I pomacchi (lingua bulgara: pomaci) o musulmani bulgari localmente detti anche ahrjani, sono genti slave praticanti l’Islam. La loro origine sarebbe oscura, con tutta probabilità si tratterebbe di bulgari cristiani convertitisi alla religione musulmana nei secoli del dominio ottomano nei Balcani. I pomacchi vivono per lo più in Bulgaria, anche se si trovano delle consistenti minoranze in Grecia e Turchia. In alcuni casi, il termine “pomacchi” è usato per indicare un’altra popolazione, quella dei torbesh, presente in Macedonia.
Poco si conosce della conversione dei pomacchi all’Islam. Si ritiene sia stato un processo graduale, protrattosi in epoche diverse. Una prima ondata di conversione dovette occorrere nella seconda metà del XIII secolo, quando i turchi conquistarono la Bulgaria: si ha infatti notizia di numerosi proprietari terrieri passati all’Islam al fine di mantenere il possesso delle loro terre. Altre conversioni si ebbero sotto il sultano Selim II nel 1512. L’ondata maggiore si ebbe però nel XVII secolo, quando gli abitanti dei monti Rodopi passarono in massa dal Cristianesimo all’Islam. La comunità pomacca aumentò nel corso del XVIII secolo mentre, con tutta probabilità, le ultime conversioni si verificarono all’inizio del XIX secolo.
L’origine del nome “pomacchi” è incerta. Secondo molti studiosi bulgari, il termine deriverebbe dal bulgaro pomagač, cioè “aiutante“, ovvero truppe ausiliarie dell’esercito ottomano, oppure da pomohamedančeni vale a dire “islamizzati”. Quanto al termine ahjani, che i pomacchi un tempo utilizzavano per designare se stessi, deriverebbe dall’antico slavonico religioso agarjani, ossia “infedeli“, oppure dalla confraternita islamica dell’Ahi, molto diffusa nei Rodopi durante l’epoca ottomana. Altre interpretazioni fanno derivare il termine da po măka cioè “attraverso il dolore“, in riferimento ad una conversione forzata all’Islam, oppure da poturnjak, vale a dire “persona resa turca“.
Fino all’inizio del XX secolo, tutti gli storici erano concordi nell’affermare che i pomacchi furono convertiti con la forza. Attualmente, gli studiosi sono maggiormente divisi: considerando infatti che raramente gli ottomani presero delle misure drastiche per convertire i popoli conquistati, si ipotizza che i pomacchi siano diventati musulmani spontaneamente, per ragioni di opportunità politica ed economica. Ufficialmente, gli storiografi bulgari sostengono che la conversione fu forzata e le resistenze del popolo bulgaro furono decise: sarebbe questo un modo per mantenere intatta l’idea secondo cui l’intero popolo bulgaro fu unito nel combattere l’oppressore turco. In tal modo, la “bulgarità” (bălgarština) dei pomacchi sarebbe rimasta intatta, per cui sarebbe meglio parlare di “bulgari musulmani”. Un esempio di questo tipo ci è fornito dallo storico Andrej Pechilkov che nel 1989 affermò che, dopo aver adottato l’Islam perché costretti, i pomacchi riuscirono a confermare la loro identità etnica e la loro lingua.
L’identità pomacca sembra ben lontano dal rigore, islamico o bulgaro, tanto caro agli storici del secolo scorso. Una testimonianza di questa identità liquida -propria di tutti i popoli, specie nei Balcani- è la festa di Ederles. Il 6 giugno delo calendario giuliano infatti si festeggia, in tutti i Balcani occidentali, il “giorno di San Giorgio” -anche detto Đurđevdan.
Il Đurđevdan viene osservato dai Serbi della diaspora in tutto il mondo, ma le celebrazioni maggiori hanno luogo ovviamente in Serbia e in Montenegro. Viene anche festeggiata presso i Gorani nel sud del Kosovo, pur essendo questa un’etnia di religione musulmana.
Foto: I pomacchi durante i festeggiamenti per Ederles
Inoltre, è una festa molto sentita presso i Rom balcanici, a prescindere dalla fede religiosa. In lingua romani prende il nome di Ederlezi. Presso i Rom yugoslavi la feste viene salutata come l’inizio della primavera piuttosto che come una celebrazione religiosa. Ne esiste una versione cattolica, chiamata Jurievo, in Croazia dove cade il 23 aprile del calendario gregoriano. Il fatto che anche i pomacchi -slavi musulmani- festeggino tale ricorrenza conferma quanto indefinibile sia il concetto di confine -etnico, identitario, nazionale- nella penisola balcanica.
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Foto: da Razkritia.com e Klix.ba
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