Il recente viaggio del Segretario di Stato Americano Hillary Clinton nel cosiddetto “orto di casa Russo” è apparso per alcuni versi alquanto singolare.
La politica dell’Amministrazione Obama nell’area è stata sin dall’inizio improntata ad un sano realismo : dopo gli eccessi avventuristi dell’era Bush, con l’appoggio a suon di dollari alle rivoluzioni colorate, il tentativo di installare uno scudo spaziale in Polonia e Repubblica Ceca, e l’incoraggiamento alla Georgia nel tentare il folle attacco estivo all’Ossezia del Sud, si sono cercati un avvicinamento e una distensione con Mosca, prendendo coscienza che sarebbe stato pericoloso cercare di allargare la propria influenza su zone considerate, giustamente, intoccabili dalla Russia, per evidenti ragioni storiche e geografiche (si veda il caso dell’Ucraina), o comunque per un radicato sentimento “sovietico” in base al quale i paesi del Caucaso e dell’Asia Centrale appartengano naturalmente alla sfera d’influenza russa. Gli eventi dell’ultimo periodo, poi, in alcuni dei Paesi citati, hanno contribuito ad allentare la tensione, riconducendo i governi ad atteggiamenti più concilianti verso Mosca: in Ucraina il nuovo Presidente filo-russo Yanukovich ha nettamente modificato il precedente atteggiamento del predecessore filo-americano Yushenko, firmando già un accordo per il prolungamento dell’affitto alla Russia della base navale di Sebastopoli sino al 2047 (e anche qui appaiono ridicoli e quasi comici gli stupori di analisti e commentatori occidentali: quasi non sapessero che la Crimea è regione solidamente e sentitamente russa, capitata per una distrazione della storia a far parte dell’Ucraina, e di tale importanza geo-politica e militare che mai la Russia rinuncerà a tenervi una solida base); in Polonia, l’atmosfera politica si è depurata dalla pesantissima influenza dei gemelli Kaczynski (prima elettoralmente che a causa della nota tragedia aerea) e il sentimento nazionale appare, pur con le antiche paure, più aperto verso la grande vicina; in Georgia il Presidente Saakashvili ha avuto il suo daffare a conservare stabile il proprio potere, dopo lo schiaffo ricevuto nell’attacco a Tskhinvali, capitale dell’Ossezia del Sud contesa alla Russia, che è costato al Paese il contrattacco nemico, con parziale occupazione del proprio territorio.
Forse questo viaggio della Clinton è servito, salvo che si siano tenuti colloqui riservati da non divulgare, a mostrare che l’America, pur nel basso profilo assunto, e consapevole che certi sforzi muscolari siano ormai impraticabili, non rinunci del tutto a far valere i propri interessi nella regione : concretamente, al di fuori delle formule di sostegno alla Georgia, ultimo vero bastione per ora mantenuto dagli americani nell’area, e della comica disponibilità ad accogliere, ora, l’Ucraina nella Nato, la sola reale iniziativa appare l’accordo con la Polonia per un ridotto scudo spaziale difensivo, che servirebbe a proteggere da eventuali attacchi missilistici iraniani. Abbastanza poco, in verità, e comunque sufficiente a provocare irritazione a Mosca, che certo non vede di buon occhio neppure questa versione edulcorata di scudo spaziale in terra polacca.
Sarà ora interessante capire, guardando più a est, in Asia Centrale, il destino del Kirgizistan, e della sua base aerea americana di Manas: le lotte tra le varie fazioni che hanno contribuito alla caduta del Presidente Bakiyev e alla sua sostituzione con Roza Otunbaeva, potrebbero avere ragioni più lontane, ed essere legate proprio al mantenimento o meno di questa importante base: il tempo e le circostanze mostreranno probabilmente il reale grado di influenza esterna nelle vicende kirghise.
Un commento
Pingback: Tweets that mention Chi coltiva l’orto di casa. Considerazioni sul viaggio a Est di Hillary Clinton « EaST Journal -- Topsy.com