La coalizione socialista-liberale del premier Victor Ponta vince le elezioni parlamentari col 59% dei consensi, ma un referendum premia le politiche energetiche filoeuropee del presidente moderato Traian Basescu. Sì al premier Ponta contrario allo sviluppo dello sfruttamento del gas non convenzionale, ma anche sì alla continuazione dei progetti per lo studio dello shale gas in Romania.
La Romania dopo le elezioni del 9 dicembre
Nella giornata di domenica 9 dicembre l’Unione Socialista-Liberale e stata confermata alla guida del Governo nelle Elezioni Parlamentari romene. Come riportato dalla AP, la coalizione di maggioranza, guidata dal premier socialista, Victor Ponta, ha ottenuto il 59% dei consensi sullo schieramento moderato del presidente, Traian Basescu, fermo al 39%. Secondo i commentatori, ad essere premiato è stato il rilancio dell’economia voluto da Ponta tramite il blocco al taglio delle pensioni. Di pari passo, la coalizione socialista-liberale ha aumentato l’IVA al 24%, facendo della Romania il paese con la più alta imposta per il valore aggiunto.
Nonostante la schiacciante maggioranza, Ponta potrebbe non governare il Paese. Da un lato, la coalizione che lo sostiene è composta anche dai nazionalisti e dalla minoranza ungherese, che si sono presentati alle urne con programmi contrapposti. D’altro canto, il presidente Basescu ha dichiarato la volontà di non nominare Ponta alla guida del Governo per una seconda volta. Il leader socialista è stato nominato alla guida del governo dal presidente Basescu nel 2012 per traghettare il Paese alle nuove elezioni parlamentari dopo la caduta degli esecutivi moderati, puniti per le misure di austerità anti-crisi. Una volta preso il potere, Ponta, fortemente criticato dall’Unione Europea per tendenza all’autoritarismo, ha avviato una riforma costituzionale per limitare i poteri del presidente ed aumentare quelli del premier, e ha indetto un referendum, poi fallito, per dimissionare Basescu.
Verso una maggiore dipendenza energetica da Mosca
Oltre che sul piano politico, il contrasto tra Ponta e Basescu riguarda anche l’energia. Basescu ha avviato e sostenuto convintamente lo sfruttamento dei giacimenti di gas in territorio romeno per diminuire la dipendenza dalle forniture della Russia. Per diversificare le forniture di gas per per la sua nazione e per l’Europa, il Capo di Stato ha inoltre supportato lo sfruttamento dello shale: gas ubicato in rocce porose a bassa profondità, estraibile mediante sofisticate tecniche di fracking ad oggi attuate con successo solo in Nordamerica.
Ponta ha sostenuto la necessità di negoziare con il monopolista statale russo, Gazprom, l’aumento delle forniture di gas naturale dalla Russia, nonostante tale mossa incrementi la dipendenza di Bucarest dai rifornimenti del Cremlino. Cavalcando l’onda ecologista, che spesso è finanziata dalla stessa Gazprom per contrastare l’adozione di politiche che possano diminuire la dipendenza dell’Europa da Mosca, Ponta ha anche posto una moratoria sullo shale, di cui ha dichiarato di essere scettico per via dell’impatto ambientale generato dalle tecniche di fracking.
Nonostante la vittoria sul piano politico, la posizione in ambito energetico di Ponta è stata contrastata dalla stessa volontà popolare. Un referendum sullo sfruttamento del gas shale in Romania non ha raggiunto il quorum necessario per essere considerato valido. Come riportato da Gazeta Wyborcza, la consultazione popolare è stata organizzata presso alcune località situate nei pressi dei giacimenti di gas shale che il colosso USA Chevron ha ottenuto il diritto di sfruttare. Formalmente, Il fallimento del referendum consente la continuazione dello sfruttamento dello shale, ma la nomina di Ponta alla guida del governo potrebbe portare l’esecutivo a confermare la moratoria sul gas non convenzionale, e a reiterare lo scontro politico con il capo dello stato.