GAZPROMENADE /2: Aggirare gli ostacoli

di Matteo Zola

Il problema principale per la geopolitica della Russia uscita dal tracollo del socialismo reale è stato quello di creare rotte alternative per il trasporto di idrocarburi. Ai tempi dell’Unione Sovietica la rete di condotte era diretta ai soli stati satelliti, non rivolta al commercio con l’Occidente. Ora quei Paesi non sono inclini a favorire gli interessi russi e alcuni di essi, come la Polonia, sono animati da un profondo sentimento di rivalsa. I Paesi dell’Europa orientale hanno elevato le tariffe di transito degli idrocarburi sfruttando la rendita derivante dalla loro mutata posizione cercando in tal modo di risolvere i loro problemi economici. Particolarmente intransigente in tal senso è stato il governo di Varsavia.

C’è poi l’Ucraina che controlla da sola i tre quarti del transito di idrocarburi ed è stata più volte accusata di praticare il furto di gas. Nell’inverno 2008 la crisi tra Mosca e Kiev si è acuita al punto che la Russia ha chiuso i rubinetti lasciando al freddo non solo l’Ucraina ma buona parte dell’Europa orientale. Malgrado l’ambiguità tenuta dai media occidentali, specialmente italiani, divisi tra il sostegno al partner energetico russo e quello a un possibile futuro membro Nato (appoggiato dagli USA all’epoca di Bush Jr. e Yushenko) la responsabilità della crisi è da ricondursi alla cattiva gestione economica del governo ucraino (vedi il dossier: L’Ucraina e la crisi del gas, nella categoria Ucraina). La situazione si è infatti fatta più complessa col progressivo avvicinamento di Kiev alla Nato e all’Unione Europea. Un avvicinamento interrotto dalle nuove relazioni russo-americane pronte a sacrificare Kiev sull’altare del Nuovo Ordine mondiale. Così Washington, abbandonati progetti di scudi spaziali e allargamento a est della Nato, è tornata a una politica delle sfere d’influenza che ha di fatto consegnato l’Ucraina alla Russia.

La Russia -che da sempre soffre della sindrome di accerchiamento- ha in ogni caso deciso di creare rotte alternative attenendosi a due fondamentali principi: 1) anzitutto le rotte devono concludersi nei porti russi oppure, aggirando gli intermediari ritenuti inaffidabili, garantire lo sbocco ai Paesi solvibili. 2) Se ciò è impossibile le condotte devono attraversare Paesi tradizionalmente amici della Russia, quali ad esempio la Serbia, la Bulgaria, la Grecia evitando gli stati baltici e l’ostile Polonia.

Nel 2000 Gazprom ha inaugurato il gasdotto Blue Stream (Goluboj Potok) in cooperazione con la Turchia. A nord invece è previsto che il gas arrivi al porto baltico di Vyborg e da lì attraverso il mare fino in Germania, aggirando così Polonia e Paesi baltici. Quest’ultima pipeline, detta North Stream (Severnyj Potok), è in fase di costruzione ed è previsto anche un braccio diretto verso la Svezia. I lavori sarevvero dovuti terminare nel 2010. Gli idrocarburi russi non possono però superare gli stretti fra Danimarca e Norvegia, il flusso di petroliere è limitato dai fondali bassi. Allo stesso modo il petrolio russo incontra ostacoli nell’uscita del Mar Nero presso i già congestionati stretti del Bosforo e Dardanelli, qui le compagnie russe lamentano tempi d’attesa per ottenere il permesso di transito che fanno loro perdere enormi somme di denaro.

Anche a sud si è trovato il modo di aggirare i Paesi intermediari, Ucraina in testa, con la costruzione del South Stream (gasdotto) e dell’oleodotto Burgas-Alexandroupolis dopo un accordo nel 2007 con Grecia e Bulgaria. L’oleodotto sarà controllato dalla Russia, benchè in territorio estero, e permetterà di aggirare gli stretti turchi: le petroliere partiranno infatti da Novorossijsk, sul Mar Nero, per attraccare a Burgas in Bulgaria.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

  1. non posso dar loro torto. é l’unica soluzione

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