La storia ci insegna che i friulani sono un popolo a forte vocazione migratoria, ieri come oggi, e soprattutto che qualcuno di essi sceglie di vivere fuori dagli schemi, ammesso che ve ne siano. Per East Journal una intervista esclusiva al fotografo Marco Pighin, sanvitese di nascita che da diversi anni vive a Krasnojarsk, nel cuore della taiga siberiana.
Da cosa nasce la tua passione per la fotografia e come questa passione si è trasformata in un lavoro?
La fotografia non è solo una passione per me, è qualcosa di più. La fotografia è lo strumento che uso per conoscere il mondo, per confrontarmi con esso, per capire e comprendere il suo mistero e me stesso. La macchina fotografica mi permette di colmare quella distanza illusoria che c’è fra me e il mondo, attraverso quell’atto creativo e dialettico che è il fotografare. E’ diventato un lavoro perché non riesco e non posso separare la mia vita interiore da quella esteriore e non potrei mai vivere la mia vita interiore solo nei weekend. Preferirei morire piuttosto che avere degli hobby.
Quando hai cominciato a indagare le realtà sociali dell’Europa Orientale?
L’Europa Orientale e il mondo slavo li ho sempre avuti davanti agli occhi, fin da bambino, in quanto sono nato a ridosso del confine orientale, ma ho sentito il profondo interesse di conoscerli a fondo verso il 2003 quando ho capito perfettamente cosa volevo fare con la fotografia. All’inizio non era proprio la Russia che mi interessava ma più in generale l’Est europeo; ciò che mi affascinava e mi affascina tutt’ora era il fatto di vedere un mondo più semplice, più sano, una parte di Europa o di Eurasia che non aveva conosciuto il consumismo e non aveva dato espressione a quel mondo orripilante e schifosamente ipocrita che è la società borghese.
Da qualche anno ti dedichi ad un tema molto specifico in Siberia, di che si tratta?
Sono affascinato, profondamente innamorato e ossessionato dall’anima e dallo spirito russo, e la Siberia è il posto dove oggi si può trovare la vera Russia. Il popolo russo e la peculiarità della sua anima si è formata dal fatto che i russi si sono sempre confrontati con l’infinità degli spazi che hanno abitato, se l’anima russa è profonda è perché ha dialogato per secoli con l’infinito che si è trovata davanti. Alla geografia fisica corrisponde sempre una geografia dell’anima. Quindi per me la Siberia non è solo uno spazio geografico, ma è sopratutto uno spazio metafisico nel quale contemplare l’anima più profonda al mondo. Pochi popoli hanno aspirato all’assoluto e alla giustizia come lo ha fatto il popolo russo ed è proprio per questo, a mio avviso, che alla Russia e ai suoi grandi spazi è stato affidato il compito di traghettare l’umanità moderna verso il futuro e verso un’umanità nuova.
Com’è la vita di un friulano che si occupa di fotografia in Russia?
Vivo nel sud della Siberia centrale, in un piccolo villaggio nel cuore della taiga non lontano dal confine con la Mongolia. Molti miei amici in Italia credono che io sia venuto qui per scappare dal mondo, ma il mondo è tante cose, io ho solamente detto no ad un certo tipo di mondo. Assieme a degli amici abbiamo costruito la mia piccola casa in cedro rosso, quanta metri quadri di bellezza e frugalità. Mia moglie Sveta coltiva l’orto in estate e ci nutriamo con esso, mentre io alterno ai miei viaggi e al mio lavoro fotografico il lavoro fisico e manuale. Sono un contadino fotografo e il mio modo di vivere è un atto di rivolta contro la modernità: cerco di vivere eticamente e non comodamente…. poi sai trovo meraviglioso l’uscire al mattino in inverno a -40° con l’ascia e due secchi e andare giù al fiume, fare un buco nel ghiaccio e caricare l’acqua che ci serve, penso che non esista lusso più grande del saper godere di poco.
Stai lavorando attualmente a nuovi progetti fotografici?
Sì, lavoro sempre su più progetti, e lavoro sempre su progetti lunghi e approfonditi. Il più grande nemico della fotografia è la fretta e la superficialità. Attualmente sono molto preso dal mio progetto sul lago Baikal, con un gruppo di amici stiamo lavorando alla produzione di un film documentario con il quale cercherò di dire tutto quello che non sono riuscito a dire attraverso le foto, inizieremo le riprese quest’estate. Tra un pò inizierò un’altro progetto fotografico questa volta sul fiume Yenisei, sempre l’acqua perché essa è il simbolo della vita. Ma la cosa che mi preme di più è voler raccontare attraverso tutte queste storie la Russia da dentro. Gli occidentali non sanno niente della Russia, causa i sempre presenti pregiudizi che abbiamo nei confronti di questo grande popolo. Trovo alquanto imbarazzante il pensiero unico onnipresente su tutti i media che vede la Russia come un paese retrogrado e una minaccia per l’Europa, la Russia in verità è la salvezza per l’Europa, solo che nessuno vuole capirlo. Molto più semplice credere alle menzogne mass mediatiche create ad hoc, alla bontà delle rivoluzioni “democratiche” colorate e all’ufficio stampa del dipartimento di stato americano. Se vogliamo capire la Russia, dovremmo iniziare ad ascoltarla veramente, sarebbe di grande aiuto sopratutto a noi stessi, e mi sembra che l’Europa di oggi, schiava dell’atlantismo ne abbia un’urgente bisogno.
Dove si possono apprezzare i tuoi lavori?
Ho un sito web dove pubblico i miei lavori, www.marcopighin.com. A metà settembre parteciperò con un lavoro sul quale sto lavorando da un pezzo ad una mostra multimediale a Pordenone, questa mostra, curata dal professor Angelo Floramo, ripercorre la storia di quelle centiaia di scalpellini friulani che all’inizio del ‘900 andarono a costruire la transiberiana. Parteciperò a tale progetto con un documentario sulla vita della famiglia Rugo e con dei lavori fotografici sulla Siberia di oggi. Sarà un’esposizione molto bella e approfondita e invito chiunque sia nella zona ad andare a vederla.
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Marco Pighin è rappresentato da Agency Luz Milano e Agency Photographer.ru Moscow.
Potete scrivergli a: [email protected]