“Jugoschegge, storie di scatti di guerra e di pace” è una raccolta di sette capitoli di altrettante persone volonterose che hanno affrontato la crisi della Jugoslavia negli anni Novanta a modo loro, per esempio attraverso la fotografia o la cooperazione e che in questo libro raccontano il loro cammino in quegli anni difficili ma gravidi di speranze, promesse e dedizione.
Jugoschegge è, sin dal suo incipit, un omaggio pregno di passione alle singole persone che, organizzate dal basso e mosse da una sincera urgenza , si sono fatte carico di imprese che definire eroiche non è un’iperbole. Il libro ci parla di una costellazione di sforzi che ha superato barriere religiose, etniche e burocratiche, azioni talvolta coordinate, altre volte messe in campo alla bell’e meglio, dettate dalla necessità di agire in fretta.
Jugoschegge ci fa respirare un grande entusiasmo e una solidarietà tra popoli raccontata attraverso soluzioni concrete e non fatta di sofismi da salotto. Jugoschege parla di gente che si è sporcata le mani, ha macinato chilometri in macchina, ha sfidato le bombe ma soprattutto di persone dotate di un’ostinazione sana e irremovibile. Uno straordinario humus di capitale umano che è emerso dal sottosuolo con pochi, se non pochissimi, sostegni istituzionali, il quale ha permesso il concretizzarsi di cambiamenti importanti: la nascita di alcune cooperative, le adozioni, gli interventi sanitari, la ricostruzione degli edifici, il trasbordo dei profughi in Italia.
E oltre agli aiuti cosiddetti “umanitari”, è altrettanto importante ricordare anche quei piccoli miracoli narrati dal giornalista e gastronomade Alessandro Gori, friulano e quindi per contiguità territoriale vicino a ciò che accade oggi come allora nei Balcani, quando racconta delle decine di amicizie nate da semplici scambi epistolari, sfidando l’embargo della Serbia e le linee del fronte nemiche che ostacolavano la circolazione delle missive.
In questi vent’anni dall’assedio di Sarajevo giornalisti, scrittori, fotografi e cooperanti assieme alle popolazioni locali hanno messo insieme i pezzi di un mosaico di fatiche che in Italia sono passate troppo spesso in sordina e che soprattutto oggi rischiano di scivolare pericolosamente nell’oblio della memoria collettiva. Ecco perché i curatori di Jugoschegge, Tullio Bugari e Giacomo Scattolini, fotografo ma soprattutto persona di straordinaria sensibilità umana, tipica di chi ha immerso non solo il cervello, ma soprattutto il cuore nella questione jugoslava, hanno dato alle stampe per Infinito Edizioni un documento che sembra più un memoriale che un libro. Complici anche le numerose fotografie del pre- e del post-ricostruzione, Jugoschegge si pone come monito per le pericolose insidie che erompono dall’ “impasto malefico di gerarchie religiose e di nomenclatura politica”, un rischio che non si può continuare a fare finta che non ci riguardi come Italia e come Europa.
Il libro infatti si chiude con un’acuta riflessione del noto giornalista triestino, Paolo Rumiz, su come la balcanizzazione sia un’onda lunga che pervade ormai da lungo corso anche l’Europa e l’Italia. Se non tutto il male viene per nuocere, la lezione che ci ha impartito la crisi della Jugoslavia degli anni Novanta è di opporsi alle forze secessionistiche che rappresentano, mutatis mutandis, la balcanizzazione dell’Italia, dove oggi dobbiamo confrontarci con un meridione sempre più disperato e oppresso dalle autorità malavitose che forse troverà la forza di ribellarsi e rinascere, anche guardando con ammirazione alle recenti rivolte nordafricane.
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Acquistando il libro partecipate attivamente ad un progetto di solidarietà, cioè finanziare gli studi a Bojana, una ragazza di Kakanj, Bosnia.