In Albania, identità di genere può assumere un significato straordinario.
Così il National Geographic introduce, in un breve video, la storia delle “sworn virgins” (vergini giurate, burnesha o virgjinesha in albanese), donne albanesi che decidono di vivere come uomini. Si tratta di una decisione legata al genere, inteso come identità sociale, e non alla sessualità. Altrimenti detto, si tratta di donne che decidono di assumere il ruolo sociale degli uomini, ma non quello sessuale.
Hanno fatto voto di castità, e dopo aver fatto giuramento pubblico ottengono il permesso di vivere come uomini. Di vestirsi con abiti maschili e portare una pistola, fumare e bere alcol, fare lavori maschili e diventare il capofamiglia, tutte cose vietate alla donna nella tradizione.
L’origine di questo fenomeno risale al XV secolo, come reazione alle regole imposte dal Kanun – applicato soprattutto nel nord dell’Albania – che prevedevano una famiglia patrilineare (la trasmissione della ricchezza e dell’autorità segue la linea maschile) e patrilocale (è la donna che, quando si sposa, si trasferisce nel villaggio del marito). Non solo vigevano restrizioni molto forti a ciò che una donna poteva fare, ma le famiglie senza presenza maschile erano considerate come dei paria. Di conseguenza, chi per scelta – per raggirare le limitazioni dovute al fatto di essere donna o rifiutare un matrimonio combinato – chi per necessità – quando malattie o faide decimavano tutti gli uomini della famiglia – alcune donne assumevano il ruolo sociale di uomini. Un ruolo sancito dal giuramento di rimanere vergini.
Jill Peters, con le sue fotografie (assolutamente da vedere), si fa testimone delle ultime burnesha nel nord dell’Albania, un centinaio secondo alcune fonti, meno di trenta secondo altre (il fenomeno era in parte diffuso anche altre zone dei Balcani occidentali, dove è ormai scomparso). Una tradizione arcaica, considerata ormai obsoleta, soprattutto per via della maggior indipendenza ottenuta dalle donne nel paese, sebbene la loro condizione in Albania non sia ancora rosea. Le stesse burnesha, che secondo quanto raccontato dalla fotografa sono accettate e rispettate nella comunità e soprattutto non rimpiangono la scelta fatta e i sacrifici, sconsigliano alle giovani donne di fare la stessa scelta. Afferma Pashkà di fronte alle telecamere del National Geographic:
Ai giovani non raccomanderei ciò che ho fatto io. Perché ora la vita è più aperta, la società è più civilizzata, scuole, migliore educazione… ci sono molte opportunità. Ma nel caso in cui vogliano prendere la stessa decisione che presi io, raccomanderei centinaia di volte di pensarci bene, perchè una volta che prendi questa decisione, devi restarci fedele.”
Foto di Matteo Zola
Talvolta nasconde, ipocritamente, le relazioni omosessuali di donne, che, altrimenti, non potrebbero essere accettate. Una tradizione interessante ma anche inquietante. Io avevo raccolto queste testimonianze: http://saamaya.blogspot.it/2010/03/vergini-per-sem pre-un-grido-per-la.html Ciao. Auguri di buone feste
@saamaya Ipocrisia… omosessualità… inquetitudine… mi sembra si stia andando oltre con i giudizi. Oltre il fenomeno antropologico o, meglio, la tradizione culturale oltremodo rispettata. ps: il link è obsoleto. ecco quello corretto: http://saamaya.blogspot.it/2010/03/vergini-per-sempre-un-grido-per-la.html