di Giovanni Catelli
Yurij Andruchovyc è uno scrittore ucraino, precisamente di Ivano-Frankivsk, Ucraina occidentale, quella parte del Paese tradizionalmente orientata verso la mitteleuropa, a poche leghe da Tarnopil e da Leopoli, da Bucovina e Galizia, dove si muovono i personaggi di Roth e Rezzori, regioni letterariamente felici, eternamente di confine, tra gli imperi austro-ungarico e russo : da questo terreno fertile, dove la storia ha imperversato con violenza nel corso del Novecento, non potevano che nascere, sotto la cappa sempre meno opprimente dell’impero sovietico in disgregazione, voci suggestive, capaci di rendere al lettore occidentale l’atmosfera peculiare di quegli anni e di quei microcosmi, ove una cultura originale tentava sino a riuscirci di sfuggire anche linguisticamente a una dominazione ormai insostenibile. Andruchovyc, poeta e romanziere dei più significativi, molto amato in patria e apprezzato particolarmente in Germania, dove soggiorna a lungo, ci dona con il suo “Moscoviade” il ritratto dettagliato e sincero di un ostello per scrittori a Mosca, al tramonto dell’impero.
Dalle piccole vessazioni quotidiane che assillano i giovani scrittori, sino alle scene da grand-guignol in cui si dibattono i custodi del potere ormai vacillante, la scrittura dell’autore alterna esatta precisione nel descrivere la crudele quotidianità sovietica, e potenza visionaria nel rappresentare la boria e il delirio d’onnipotenza di un apparato già agonizzante, eppure ancora minaccioso. Queste pagine ci donano con immediatezza la realtà e il fascino delle epoche di transizione, ci fanno comprendere come nelle singole azioni d’ogni giorno il grande impero fosse spacciato, e fallito il suo tentativo di riunire e rappresentare culture eterogenee : ci confermano nella speranza che nazioni e culture come quella ucraina possano trovare ora, dopo la conquistata indipendenza politica, nuove linfe e fioriture.