Mancano pochi giorni al primo luglio, data in cui Cipro sostituirà la Danimarca alla guida della presidenza del Consiglio dell’Unione europea. Per il piccolo paese mediterraneo entrato nell’Unione nel 2004, si tratterà di una data storica che giunge in un momento particolarmente delicato a causa della difficile situazione economica, paradigma del momento che sta vivendo l’intero continente. Mentre tutta Europa osserva con il fiato sospeso l’evoluzione della vicenda greca, Cipro rischia infatti di dover dichiarare il default proprio a causa dell’esposizione creditizia delle sue banche nei confronti del paese ellenico, che ammonta a 23 miliardi di euro.
Un’enormità se confrontata ai 17 miliardi di valore dell’ economia nazionale. Nei giorni scorsi l’ agenzia di rating Moody’s ha declassato il rating a lungo termine del debito di Cipro da Ba1 a Ba3 con la previsione di un’ evoluzione negativa. Il presidente della Cyprus Popular Bank Michael Sarris, ha affermato che il sistema bancario cipriota necessita di un’ iniezione di 6 miliardi di euro per i prossimi due anni.
D’ altra parte come riporta il quotidiano greco Kathimerini, solo la suddetta banca necessita di un miliardo e ottocento milioni di euro, il 10% del Pil cipriota, per effettuare la ricapitalizzazione entro il prossimo 30 giugno. I tempi dunque sono strettissimi, e Cipro potrebbe diventare il quinto paese a chiedere aiuto alla Banca Centrale Europea dopo Portogallo, Irlanda, Spagna e Grecia. Si suppone che la richiesta si aggirerà attorno ai 4 miliardi di euro ma il ministro delle Finanze Vassos Shiarly, che ha sottolineato come si tratti di un intervento “assolutamente urgente” ha deciso di attendere l’esito delle elezioni in Grecia prima di muoversi. Infatti viene seriamente presa in considerazione l’ipotesi di rivolgersi a un altro paese per ottenere gli aiuti, considerando l’instabile situazione europea.
Questa possibilità è stata ventilata da Stefanos Stefanou, portavoce del Governo, che però non ha voluto rivelare di chi si tratti anche se tutto lascia ricondurre alla Cina, ma soprattutto alla Russia che in passato ha già prestato 2,5 miliardi di euro per la ristrutturazione del debito. Un paradosso, se si pensa che congiuntamente alla crisi greca, l’altro motivo a cui comunemente si imputano le difficoltà di Cipro risiede nella fuga di capitali russi, tra i maggiori investitori nel paese. Una terza possibilità potrebbe consistere in soluzione mista di aiuti da parte della Banca Centrale Europea, Russia ed eventualmente, Cina.
Da parte sua l’Unione ha fatto sapere attraverso Amadeu Altafaj, portavoce del commissario agli affari economici e monetari Olli Rehn, di non avere nulla in contrario all’intervento di qualche paese esterno, in quanto la Commissione non interviene in nessun modo nei rapporti commerciali di uno stato membro. Dunque Cipro naviga a vista, proprio mentre stanno per stanno per iniziare i sei mesi di presidenza più caldi della storia dell’Unione Europea. Nell’isola però si cerca di guardare il bicchiere mezzo pieno, soprattutto dalla prospettiva dei gestori degli alberghi di Nicosia, Larnaca, Limassol e Paphos, che entro fine anno attendono l’arrivo di 40.000 ospiti legati a conferenze ed eventi legati all’Unione Europea, come rilanciato dal Cyprus Mail. Almeno un piccolo passo per rendere meno dolorosi i morsi inferti dalla crisi.
La dichiarazione di Altafaj è probabilmente mal tradotta (l’ho trovata identica in altre fonti, ma non ho trovato l’originale inglese): la politica commerciale è una competenza esclusiva dell’UE e gli stati membri non hanno nessun margine di manovra, probabilmente intendeva la politica economico-finanziaria.