Nel 2013 l’Irci, Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata di Trieste, celebrerà il trentennale dalla sua fondazione, non senza polemiche né difficoltà economiche.
Gli eventi in programma per l’intero anno, insieme all’appuntamento centrale della Giornata del Ricordo del 10 febbraio, saranno molti e itineranti. Da giornate dedicate allo studio della resistenza italiana in Istria, per una ricognizione sui rapporti tra antifascisti italiani e partigiani jugoslavi, a incontri con le comunità italiane e i circoli degli esuli presenti nei maggiori centri di Istria e Quarnero, per discutere di progetti volti a valorizzare la cultura italiana in Istria, dalla creazione di un archivio condiviso di memorie e testimonianze sull’esodo delle popolazioni giuliano-dalmate, alla realizzazione di un museo civico della civiltà istriana. Tuttavia, nonostante il ricco panorama di iniziative, gli umori e le polemiche fuori e dentro l’Istituto, nato dall’unione delle varie associazioni di esuli italiani in Istria, non arrivano a placarsi. Le difficoltà economiche causate dai tagli che lo stato Italiano, uno dei maggiori enti finanziatori dell’Irci, ha messo in atto nel 2012, preoccupano non poco l’organico dell’istituto che quest’anno, oltre che celebrare i suoi primi 30 anni, festeggerà anche l’unificazione del territorio istriano-fiumano-dalmata nell’ambito dell’Unione Europea. Sul dimezzamento dei fondi, gli organi maggiori dell’Irci hanno espresso molte perplessità, lamentando il fatto che da sempre tutte le commissioni e gli incarichi del direttivo sono gratuiti, e che il personale dell’Irci è altamente qualificato e non si è mai reso protagonista di sprechi di denaro, anche perché la diminuzione di contributi finanziari si trascinava ormai da diversi anni. La presidentessa dell’Irci Chiara Vigini ha dichiarato che in questo momento i finanziamenti all’Istituto dovrebbero al contrario essere incrementati, vista la necessità di mettere in atto programmi efficaci per realizzare davvero un’integrazione culturale tra le popolazioni italiane dell’alto Adriatico,e potenziare scambi e dialoghi tra l’Italia e i suoi esuli in Istria, Quarnero e Dalmazia.
Da parte degli esuli che al contrario, non ricoprono cariche all’interno delle varie associazioni sono invece arrivate non poche critiche, sia sulla vicenda dei finanziamenti all’Istituto che sulla “piega politica” che l’Irci avrebbe preso negli ultimi anni. Per quel che riguarda le risorse economiche, le polemiche si concentrano da mesi sulla realizzazione di un vero Museo della Civiltà Istriana; per ora alcune mostre erano state ospitate in altri locali, ma secondo i patti il museo degli istriani dovrebbe essere inserito nella rete civica degli spazi culturali triestini. Non poche sono le critiche arrivate dagli istriani sullo stato di abbandono in cui verserebbe l’Irci stesso, e di conseguenza sui suoi stessi progetti, nonostante le promesse dei rappresentanti. Molti istriani infatti, hanno dichiarato che negli ultimi tempi, le attività dell’Irci sarebbero diminuite e con loro si sarebbero ridotti l’impegno e la costanza : pressoché abbandonata la pubblicazione del periodico dell’istituto (“Istria Fiume Dalmazia: tempi e cultura”), a detta di molti esuli gli avvenimenti promossi dall’Irci sarebbero piuttosto secondari e settoriali, e non contribuirebbero affatto a modificare le condizioni degli italiani in Istria. Oltre alla protesta contro la chiusura dell’Istituto durante il mese di agosto, unico momento in cui secondo molti sarebbe più opportuno restare aperti per i visitatori, c’è polemica anche sullo stato della biblioteca dell’Irci e sulla fruibilità dei suoi fondi, ma soprattutto le critiche si fanno sentire sul mancato aggiornamento dell’istituto in materia di comunicazione. Una comunicazione gestita in maniera vetusta e non regolare, per niente presente sui social network e mal organizzata su internet, avrebbe relegato le attività dell’Irci a rimanere chiuse nelle teche dei vecchi palazzi, fruibili solo da pochi eletti, contribuendo al contrario a renderle sconosciute alle nuove generazioni. Dunque secondo molti istriani, le risorse economiche dell’Irci sono poche e verrebbero anche usate male.
Ma un altro aspetto fonte di accese polemiche è quello politico: parte dell’unione degli istriani non avrebbe visto di buon occhio un’apertura troppo a sinistra degli organi dell’istituto. A tal proposito si era tenuto mesi fa a Trieste un incontro in cui si discuteva del prezzo da pagare per arrivare ad un reale processo di riconciliazione tra esuli italiani e italiani rimasti in Istria. All’Unione istriani non era piaciuta la decisione di coinvolgere lo studioso Franco Ceccotti, presidente del dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia, nel prossimo convegno dedicato storia giuliano-dalmata. Questa decisione è stata contestata da molti in quanto Ceccotti aveva espresso in diverse occasioni vicinanza di pensiero verso un diffuso revisionismo nei confronti dell’attività del TIGR (acronimo di Trieste, Istria, Gorizia, Fiume), organizzazione rivoluzionaria della Venezia Giulia, attiva tra le due guerre mondiali, antifascista e contro la snazionalizzazione di sloveni e croati presenti del territorio isontino. L’Unione istriani ha da sempre definito il TIGR un gruppo terroristico perché protagonista di diverse azioni di propaganda contro il fascismo ma soprattutto di attentati, come quello al giornale fascista “Il popolo di Trieste”, o quello ancor più noto ma mancato, a Benito Mussolini nel 1938. Secondo altri esuli la posizione dell’Irci invece sarebbe stata finora troppo a destra, anche perché troppo accondiscendente nei confronti degli enti che finanziavano la maggior parte delle attività.
L’entità delle polemiche elencate, che spaccano in mille pezzi il già frastagliato panorama della minoranza italiana in Istria, deriva forse, prima ancora che da questioni meramente economiche o di partiti, da una serie di atavici risentimenti che hanno segnato una forte spaccatura e una conseguente dispersione di contatti e intenti tra esuli istriani tornati in Italia prima del 1946 e italiani rimasti in Istria, e i loro relativi discendenti. Questo perché come in molti altri casi le istituzioni di rappresentanza, sia pubbliche che private, difficilmente riescono a far fede al ruolo per il quale sono fondate e operano. L’Irci, come l’Unione Istriani, come l’Unione Italiani, avrebbero come unico scopo quello di mantenere intatta l’identità e l’appartenenza della comunità italiana dell’Istria, senza interferenze ideologiche o di convenienza, non fosse altro per le vite umane che su quegli ideali hanno smesso di pulsare.