Un omicidio che rischia di fare molte più vittime, tra cui diversi rapporti diplomatici, di quante ce ne siano effetivamente state. In sostanza è questo il senso di quanto sta avvenendo a seguito della sentenza con cui l’Ungheria ha estradato Ramil Safarov, tema gia’ trattato da East Journal. La vicenda sta assumendo contorni dai risvolti sempre maggiori e sta creando non poche tensioni nell’area caucasica.
L’Armenia, come sappiamo, ha già rotto i rapporti diplomatici con Budapest ma nuove notizie giungono da Baku dove è in corso il vertice della Comunità degli Stati Indipendenti. La presidenza della seduta, che avviene per rotazione, era prevista essere detenuta proprio dalla stessa Armenia, che, come protesta verso l’estradizione ungherese, non si è presentata. A scatenare il maremoto diplomatico è stato il gesto armeno di cedere la presidenza alla Russia, facendo infuriare l’Azerbaijan che, tramite canali ufficiali, ha fatto sapere come le regole interne dell’organizzazione prevedano, in caso di rinuncia, che la presidenza venga ceduta al paese che segue in ordine alfabetico, in questo caso proprio l’Azerbaijan.
La decisione ungherese quindi crea nuovi grattacapi a Mosca, i cui rapporti con l’Azerbaijan sono sempre piu’ tesi per il sostegno russo all’Armenia, che proprio nei giorni scorsi aveva dichiarato di volersi dedicare alla costruzione, con Bielorussia e Kazakistan, di un Parlamento euroasiatico, proseguendo di fatto il progetto inziato con l’Unione Doganale tra questi paesi. Russia che comunque registra un grande successo a seguito della firma degli accordi energetici con la Bulgaria, per i quali si rimanda ad un ulteriore articolo di East Journal,
Quello energetico è un tema dove le distanze con l’Azerbaijan sono sempre maggiori, a seguito dell’orientamento azero verso il mercato europeo per la vendita di gas e petrolio. Proprio in questo periodo infatti e’ fissato un incontro in Turkmenistan con emissari turchi, azeri ed il Commissario all’energia europeo Ottinger avente come obiettivo l’allargamento del gasdotto TANAP (Trans Anatolian Pipeline) al Turkmenistan. Incontro al quale la Russia guarda con meno preoccupazione dopo il raggiungimento degli accordi con Sofia, e le dichiarazioni greche di sostegno alla TAP (Trans Adriatic Pipeline).
Una regione quindi sempre più in fermento esulla quale la decisione ungherese piove come benzina sul fuoco, rendendo ancora più instabile il futuro del Caucaso. Armenia e Azerbaijan sono infatti oltre i ferri corti, Mosca è sempre più presente e le risorse caucasiche sono vitali per un Unione Europea che vede i propri progetti energetici, leggasi Nabucco, sempre più deboli. E che inoltre dovrà affidarsi sempre piu’ alla mediazione turca ed agli interessi azeri. Non e’ forse un caso che proprio contemporaneamente ai fatti sopra descritti la Romania, sempre piu’ a rischio di ”accerchiamento” russo, abbia prontamente dichiarato la propria fedeltà al progetto energetico occidentale del Corridoio Sud; Romania che è inoltre uno dei partner piu’ attivi della Georgia, altro paese in odore di isolamento.
La decisione ungherese di estradare Safarov, poi graziato in patria, rischia di rivelarsi una vera e propria miccia che potrebbe innescare il detonatore armeno e far scoppiare la bomba caucasica.