida del padre su molti temi. Quello che i “camerati” pensano è che stia preparando un percorso simile a quello di Fini, con un viaggio senza ritorno da destra verso il centro. Insomma, si teme un nuovo tradimento.

Chi è Valerio Pierantozzi

Giornalista professionista, sono nato a San Benedetto del Tronto nel 1980, ma sono pescarese di adozione. Ho passato 20 anni della mia vita a scuola, uscendo finalmente dal tunnel nel 2006 con una laurea in Filosofia. Amo il mare, il sole, le spiagge e odio il grigiore, le nubi, il freddo. Per questo nel 2014 mi sono trasferito in Svezia. Da grande vorrei essere la canzone “Night” di Sergio Caputo.

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5 commenti

  1. Bonaiti Emilio

    Modesta domanda: Se politici stranieri esprimono giudizi su politici italiani perché: “gli stranieri , quest’ultimi chi sa con che diritto, poi” non potevano intervenire ed esprimere giudizi sulla politica francese” ?

    • Girello Destrorsi

      Punto primo: una cosa è esprimere pareri (fatto più che legimittimo), altra è invitare un popolo straniero a votare un candidato piuttosto che un altro.
      Detto questo, credo di capire cosa lei intenda (ne abbiamo avuto un esempio in Italia molto recentemente….). Ma dal mio modesto punto di vista, l’ingerenza negli affari interni di un Paese estero è sempre sbagliato. E, come si dice, due errori non fanno una cosa giusta.

  2. Sulle ingerenze straniere: anche io le trovo sbagliate. E’ legittimo che un cancelliere, presidente, primo ministro straniero indichi palesemente chi, in un altro Paese, è bene votare? Recentemente la cancelliera tedesca Angela Merkel ha agitato lo spettro del default ai greci che si apprestavano ad anadare alle urne invitando a votare per Samaras. Si temeva una vittoria di Syriza, il partito di estrema sinistra, che avrebbe non poco sparigliato le carte europee. Comprensibile dunque l’atteggiamento tedesco ma… giusto? E la stessa Merkel (non sono anti-tedesco eh) ha appoggiato Sarkozy alle scorse presidenziali francesi: ricorderete quella conferenza stampa fiume dove i due si dicevano a vicenda quanto erano bravi e che se l’Europa voleva uscire dalle secche della crisi proprio a loro doveva affidarsi?

    Parlo di politici però, e di alto profilo. La stampa, quella, può fare quel che vuole secondo me. Anche disegnare un cesso che galleggia con dentro Berlusconi (è stato fatto dalla Bild). La stampa ha diritto di dire quel che vuole, ai cittadini non comprare quel giornale. Quanto può influire una copertina dell’Economist sulle eleziioni italiane: zero. Nemmeno i nostri giornali influenzano significativemente il voto. Ma i politici, indipendentemente da quanto possano influenzare, non dovrebbero permettersi di dire prima del voto: “votate per tizio”.

    Sul pezzo in questione: non sembra anche a voi che il FN vada somigliando a quel “populismo alpino” che col fascismo d’antan c’entra ormai poco ma che molto a che vedere con la Lega Nord, l’UDC svizzero o la Lega dei Ticinesi, persino il FPO austriaco… cioè: la facciata è fascista ma i contenuto è post-fascista pur restando radicalmente di destra?

    • In questo caso non sono d’accordo io 🙂
      L’Unione europea si fa anche attraverso l’integrazione tra partiti politici, che sono già in relazione attraverso i gruppi politici del Parlamento europeo. La Merkel ha sostenuto Sarkozy, il PD invece ha sostenuto Hollande. E’ normale, ed è un processo che consente ai cittadini europei di esprimersi su ciò che succede negli altri paesi, dato che ormai anche le elezioni all’estero hanno un effetto su ciò che avviene quotidianamente in Italia.
      Abbiamo superato l’era della sovranità in Europa, siamo nell’era dell’interdipendenza, e la compenetrazione tra le sfere politiche dei diversi paesi europei ne è una sfaccettatura. Consente ai cittadini di lamentarsi dell’attuale politica economico-monetaria della Germania merkeliana senza buttare via tutta “l’Europa” come il proverbiale bambino nell’acqua sporca. 🙂

  3. Bonaiti Emilio

    PERFETTAMENTE D’ACCORDO CON DAVIDE.

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