Il 4 agosto, la Commissione europea ha annunciato lo stanziamento di 94 milioni di euro destinati allo sviluppo del sistema di giustizia, sviluppo ed educazione in Moldavia. Si cerca di incoraggiare così gli sforzi del governo in materia di diritti umani e non solo, in un momento in cui il paese, affrancatosi da anni di reggenza comunista, cerca di svoltare e di uscire dalla crisi con il filo-occidentale e decisamente pro-europeo capo di stato Nicolae Timofti. Ha portato i suoi frutti la legge anti-discriminazione, invocata anche a tutela della comunità LGBT, approvata a maggio tra le tante recriminazioni della Chiesa ortodossa.
In gioco era il superamento della prima fase del Piano d’azione per l’esenzione dall’obbligo di visto nell’area Schengen. E la possibilità di firmare con Bruxelles un Accordo di Associazione. “Abbiamo apprezzato molto gli sforzi delle autorità moldave nell’adottare leggi importanti come quella sull’uguaglianza e quella contro la corruzione. Ci rendiamo conto che la messa in atto di tutte le normative adottate nella prima fase del Piano d’azione è un obiettivo spaventoso per la Moldavia. Sarete però contenti di sapere che il governo moldavo ha già avviato le misure previste dalla seconda fase del Piano. L’Europa lo sta sostenendo con una sostanziale assistenza tecnica e finanziaria”. Così, l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Catherine Ashton, e il Commissario agli Affari Interni, Cecilia Malmstroem, in una lettera alla Coalition for the European continent undivided by visa barriers.
Non si fa riferimento alle lacune di alcuni provvedimenti, come quelle della disposizione in materia di orientamento sessuale che è stata limitata al solo mercato del lavoro. Ma si ribadisce: “Stiamo continuando ad attenerci ai principi sanciti nella dichiarazione del Summit di Varsavia, mantenendo un approccio basato sui meriti e sul principio del more for more. Insomma, niente bastone, solo la carota, per attirare la Moldavia verso gli standard europei. Del resto, si tratta pur sempre di una repubblica che appartiene alla Comunità energetica europea, il cui gas è ora conteso tra la Russia e l’Europa, preoccupata dal tentativo di Mosca di bloccare l’accesso ai giacimenti di gas azeri e turkmeni.
Sul piatto, la Transnistria, dichiaratasi indipendente dalla Moldavia in seguito alla dissoluzione dell’Urss e riconosciuta dalla comunità internazionale e dall’Europa soltanto come eventuale entità dotata di autonomia. Fino ad oggi, Mosca ne ha invece appoggiato le aspirazioni separatiste, così come ha fatto con la Repubblica autoproclamatasi indipendente di Abkhazia, nel Sud del Caucaso, continuando a mantenere un contingente militare in Transnistria. Gli orientamenti e gli interessi del Cremlino sembrerebbero però maturi per un repentino cambiamento e Mosca sembra pronta ad aprirsi a Chisinau, voltando le spalle a Tiraspol e al neoeletto Yevgeny Shevchuk.
L’Unione Europea, dunque, dovrebbe incrementare i rapporti con la Moldavia, prima che Mosca ne scalzi gli interessi e si presenti come alternativa. Per ora, la politica del merito sembra funzionare, anche se bisognerà stare a vedere come verranno rispettati e attuati concretamente sul campo i provvedimenti presi dal governo moldavo. L’obiettivo della Deep and comprehensive free trade area (DCFTA), una zona di libero scambio sul piano globale, fa da motore trainante e motiva la piccola Repubblica. Del resto, il presidente, subito dopo la sua elezione, aveva dichiarato: “L’orientamento europeo della Moldavia deve essere una priorità. Questa è stata la politica del Paese negli ultimi anni e deve continuare”. Ma Chisinau potrebbe stancarsi di “lesinare” e volgersi ad alternative più semplici, nel caso di un’apertura di Mosca.
I novantaquattro milioni di euro riservati alla Moldavia potrebbero però, sotto questo punto di vista, essere un ottimo investimento per l’Unione. Ma rimane prioritaria la costruzione di un sistema giudiziario indipendente, trasparente e professionale, in grado di contribuire efficacemente alla formazione di uno stato di diritto e alla tutela dei diritti umani. E non solo: anche la riduzione delle disparità economiche e sociali tra le regioni, il ripristino e il sostegno alla riforma dell’istruzione e della formazione professionale, la costruzione di un sistema che possa stare al passo con i ritmi dell’economia e delle esigenze del mercato.