di Gabriele Merlini
Da oggi si aggira per Praga un nuovo Primo Ministro: Petr Nečas guiderà infatti il governo formato dalla coalizione dei tre partiti di centrodestra Ods, Top 09 e Věci veřejné, sostituendo l’esecutivo del tecnico Jan Fischer chiamato a sua volta a rimpiazzare quel Mirek Topolánek franato un anno fa (era, con apprezzabile tempismo, il maggio del duemilanove: pieno centro della presidenza ceca dell’Unione Europea).
La cerimonia è avvenuta come da tradizione nello sfarzo barocco del Pražský Hrad previa giuramento davanti al Presidente della Repubblica Václav Klaus il quale -in un breve discorsino- ha ricordato ai presenti di essere a quota sei Primi Ministri nominati dal duemilatré*; tra le parole di Klaus un certo orgoglio per l’esperienza maturata nel settore ma anche qualche dubbio inerente la stabilità di un posto che cambia sei Primi Ministri in sette anni (Nečas da parte sua si è limitato a rispondere specificando quanto sia un onore poter collaborare con il Presidente e non prestando troppa attenzione alla inquietante galleria di teste che lo ha preceduto).
Tuttavia, per garantire continuità all’azione parlamentare e evitare blocchi potenzialmente dannosi, il governo di Fischer andrà avanti fino a quando ogni casella del nuovo esecutivo non sarà occupata; gli scogli esistono però sembrerebbero facilmente superabili con dosi più o meno sostanziali di furbizia e fantasia (esattamente in quest’ordine). Tra i suddetti ostacoli quello che più di altri sta facendo discutere media e scena politica in zona è l’ultimatum dato dai tizi del Věci veřejné riguardo il Ministero dell’Interno: o lo prendiamo noi (dove «noi» sta per il leader del movimento Radek John) o non appoggeremo il governo. Con molte probabilità una presa di posizione destinata a rientrare e alla quale nessuno è disposto a dare troppo peso, eppure capace di generare notevoli dibattiti espandibili anche in altri campi. La richiesta del Věci veřejné nasce dalle credenziali di tizio incorruttibile che dovrebbero accompagnarne il leader Radek John da una ventina d’anni a questa parte -scrittore, attivista, sceneggiatore televisivo e strenuo difensore di deboli- in grado evidentemente di resistere anche a certi recenti scandali su fondi raccolti per il proprio partito attraverso modalità un filo oscure e/o amicizie non tra le più gradevoli, come quel tale Vit Barta e la sua agenzia di investigazioni privata ABL che -dicono alcuni analisti- avrebbe con la nomina di John libero accesso a segreti di stato e altri affarucci di poco conto.
Il Ministero dell’Interno è infatti un giocattolino delicato da maneggiare con cura, si scrive sul Hospodářské Noviny, e necessiterebbe di persone con riconosciuta esperienza statale. Critico anche il Lidové Noviny sulla vicenda; dalle sue colonne viene sottolineato oltretutto come non sia decisamente saggio porre ultimatum di questo tipo durante una fase delicata come quella attuale.
Una unità di vedute che troviamo anche in riferimento al signore che ieri ha consegnato le dimissioni da Primo Ministro: Jan Fischer -presidente dell České statistické společnosti, l’Istituto Ceco di Statistica, pacato e riflessivo tecnico prestato alla politica- che ha svolto a detta di tantissimi un ottimo lavoro traghettando con intelligenza e meritevole senso pratico la nazione in un anno difficile di crisi economica e rapidi cambiamenti politici. Dopo avere stretto la mano a Klaus con l’usuale garbo Fischer ha sottolineato come il suo governo, benché ancora formalmente in carica, si asterrà da prendere decisioni importanti (quelle, per rispetto degli elettori, toccheranno a Nečas) e quanto non veda l’ora che il nuovo esecutivo entri definitivamente in funzione: in effetti -ha ammesso- vorrei proprio farmi una vacanzina, di questi tempi.
Benché molti cittadini l’avrebbero visto ancora bene come Primo Ministro, nessuno riuscirà a non augurargli una buona estate e un tranquillo periodo di relax.
* Nello specifico, sotto Klaus sono passati Vladimír Špidla, Stanislav Gross, Jiří Paroubek, Mirek Topolánek, Jan Fischer e da oggi Nečas.
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