Dal 30 maggio, il parlamento albanese è in sessione per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, che dovrà succedere entro il 24 luglio a Bamir Topi. L’11 giugno, il ministro degli interni Bujar Nishani è stato eletto nuovo capo di stato.
Il sistema elettorale
La figura del capo di stato, in Albania, è abbastanza simile per competenze a quella del presidente della Repubblica Italiana, e tale è anche il sistema elettorale: il nuovo capo di stato è eletto indirettamente, dall’Assemblea legislativa, con voto segreto. La maggioranza dei voti richiesti è di 3/5 nei primi tre scrutini, e di ½+1 nel quarto e quinto scrutinio. Se dopo il quinto scrutinio non si riesce ad eleggere un presidente nemmeno tramite una maggioranza semplice, il Parlamento è dissolto e nuove elezioni vengono indette entro due mesi. Ciò per evitare paralisi come avvenuto in Moldavia, dove tra il 2009 e il 2012 il parlamento non riuscì ad eleggere un capo di stato.
I precedenti
Con la riforma costituzionale del 1998, il ruolo di capo di stato venne ridimensionato e la gran parte delle funzioni esecutive affidate al governo. Dopo il mandato presidenziale di Sali Berisha (1992-97), il posto di capo di stato venne occupato da un esponente socialista, Rexhep Meidani (1997-2002) durante il quinquennio di amministrazione socialista. Nel 2002, su forte pressione internazionale, Sali Berisha (PD) e Fatos Nano (PS) si accordarono per l’elezione di una personalità super partes, Alfred Moisiu, a capo di stato. Moisiu era considerato particolarmente adeguato al ruolo, per la sua neutralità politica, le sue competenze di mediatore, e il suo deciso orientamento filo-occidentale.
Il carattere fazioso della competizione politica in Albania tornò in rilievo nelle elezioni presidenziali del 2007. La maggioranza democratica e l’opposizione socialista non riuscirono ad accordarsi su un candidato consensuale, e il candidato della maggioranza, Bamir Topi, venne eletto al quarto scrutinio; l’opposizione socialista non partecipò al voto.
Il voto del 2012
L’elezione del 2012 presenta gli stessi caratteri di quella del 2007, in uno scenario politico altrettanto polarizzato. L’opposizione socialista, dopo aver rifiutato i risultati delle elezioni parlamentari del 2008 ed aver, per qualche tempo, boicottato il parlamento, si è trovata nel 2011 a perdere anche la carica di sindaco di Tirana, fino ad allora detenuta dal leader del PS Edi Rama, e guarda ora all’orizzonte delle elezioni politiche del 2013. La maggioranza del PD di Sali Berisha si mantiene stretta a pressoché tutti i posti di potere in Albania, ed era fiduciosa di poter inserire di nuovo un suo uomo alla più alta carica dello stato.
In generale, la democrazia albanese manca della presenza di figure politiche di garanzia, che una volta raggiunte le più alte cariche (Speaker del Parlamento, Presidente della Repubblica) siano capaci di lasciarsi alle spalle la cultura di partito.
La maggioranza a sostegno del governo Berisha-Meta ha fatto inizialmente circolare una lista di nove nomi, di estrazione non politica (quattro ambasciatori, due giudici alla CEDU di Strasburgo, il governatore della Banca Centrale, un membro della Corte Costituzionale e un intellettuale ex dissidente), tra i quali il primo candidato era Xhezair Zaganjori, membro della Corte Costituzionale. Il Partito socialista tuttavia non ha raccolto l’iniziale apertura – seppur parziale, dato che il nome di Zaganjori non era stato concertato – rigettando la candidatura di Zaganjori e proponendo invece una lista eminentemente politica con i nomi di Pandeli Majko, Fatos Nano e Paskal Milo. Il primo scrutinio si è tenuto il 30 maggio. Al termine del terzo scrutinio, l’8 giugno, in cui nessun candidato era ufficialmente presente, Zaganjori ha ritirato la sua disponibilità, dichiarando di non essere disponibile ad essere eletto con i soli voti della maggioranza.
L’11 giugno si è tenuto il quarto scrutinio, a maggioranza semplice. La maggioranza ha inizialmente presentato il nome di Artan Oxha, giornalista ed economista, mentre l’opposizione si è focalizzata sull’ex premier Pandeli Majko. Dopo il ritiro di Artan Oxha, la maggioranza ha presentato il nome del ministro dell’interno Bujar Nishani, suscitando lo sconcerto dell’opposizione socialista per la scelta di una personalità strettamente legata al governo in carica. Nishani ha raccolto 73 voti a favore e 1 contro, su 71 necessari, venendo eletto capo di stato, mentre il PS ha boicottato il voto come nel 2007.
La scelta, che riporta l’Albania ad una politica polarizzata e conferma la stretta del Partito democratico di Sali Berisha su tutte le maggiori cariche, politiche e non, del paese, non rappresenta un passo avanti verso una democrazia compiuta nel paese delle aquile.
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