Ahmet Dogan, leader del Movimento per i Diritti e le Libertà, partito che rappresenta la minoranza turca, è sfuggito ad un tentativo di omicidio durante un comizio a Sofia.
Un uomo infatti si è avvicinato a Dogan mentre parlava puntandogli contro una pistola, che però non ha sparato. Non è ancora chiaro se l’arma si sia inceppata o se fosse solo un gesto dimostrativo. Secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, l’arma era una pistola a gas, considerata non letale ma, secondo gli esperti, se i colpi vengono esplosi a distanza ravvicinata, possono provocare ferite mortali. L’attentatore risponde al nome di Oktai Enimehmedov, venticinque anni, bulgaro originario della città costiera di Burgas e appartenente alla minoranza turca. Il movente del gesto non è chiaro.
Il tentato assassinio è avvenuto durante la conferenza del partito che rappresenta la minoranza turca in Bulgaria, indetta proprio per eleggere il nuovo leader. Ahmet Dogan è stato a capo del movimento dalla data della sua fondazione, nel 1990, a oggi. Il partito è passato all’opposizione dopo le elezioni del 2009.
Le immagini mandate in onda dalla televisione mostrano gli uomini della sicurezza che, non troppo prontamente, intervengono per neutralizzare l’aggressore, prendendolo poi a pugni e calci mentre è immobilizzato a terra. Dopo l’arresto, la polizia lo ha portato in ospedale e non è chiaro se abbia riportato ferite gravi. Il ministro dell’Interno della Bulgaria, Tsvetan Tsvetanov, ha detto ai giornalisti che l’assalitore aveva precedenti per possesso di droga e rapina. Si sospetta anche una vicinanza al mondo degli hooligans che, in Bulgaria, spesso fornisce manovalanza alla criminalità organizzata.
La minoranza turca in Bulgaria rappresenta circa il 10% della popolazione. La storia e la situazione attuale della minoranza turca rimangono ancora oggi scarsamente studiate, un fatto dovuto al boicottaggio sistematico da parte dei settori accademici bulgari più legati ai regimi, passati e presenti, nei confronti di ogni ricerca storica indipendente, così come alla quasi inesistente produzione culturale della stessa minoranza turca, all’interesse il più delle volte propagandistico degli intellettuali della Turchia e agli ostacoli posti per anni dalle autorità di Sofia a ogni ricerca in tal senso da parte di studiosi esteri.
La minoranza turca in Bulgaria
Al momento della liberazione della Bulgaria dalla dominazione ottomana, nel 1878, musulmani, turchi e pomacchi costituivano più o meno un terzo della popolazione del paese. Secondo le stime, un anno dopo, in seguito a una massiccia emigrazione, il numero di turchi rimasti nel paese era di circa 500.000, mentre quello dei pomacchi era approssimativamente di 100.000, cifre che, nella loro media, sono rimaste costanti fino alla prima guerra mondiale, con un continuo avvicendarsi di emigrazioni e rientri a decenni alterni, dovuto soprattutto alle politiche applicate dallo stato bulgaro.
L’avvento del comunismo in Bulgaria portò a un progressivo irrigidimento delle politiche nei confronti della minoranza turca. Già nel 1947 era stata creata una commissione il cui compito era quello di “diluire” la popolazione turca nel sud del paese, mediante l’espulsione in Turchia o il trasferimento in massa in altre zone del paese, con l’insediamento, nelle zone precedentemente abitate dai turchi, di coloni bulgari. La politica assimilatrice della Bulgaria comunista è terminata solo nel 1989 quando, complice la caduta del regime, la minoranza poté organizzarsi in partito dopo anni di resistenza civile.
Ahmed Dogan venne finalmente rilasciato dal carcere dove era detenuto come prigioniero politico e approfittando del fatto che i maggiori leader turchi erano stati espulsi fondò il Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS), nel giorno stesso della sua liberazione dal carcere, il 22 dicembre 1989. Dogan è riuscito così a organizzare, e monopolizzare, i vari movimenti di resistenza civica dei turchi, e il DPS divenne subito, fin dalle elezioni del 1990, ago della bilancia della politica turca forte del 10% dei consensi.
Il tema del “processo di rinascita” della minoranza turca in Bulgaria rimane ancora oggi un tabù. La mancanza di rilevanti tensioni etniche in Bulgaria non è in alcun modo attribuibile al suo presunto “modello etnico”, di gran lunga più limitativo, nella forma, dei diritti delle minoranze di quanto non lo siano quelli di paesi generalmente ritenuti discriminatori, quali per esempio la Jugoslavia, quanto piuttosto a decenni di sfruttamento e di voluta ghettizzazione sociale e culturale, che hanno reso la minoranza turca frammentata, priva di strumenti di difesa e in larga parte politicamente inattiva. Il problema dei suoi diritti e della ingiustizia sociale ed economica alla quale è sottoposta rimane tuttavia del tutto aperto.