di Matteo Zola
Eni gioca la sua partita nelle vecchie province dello Zar: socia di Gazprom nella costruzione del South Stream, ora punta all’oro azzurro del Turkmenistan. L’annuncio è arrivato dallo stesso presidente Gurbanguly Berdimukhammedov, ma in Italia non se ne è parlato. Certo manca la firma definitiva ma la causa di questo silenzio potrebbe essere un’altra. Il Turkmenistan è uno degli Stati più repressivi al mondo. L’organizzazione internazionale Human Rights Watch lo ha più volte paragonato alla Corea del Nord per la sua impenetrabilità, tanto che nessun membro dell’Onu è mai riuscito ad entrarvi ufficialmente, e Reporter sans Frontieres denuncia la sparizione o l’incarceramento di giornalisti. Medici senza Frontiere, dal canto suo, è stato costretto a lasciare il Paese benché ne abbia denunciato l’emergenza sanitaria (o forse proprio per quello).
L’unico partito legalmente riconosciuto è quello di Berdimoukhammedov, eletto con l’89% delle preferenze nel 2007. Al voto quella volta i turkmeni ci erano andati per un motivo ben preciso: trovare il sostituto di Saparmurat Niyazov, salito al potere nel 1990, poco prima della disgregazione dell’Urss, e rimastovi ininterrottamente fino alla morte. Il sostituto era appunto Berdimoukhammedov, 53 anni, una laurea in medicina in patria e un master a Mosca, fino al 2006 dentista personale di Niyazov.
Unica società straniera presente nel Paese è (finora) la Cnpc, società di Stato cinese, che l’anno scorso ha offerto un prestito da 3 miliardi di dollari al governo turkmeno per costruire un gasdotto. I rapporti tra Pechino e Asghabat sono buoni, ma tra dittature si punta al sodo. L’Eni sarebbe dunque l’unica società occidentale a investire in Turkmenistan. Le domande sono due. La prima etica: è legittimo alimentare la dittatura turkmena? la seconda è pratica: come ha fatto l’Eni ad arrivare là dove nessuna società occidentale è giunta? E si badi, l’oro azzurro attira tutti.
Alla prima rispondiamo solo dicendo che se un Paese come l’Italia spende miliardi per esportare la democrazia intervenendo nei conflitti di Iraq e Afghanistan, dovrebbe spiegare all’opinione pubblica perché alimenta il regime di Asghabat investendo in quel Paese. Alla seconda, ciò si deve a Silvio Berlusconi e ai suoi rapporti privilegiati con Vladimir Putin che -su quelle che furono repubbliche sovietiche- qualche ascendente ce l’ha.
Infine, qualcuno rammenterà il Nabucco: il gasdotto euro-americano che dovrebbe concorrere al monopolio energetico russo sulla fornitura di gas al vecchio continente. Ebbene, il Nabucco è al palo e solo il gas turkmeno avrebbe potuto risollevarne le sorti. L’Italia, però, con Eni partecipa al progetto “nemico” del Nabucco, quel South Stream russo che farebbe dell’Europa un vassallo energetico del Cremlino. Vassallaggio ancor più vicino se Eni entrasse davvero in Turkmenistan. Con buona pace della democrazia.
Perchè invece essere VASSALLI degli USA renderebbe la cosa più DEMOCRATICA? Ma vogliamo scherzare?
Gent. lettore
da qualche parte ho scritto che essere vassalli degli Usa renderebbe (rende, visto che è quanto avviene) l’Europa più democratica? Non mi pare. Da qualche parte ho scritto invece che l’Europa, per essere libera e sovrana, dovrebbe essere autonoma. Quindi anche nell’approvvigionamento energetico. Come nella difesa militare. L’Europa schiacciata tra l’energia russa e l’alleanza atlantica non sarà mai sovrana. Credo che in questo convenga. Personalmente non ho mai visto di buon occhio il South Stream. Mentre mi sembra un buon progetto, aleno nelle intenzioni, il Nabucco che non è finanziato, come spesso mi capita di leggere, dagli americani ma da due istituzioni europee, la Banca Europea degli Investimenti e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo. La proprietà del Nabucco è detenuta da sei compagnie energetiche europee, ognuna con il 16,67%. E sono la Botas (Turchia), la Bulgargaz (Bulgaria), la Transgaz (Romania), la MOL (Ungheria), la OMV (Austria), la RWE (Germania). Gli americani non sono direttamente impegnati del progetto Nabucco che, è vero, sta arenando ma che, a mio avviso, è il primo vero progetto europeo: collettivo, fatto per l’interesse europeo e solo europeo. La defezione di Eni, come di Edf, non mi rallegra. Ecco perché, anche nel caso turkmeno, critico Eni. Resto dell’idea che, pur con i limiti di un sano realismo, non si dovrebbe fare affari con chiunque. Le linko qui sotto un paio di articoli che forse potrebbero interessarla. Grazie per la lettura
http://estjournal.wordpress.com/2011/02/25/unione-europea-barroso-vs-putin-leuropa-ferma-gazprom/
http://estjournal.wordpress.com/2010/12/21/lopinione-il-dito-e-la-luna-berlusconi-e-south-stream/
http://estjournal.wordpress.com/2010/09/29/far-east-ecco-a-voi-tapi-il-gasdotto-trans-afgano-che-val-bene-una-guerra-anche-italiana/
Gentile giornalista,
credo che lei non abbia idea di tutte le societa’ straniere che lavorano in turkmenistan.
Lei non informa, lei dice castronate.
Dovrebbe vergognarsi. Lei dice che l’unica societa’ straniera alla data dell’articolo e’ soltanto una e cinese….castronerie pure.
Il concetto di esportare la democrazia ribadito in quest’articolo e’ la cosa piu’ assurda che si possa sentire. Ma come fa’ a scrivere di cio’ che non conosce?
Ci sono centinaia di societa’ estere che lavorano e collaborano col Turkmenistan, non oggi ma da svariati anni.
Scrivere “Il Turkmenistan è uno degli Stati più repressivi al mondo.” e’ totale disinformazione, lei ci e’ mai stato in Turkmenistan?
Se le sue uniche fonti sono quelle che legge da riviste e istituzioni al servizio dell’export della democrazia , la comprendo, vive in un mondo tutto suo, dove quello che si sente non e’ mai messo in discussione.
Comunque le porgo i miei migliori auguri
Gent. Lettore
ci sono due modi, secondo me, per vivere nelle società: uno è destruens, l’altro è costruens. Se lei volesse rimediare alle mie vergognose castronerie spiegando quali sono le compagnie energetiche europee che – prima della data dell’articolo – lavoravano in Turkmenistan farebbe un servizio agli altri lettori, oltre che a me. Poiché, vede, qui di verità rivelate non ne abbiamo e siamo abituati al confronto coi lettori. Confronto costruttivo. In secondo luogo potrebbe spiegare come il Turkmenistan non sarebbe da annoverare tra i regimi autocratici.
Infine, mi permetta di difendermi da un paio di sue critiche. La prima: nel mio lavoro si fa il possibile per citare le fonti da cui si prendono le informazioni. Io cito Human Right Watch, Reporters sans frontieres, Medici sena frontiere. Se ritiene che questi organi siano poco credibili, è una sua opinione. E come tale rispettabile quanto inutile. Se invece lei citasse delle fonti a suffragare la sua opinione (vale a dire che il Turkmenistan non è una dittatura) allora sarebbe ben diverso il discorso.
Secondo punto: l’esportazione della democrazia è, per chi scrive, assolutamente una pratica negativa. E’ con evidente sarcasmo che nel pezzo si chiede all’allora governo Berlusconi di rendere conto come, essendo tanto affezionato alla democrazia da esportarla con le bombe in Afghanistan, poteva spiegare gli affari energetici con una dittatura. Ma, lei m’insegna, il Turkmenistan non è una dittatura quindi nessun problema. Già.
Mi vergogno
saluti
Matteo
non voglio entrare nel merito, purtroppo non ho molto tempo al momento, comunque le prometto ti farmi risentire in futuro.
Non ha risposto ad una domanda importante, lei ci è mai stato in turkmenistan, o al massimo conosce gente Turkmena?
Sulla carta si, lo è una dittatura, ma le ricordo che il solo fatto di avere un presidente a vita non significa che tutto sia negativo. Nelle nostre favolose nazioni sviluppate Europeo , o meglio occidentali, lei crede che ci sia democrazia? o comunque , lei crede che la qualità della vita, intesa come piacere di vivere e gioia, (insomma, non solo basata sulla capacità di consumo e consumismo di cose futili e spesso inutili) sia maggiore? Io credo di no, ma forse sono uno dei pochi che se ne frega di avere la bella macchina, casa etelefono da 700 euro.
Le ricordo che in italia e in paesi come UK e USA la militarizzazione e una cosa ormai presa per normale. in Usa ci sono check point militari come in Iraq e afganistan…..comunque dovrebbe per lo meno scrivere, che il Turkmenistan nonostante le cose negative che se ne dicano è un paese dove la gente non vive male….vive un boom economico non da poco ed è probabilmente ritenuto una cattiva cosa dalle potenze affamate di potere…..
ah,,,gli ospedali in Ashgabat hanno Tac, pec e apparecchiature di ltima generazione….
Forse dovrebbe farsi un giro in italia….
comunque, concludo, ogni nazione ha il suo sviluppo nel tempo, sparare a zero su una nazione giovane come quella,,,,,non ha senso.
spero sia una risposta ben accetta….e comunque una risposta libera(che ritengo debba essere considerata).
Gent. Lettore
ricordo, tanti anni fa, quando in una tavola rotonda con ragazzi il prete della mia parrocchia commentò il mea culpa di Giovanni Paolo II sui crimini della Chiesa. Il commento fu: “Sì, certo, la Chiesa ha ucciso migliaia di persone, ma il comunismo ne ha uccise milioni”. Compresi, ancorché giovane, che quando non si hanno argomenti per difendere le proprie posizioni si evidenzia la fallacità altrui per mostrare minore la propria colpa. L’Europa, l’Italia e gli Stati Uniti hanno molti limiti dal punto di vista democratico. Le società vivono una progressiva regressione nel benessere e nei diritti. Chi le scrive lavora con un contratto capestro, senza diritti, per meno di mille euro al mese. Mi creda, conosco bene la realtà che lei descrive. Ma nell’articolo ho forse parlato di Italia, Europa e Stati Uniti? No.
Se parlo del Turkmenistan, dove non sono mai andato, e ne parlo a gente che ne sa meno di me (non tutti sono esperti come lei, e questo non vuole essere un giornale per addetti ai lavori) non posso esimermi dal dire che il Turkmenistan è una dittatura (e non ho nemmeno parlato del Libro d’oro!). E che con le dittature i nostri governi “occidentali” fanno volentieri affari in barba alla Cedu e ai diritti umani. Il caso turkmeno cascava a fagiolo: una dittatura, tanto gas, Eni e Gazprom. Soprattutto Eni e Gazprom: poiché attraverso l’energia si controllano gli stati e la sovranità turkmena è a rischio, boom economico o meno, per le generazioni a venire. E perché? Perché un autocrate sta svendendo il futuro della sua gente per l’arricchimento (suo, prima che del paese).
Non sparo a zero. E il concetto di nazione mi è alieno. Ci sono gli stati e c’è chi li governa. Se uno stato ha un caudillo come presidente la colpa non è certo della povera gente. Dire che il caudillo dovrebbe levarsi dai piedi, non mi sembra offensivo per nessuno. Per me la democrazia è qualcosa di buono, da compiersi in Europa come in Turkmenistan. In Europa, come detto, certo ci sono dei limiti ma la democrazia è anche – e soprattutto – la possibilità della democrazia. Questa possibilità in Turkmenistan non c’è. Ma davvero, l’articolo non era sulla democrazia turkmena ma su Eni, il governo Berlusconi e le contraddizioni del cosiddetto occidente. Mi spiace che lei si sia sentito offeso. Ma non è che offendendo il prossimo cambia qualcosa. Saluti
Matteo