Per un centenario non ci si fa mancare niente. Nel caso dell’Albania, è una bella polemica. Dopo il giorno delle celebrazioni – condite da una torta da 18 tonnellate cucinata in strada a Tirana e distribuita ai passanti – sono arrivate le dichiarazioni del premier Sali Berisha. Berisha, riferendosi al contesto storico del 1912, ha parlato di “terre albanesi” per quei territori che si estendono “da Prevez [in Grecia] a Presevo [in Serbia], da Skopje [in Macedonia] a Podgorica [in Montenegro]”. Il ministro degli esteri greco Avramopoulos, in risposta, ha cancellato la visita a Tirana, presto seguito dal presidente macedone Ivanov.
Berisha ha rincarato la dose nei giorni successivi, quando a seguito di una riunione del governo a Valona, per celebrare la dichiarazione d’indipendenza, ha lanciato la passportisatsija shqipetara: “Vogliamo informare gli albanesi che il nostro governo sta pensando una legge per conferire la cittadinanza a tutti gli albanesi, ovunque essi vivano.” “Il nostro desiderio e di vedere tutti gli albanesi sparsi in diversi stati, uniti all’interno dei confini dell’Unione europea”. Dichiarazioni che, in primis, prescindono dalla distinzione tra cittadinanza, basata sulla lealtà alle strutture dello stato, e nazionalità su criteri etno-culturali. E che, necessariamente, hanno messo di nuovo sul chi vive i rappresentanti degli stati vicini, Macedonia e Grecia in primis.
Il motivo di tale irritazione non riguarda tanto questioni di integrità territoriale, anche se questa è stata la prima reazione dei paesi vicini. I confini attuali, per quanto ancora contestati da qualche sparuto gruppo, sono ormai acquisiti, e la Grande Albania sembra un’idea grottesca, visti i problemi odierni dell’Albania stessa. Piuttosto, il rischio è di indebolire la difficile identificazione e lealtà tra minoranze albanofone e strutture statali; una questione che colpisce profondamente la Macedonia, dove il 20% di cittadini della minoranza albanofona sembra sempre più ritirarsi dalle strutture statali e dalla partecipazione al dibattito democratico, lasciando peraltro il campo libero, a Skopje, al nazionalismo vetero-macedone.
I primi a correre a farsi un passaporto albanese (se non l’hanno già) sarebbero certo i cittadini del Kosovo, ultimo territorio dei Balcani occidentali ad essere soggetto al regime dei visti per l’ingresso nei paesi Schengen dell’Unione Europea. La mossa complicherebbe le relazioni tra Pristina e Bruxelles, che non la vedrebbe bene. L’Albania ha una domanda di adesione all’UE ancora in sospeso dal 2009, dopo che per due anni Commissione e Consiglio UE hanno rifiutato di prenderla in considerazione per mancanza di rispetto dei criteri politici di Copenhagen. Se veramente la passportisatsija venisse messa in atto, l’Albania potrebbe perfino rischiare di finire di nuovo soggetta ai visti europei. Il processo di liberalizzazione dei visti, infatti, prevede che l’Albania si impegni a non concedere facilmente passaporti a cittadini di stati terzi. Infine, la proposta di Berisha avrebbe un’effetto destabilizzante anche sui colloqui Serbia-Kosovo, che procedono con inaspettata continuità dopo il cambio di governo a Belgrado, e dare fastidio allo stesso governo di Pristina, che punta sull’indipendenza anziché sull’integrazione con Tirana.
Ma Berisha è da prendere sul serio? Altri politici albanesi, come Ditmir Bushati, socialista e presidente della Commissione parlamentare sull’integrazione europea, hanno definito le dichiarazioni di Berisha “anacronistico nazionalismo”. E’ probabile che la boutade di Berisha resti tale e non si traduca in legislazione. Il nido di vespe sollevato dovrebbe tuttavia spronare la riflessione sul legame tra cittadinanza e nazionalità, nei Balcani, e su quanto lo state-building sia ancora troppo spesso inteso come la costruzione di stati-nazione basati su una nazionalità “titolare”.
http://balkan-crew.blogspot.it/2010/02/attentato-contro-un-poliziotto-albanese.html
a presevo gli albanesi che sono amici dei serbi li ammazzano !
Belgrado, 15 feb. (Apcom-Nuova Europa) – Sono molto preoccupanti le condizioni di Blerim Mustafa, l’agente della Polizia serba, ma di etnia albanese, rimasto gravemente ferito nell’esplosione della sua autovettura, ieri sera a Bujanovac, città a maggioranza albanese della Serbia meridionale, al confine con il Kosovo. La bomba è esplosa non appena Mustafa e sua moglie sono saliti nella loro macchina, nel pieno centro della cittadina, ad un passo dalla sede del municipio: la donna e altre due ragazze di passaggio sono rimaste ferite in modo lieve.
Secondo gli ultimi aggiornamenti dell’agenzia Tanjug, il direttore della Polizia serba (Mup), Milora Velijovic, è appena arrivato a Bujanovac per occuparsi personalmente di quello che “in base a molte indicazioni è stato un attacco terroristico”, come ha dichiarato il ministro dell’Interno serbo, Ivica Dacic, anche alla luce del fatto che le vittime designate dell’esplosione “non erano solo agenti Mup, ma anche cittadini civili”.
Non e da preoccuparsi,e non da prendere sul serio in tutto questo che dice Berisha.
Lasciamo perdere tutto queste cose che dice Berisha.
Berisha e un ”pseudo nazionalista” malato di mente,lo fa solo per elettorato. E l’unico politico albanese che ha lavorato in ”oscurità” verso il Kosovo e le altre minoranze albanesi in Macedonia,Monte Negro e in Grecia come anche in Serbia,
Albania vera e un altra cosa.Mi dispiace molto per quando scrive la signora sopra,per questo che e successo l’ agente di polizia di etnia albanese,speriamo che e un caso isolato,auguro e desidero convivenza civile tra serbi e albanesi.