Colpito e affondato. Il 22 giugno l’esercito di Damasco ha abbattuto un cacciabombardiere turco che i radar siriani avevano individuato e classificato come “obiettivo non identificato”. Dopo una giornata di incertezze e cautela nelle dichiarazioni, la notizia è stata confermata da entrambe le parti. Il velivolo, secondo le autorità turche, stava compiendo un normale giro di ricognizione lungo i confini nazionali. Appena si è avuto conferma delle notizie, il presidente turco Gul ha dichiarato che su un avvenimento di tale portata non sarà possibile soprassedere. La Turchia ha rivelato lunedì 25 giugno che la contraerea siriana sparò anche a un altro suo aereo che si era mosso in ricerca del F-4 abbattuto, ma assicura di non aver intenzione di “muovere guerra a nessuno”. “Tutto cio’ che deve essere fatto sarà fatto certamente nella cornice del diritto internazionale“, ha affermato il vicepremier turco, Bulent Arinc, in una conferenza stampa al termine di una riunione di governo durata sette ore, “non abbiamo intenzione di andare in guerra con nessuno, non e’ il nostro intento”. Il vicepremier ha però riferito un episodio destinato a far salire ulteriormente la tensione con il regime di Bashar al-Assad.
L’abbattimento di un aereo sarebbe fonte di tensione tra due stati in condizioni normali e le circostanze attuali caricano l’avvenimento di un maggiore significato. La Siria è sotto la pressione internazionale da mesi, ormai, per far cessare le violenze perpetrate dal regime degli Assad ai danni della popolazione civile. Ankara è uno degli agenti più direttamente coinvolti in questo processo e le risposte sembrano tutt’altro che accomodanti. Un ulteriore fattore di crisi è stato messo sul piatto e l’escalation di tensione sembra dietro l’angolo. Recentissimo l’ultimo appello di Kofi Annan per mobilitare urgentemente tutti gli attori possibili allo scopo di giungere a una soluzione del conflitto, rivolgendo la chiamata anche a Teheran.
La Siria dal canto suo riafferma che l’abbattimento del caccia turco della scorsa settimana è stato un atto di autodifesa e ha ammonito la Turchia e i suoi alleati Nato di non prendere nessuna misura ritorsiva. Il nostro territorio «è sacro», ha ammonito il portavoce del ministero degli Esteri Jihad Makdissi. Le dure parole da parte del governo di Damasco arrivano proprio nel giorno della riunione, a Lussemburgo, del consiglio degli Affari esteri dell’Unione Europea che ha affrontato il caso risolvendosi in un coro di critiche che non ha soddisfatto appieno Ankara. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri, Catherine Ashton, si è detta “molto preoccupata”. La sua strategia sarà quella di “mettere insieme l’opposizione siriana”. Come darà seguito a queste parole, non sappiamo. La riunione avrebbe dovuto produrre in atto nuove risoluzioni contro la Siria tra cui l’embargo per le armi. Embargo che nemmeno oggi è stato deciso, malgrado le dichiarazioni al vetriolo che sembrano, a questo punto, solo chiacchiere e distintivo.