di Federico Resler
“Il Montenegro sono io”: così si può riassumere la personalità di Milo Djukanovic, attuale Primo Ministro del piccolo Stato balcanico. Al potere da circa vent’anni, Djukanovic inizia la sua storia politica alla fine degli anni ’80: uscito dall’università dove si è formato come economista, viene notato dalla nuova leadership riformista montenegrina, composta da esponenti “liberali” della Lega dei Comunisti, poi mutata in Partito Democratico Socialista (DPS).
In breve tempo Djukanovic diviene “braccio destro” e Primo Ministro di Momir Bulatovic, presidente montenegrino. Entrambi sono favorevoli all’unione con la Serbia in un unico Stato federale, ma nel giro di qualche anno Djukanovic si allontana da Bulatovic, lo emargina dalla vita politica e si converte alla causa dell’indipendenza montenegrina: durante la guerra in ex Jugoslavia appoggia le potenze occidentali e dà rifugio agli oppositori di Milosevic. Inoltre Djukanovic, eletto nel frattempo presidente, cerca di democratizzare le istituzioni e di aprire il mercato al liberismo.
In cambio di tutto ciò la comunità internazionale chiude un occhio sul contrabbando di sigarette che lo vede protagonista e sui suoi rapporti con la criminalità organizzata, sempre smentiti dal diretto interessato. Nel periodo del conflitto jugoslavo, il Montenegro (Crna Gora in lingua slava) si tramuta infatti in una piattaforma logistica privilegiata per i traffici illeciti nell’Adriatico. Associazioni criminali come la Camorra e la Sacra Corona Unita lo eleggono a patria d’adozione, godendo di assoluta impunità. Per queste “relazioni pericolose”, Djukanovic viene indagato dalla Procura di Napoli e da quella di Bari con l’accusa di contrabbando internazionale.
L’influenza di Milo si fa sentire in ogni grado della società montenegrina: familiari ed amici vengono collocati in posti chiave. Il fratello di Djukanovic, Aco, assume addirittura l’incarico di presidente della principale banca di investimenti di Podgorica.
Nell’organizzazione del potere ideata da Djukanovic ha un ruolo importantissimo il DPS, maggior partito di governo. Falsamente ispirato ai valori della socialdemocrazia europea, il DPS ha prima di tutto una funzione di controllo sociale: intimidazioni e pressioni nei confronti di oppositori politici, intellettuali, funzionari pubblici e giornalisti sono all’ordine del giorno. Un esempio in questo senso è il caso del Dott. Milan Popovic, professore presso la facoltà di Legge dell’Università di Podgorica, incriminato il 27 Febbraio 2009 dal Procuratore Generale del Montenegro per aver espresso dubbi sulla legalità dell’azione del governo.
Il sogno di Djukanovic è quello di trasformare il Montenegro in una “Montecarlo dell’Adriatico”, ma il cammino intrapreso sembra più simile ad una “democratura” in stile putiniano.
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