CAUCASO: Georgia e Armenia, Hillary sfida il Cremlino

di Matteo Zola

Washington sostiene totalmente l’integrità territoriale della Georgia, e rifiuta l’esistenza di sfere di influenza russe. A Tiblisi, il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha voluto rassicurare il presidente Mikahil Saakashvili, in seguito al riavvicinamento tra Stati Uniti e Russia attraverso la politica del reset:  “Continueremo a chiedere alla Russia di rispettare il cessate-il-fuoco dell’agosto 2008 firmato dal presidente Saakashvili e dal presidente Medvedev – ha detto. Il cessate il fuoco include la fine dell’occupazione e il ritiro dei soldati russi dall’Ossezia del Sud e dall’Abkazia sulle loro posizioni pre-conflitto”.

Clinton ha però esortato Tiblisi a rafforzare le proprie istituzioni democratiche nell’ultima tappa di una visita di cinque giorni nella regione dell’ex blocco sovietico. Non solo Georgia però nell’agenda della Clinton che prima di Tblisi si è recata a Yerevan. Al presidente armeno Serge Sarkissian ha detto che è priorità degli Stati Uniti aiutare Armenia e Azerbaigian a concludere un accordo di pace per porre fine al conflitto nel Nagorno Karabakh.

“Porre fine al conflitto –ha detto la Clinton-  è per noi una priorità. Siamo pronti ad aiutare sia Azerbaigian che Armenia nella ricerca e l’applicazione di un accordo di pace durevole. Sappiamo che non sarà facile, ma riteniamo che sia un passo fondamentale, per andare incontro a un futuro nel segno del benessere”.

Regione separatista a maggioranza armena, il Nagorno-Karabakh è rivendicato dall’Azerbaigian dal momento dell’indipendenza, che ha proclamato unilateralmente nel 1991. I tentativi di mediazione di Baku e Yerevan si sono succeduti per anni, senza mai arrivare a un accordo definitivo. A pesare, anche le 30.000 vittime e le centinaia di migliaia di sfollati, provocati dalla sanguinosa guerra che ha portato alla secessione dall’Azerbaigian. Una ferita mai del tutto rimarginata e tornata appena pochi giorni fa a bagnarsi del sangue di 4 soldati armeni e un militare azero, morti in seguito a uno scontro a fuoco.

La Clinton ha poi visitato il monumento in memoria delle vittime del genocidio armeno perpetrato dai turchi, in quell’occasione ha espresso l’auspicio di una più distesa politica tra Yerevan e Ankara.

Il viaggio della Clinton nell’orto di casa russo non sembra potersi dire un successo: all’Ucraina ormai saldamente legata al Cremlino è stato ricordato che “le porte della Nato sono ancora aperte”, peccato che quando a bussare era l’atlantista Yushenko, le ha trovate chiuse. Alla Georgia, lasciata sola nella guerra contro la Russia, è stato detto che gl Stati Uniti “non tollereranno sfere d’influenza russe” nella regione. All’Armenia -necessario passaggio per gli oleodotti del Caspio- si è dato appoggio per il conflitto del Nagorno Karabakh. Al regime di Aliyev in Azerbaijan si è promesso sostegno in cambio di basi militari americane, da impiantare nel Paese utili a una guerra in Afghanistan ben lungi dall’essere conclusa, nonché come deterrente verso Teheran, e di controllo sull’oro nero del Caspio. Infine con la Polonia si è concluso un accordo per lo “scudo spaziale” difensivo che già irrita il Cremlino.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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