Nelle ultime settimane, si è rifatto vivo un dibattito di cui poco si sa, ma che ci riguarda molto da vicino. Gli italiani, si sa, sono in ogni parte del mondo, ma pochi sapranno che un consistente numero di nostri connazionali risiede in Ucraina, nel distretto di Kerc. Si tratta di una minoranza etnica molto attiva, nonostante le molte vicissitudini che ne hanno contrassegnato il cammino e che nelle ultime settimane ha contattato ufficialmente la Presidenza del Consiglio dei Ministri italiana, al fine di ottenere il riconoscimento legale di minoranza etnica tutelata dalla legge. Ma andiamo con ordine e ripercorriamo le tappe di questo storia.
Nella regione ucraina della Crimea, vive da molti anni un nutrito numero di italiani: attualmente il numero si aggira sulle 300 unità. La presenza dei nostri conterranei nell’attuale Ucraina, è infatti da far risalire ai tempi dell’espansione dell’impero romano, passando per il periodo delle potenze navali genovese e veneziana. E’ però nella prima metà dell’Ottocento che lavoratori temporanei provenienti per la maggiore dalla provincia di Bari, si recarono in massa nella città di Kerc attratti da prospettive lavorative molto allettanti, e la comunità italiana visse allora un periodo florido, almeno secondo le fonti che ci sono pervenute, godendo di considerazione e rispetto da parte di cittadini e istituzioni, con la possibilità di professare tradizioni religiose e di prendere parte ai canali di informazione dell’epoca.
Con l’avvento del fascismo la minoranza italiana fu perseguitata dagli esponenti delle milizie sovietiche, tali persecuzioni etniche avvenivano vicendevolmente anche in altri stati d’Europa ospitanti etnie in quel momento “scomode” agli assetti ideologici del conflitto. Nel 1942 molti italiani residenti in Ucraina furono deportati in alcune zone dell’ Asia e poi abbandonati in accampamenti di fortuna, ma tanti tra loro morirono già durante il viaggio. Con la conclusione della Seconda Guerra Mondiale i pochi sopravvissuti rientrarono a Kerc, e da allora gli ex deportati hanno deciso di chiedere alcuni riconoscimenti.
Nel 1992 si è formata l’Associazione Italiani in Crimea che ha iniziato una serie di azioni per vie istituzionali per far sì che ai superstiti e alle loro famiglie discendenti venisse riconosciuto lo status di deportati e la cittadinanza del paese d’origine. L’associazione CERKIO ( Comunità degli Emigrati nella Regione di Kerc Italiani di Origine) si è in questi anni fatta promotrice di eventi dedicati alla memoria delle deportazioni, e lo ha fatto anche grazie all’interesse e al lavoro di alcuni ricercatori e storici interessati alla minoranza italiana in Crimea. Il riconoscimento delle deportazioni dei molti italiani residenti nell’allora blocco comunista, riapre la querelle politica piuttosto frequente tra le attuali fazioni politiche di destra e sinistra, che si rivendicano tra loro la responsabilità di stragi, come in un tira e molla, una gara al ribasso o al rialzo, a seconda di vantaggi o svantaggi . Il termine “strage”, e soprattutto il suo materializzarsi fattivamente, di politico ha ben poco: si tratta “semplicemente” di un orrore, di un’ingiustizia, di un’offesa all’esistenza. E una strage avviene solo per opera umana, opera di singoli, fomentati da ideologie malsane, da interpretazioni singolari, da sete di sangue, da ignoranza. Tutti elementi di difficile comprensione per chi come noi ha la fortuna di poterne parlare e dibattere. Il recupero della memoria di stragi dimenticate, come quella degli ex deportati italiani in Crimea, ha il dovere di avvenire in virtù dell’umana giustizia, che spetterebbe sempre a chi ha pagato caro il prezzo della propria vita e della propria libertà.