Il 19 luglio 2012 il Nagorno-Karabakh, repubblica non riconosciuta del Caucaso, va alle urne per eleggere un nuovo Presidente. Riportiamo il commento di una analista armena.
DA YEREVAN – Sono tornata dal Nagorno-Karabakh con grandi impressioni. C’erano posti di cui mi sono innamorata, come Stepanakert di notte, o l’incredibile monastero Gandzasar, le chiese e le moschee di Shushi e la peculiare miscela di culture cristiane e musulmane che questa città possiede come antico fiorente centro culturale del Caucaso .
Ma tutti questi luoghi non significherebbero nulla senza le persone che vi abitano, un popolo unico e molto diverso dal popolo dell’Armenia. E le persone sono ciò che mi ha impressionato di più lì. Il potenziale umano di questa Repubblica non riconosciuta resta tuttavia ancora da realizzare. L’indipendenza del Nagorno-Karabakh non dovrebbe essere considerata come un fine in sé. Si deve ora tradurre in una vita veramente libera e dignitosa per le persone del paese. Dopo tutto, il conflitto stesso del Nagorno-Karabakh è essenzialmente sulle persone e i loro diritti umani e libertà fondamentali, non su qualche territorio.
Ciò rende imperativo per il governo del Nagorno-Karabakh garantire la creazione di uno stato veramente libero e democratico, indipendentemente dal fatto che esso sarà riconosciuta dalla comunità internazionale o meno. E ancora, ciò non dovrebbe essere visto come qualcosa di speciale o irraggiungibile, ma piuttosto come il prossimo logico passo dall’indipendenza che hanno raggiunto.
La cosa più importante, il Nagorno-Karabakh non dovrebbe cercare qualche ispirazione per questo in
Armenia, ma piuttosto mirare a diventare esso stesso un’ispirazione, e non solo per l’Armenia. Ha tutte le potenzialità per questo.