di Federico Resler
“Faccia d’Angelo”: così veniva chiamato Felice Maniero, capo della “Mala del Brenta”, l’organizzazione criminale che ha messo a ferro e fuoco il Veneto tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’90. Una vera e propria mafia, capace di unire atti criminali, speculazioni finanziarie e proiezioni internazionali: sotto la guida di Maniero la “Mala del Brenta” rivolge il suo interesse ai Balcani, scossi dalla sanguinosa guerra civile.
La scelta dei criminali veneti cade sulla Croazia: a poche miglia dalle coste veneziane, è governata da Franjo Tudjman, presidente fascistoide e familista. Al suo fianco c’è infatti il figlio Miroslav: messo a capo dei servizi segreti croati, è protagonista di mille intrallazzi e traffici criminali. Ed è soprattutto il contatto privilegiato di Maniero nella repubblica ex jugoslava: stretti da un’amicizia fraterna, i due mettono su un prosperoso commercio d’armi. Lo snodo logistico principale di questa attività di contrabbando è il porto di Chioggia, in provincia di Venezia: relativamente piccolo e al di fuori delle grandi rotte mercantili è l’ideale per fare affari in maniera indisturbata.
Maniero diventa così di casa a Zagabria e dintorni: investe nel settore immobiliare in Istria e richiede la cittadinanza croata. Gli amici balcanici non si dimenticano di lui nemmeno quando viene arrestato e rinchiuso in carcere dalla polizia italiana: voci ben informate affermano che i corpi speciali croati abbiano preso parte, perlomeno dal punto di vista organizzativo, ad una delle rocambolesche evasioni di “Faccia d’Angelo”.
Un romanzo criminale, quello di Maniero e della Croazia di Tudjman, interrotto solo dal definitivo arresto del boss di Campolongo Maggiore e dalla sua conversione a collaboratore di giustizia.