Il senso di Žižek per la Bosnia

DA SARAJEVO.La Bosnia, di fatto non è uno stato”; “La divisione della Bosnia potrebbe stabilizzare la regione balcanica”, dove c’è bisogno di “frontiere più naturali”, così come alcuni “scambi di territorio” tra i paesi. Sono posizioni che, per chi conosce il contesto delle repubbliche ex-jugoslave, non possono lasciare indifferenti. Soprattutto se chi le sostiene è Slavoj Žižek, senz’altro uno dei principali pensatori del mondo contemporaneo, di scuola neomarxista, molto vicino ai nuovi movimenti sociali come la Rete Occupy.

Žižek è stato intervistato venerdì scorso dal programma settimanale “Recite Al Jazeeri” del canale Al Jazeera Balkans (versione in lingua serbocroata dell’emittente qatariana, che trasmette via satellite nell’intera regione ex-jugoslava). Tra una critica al capitalismo selvaggio, uno sguardo alla crisi dell’UE e un’analisi sulla primavera araba, Žižek si è espresso anche sull’attuale situazione nei Balcani, individuandovi tra i problemi principali la cronica stagnazione economica, l’instabilità delle relazioni interetniche e la diffusione delle reti criminali (“l’unico ente davvero transnazionale della regione”, ha osservato acutamente).

Fin qui, nulla di opinabile. A stupire, invece, sono le soluzioni proposte. Dopo avere sottolineato che la Bosnia Erzegovina “non è, di fatto, uno stato”, Žižek si è detto esplicitamente favorevole ad un’eventuale separazione tra la Federazione di BiH e la Repubblica Srpska (RS), e alla conseguente annessione di quest’ultima con la Serbia, operando eventualmente alcuni ritocchi delle frontiere tra i rispettivi paesi. Secondo Žižek, una soluzione simile sarebbe auspicabile anche per il Kosovo, tramite uno scambio di territorio tra Belgrado e Pristina. La sua idea portante è che i paesi della regione debbano dotarsi di “frontiere più razionali” per raggiungere sviluppo economico e stabilità delle relazioni interetniche. Questa lettura riconosce quindi l’omogeneità etnico-nazionale come unico criterio razionale,. Eppure Žižek, che è nato a Lubiana, dovrebbe sapere molto bene che nell’area ex-jugoslava questo criterio è impossibile da implementare a pieno sulle carte, e soprattutto sul suolo reale, senza trasferimenti forzati di popolazione e conflitti sociali potenzialmente replicabili all’infinito.

Quanto al giudizio secondo cui la Bosnia Erzegovina non è un vero stato, c’è poco da obiettare. Se ne rendono conto quotidianamente i suoi abitanti e i suoi leader politici (per quanto molti di loro evitino di dichiararlo in pubblico). Tutti sanno che quest’apparato-monstre di 2 entità, 5 presidenti, 10 cantoni, 13 parlamenti e governi non ha funzionato, né potrà mai funzionare in questi termini. Ma a pensare che l’unica strada per uscire dal tunnel sia la separazione, come sostiene Žižek, viene più di qualche dubbio. Sorge spontanea una domanda: se la Bosnia Erzegovina attuale non è un vero stato, perché dovrebbe esserlo una Federazione di BiH amputata della RS?

RUBRICA: Opinioni & eresie

Si tratterebbe dell’ennesimo micro-stato balcanico, ancora più soggetto all’impunità delle reti criminali transnazionali, alla dipendenza economica e alla sudditanza politica. Un altro “stato che non c’è”, quindi. Proprio gli stessi motivi su cui Žižek dice di fondare la sua tesi si ritorcerebbero contro questa mini-Bosnia. E perché mai le relazioni interetniche ne gioverebbero? La Bosnia Erzegovina senza RS si troverebbe ad affrontare, da subito, le rivendicazioni dei partiti croatobosniaci (la cui comunità è concentrata soprattutto in Erzegovina, nel sud del paese) che a quel punto esigerebbero la creazione di una seconda entità, con ancora più veemenza di quanto non stiano già facendo ora. O forse, più esplicitamente, richiederebbero l’annessione alla Croazia. Altre tensioni, altre divisioni. Punto e a capo. Inoltre è assai probabile che l’eventuale divisione della Bosnia porterebbe ad un’ulteriore radicalizzazione identitaria, su base nazional-religiosa, dentro la comunità bosgnacca musulmana.

Peraltro, è un po’ azzardato pensare all’annessione della RS alla Serbia come un processo automatico. Basta dare un’occhiata a una cartina geografica per rendersi conto dell’assoluta discontinuità territoriale della RS, con notevoli problemi pratici per le comunicazioni e i collegamenti infrastrutturali con Belgrado. E come reagirebbe la Croazia ad avere centinaia di chilometri di frontiera comune in più con la Serbia? Due anni fa, l’allora presidente croato Stipe Mesic si dichiarò disposto a mandare l’esercito in Posavina non appena in RS si fosse tenuto un referendum per la secessione. Quelle affermazioni rendono bene l’idea dell’aria che tirerebbe a Zagabria in caso di scisma bosniaco, pur non dimenticando che il buon vecchio Stipe (già in pensione da un paio d’anni) era solito alle provocazioni facili. Non diversamente da Žižek, del resto.

Infatti, conoscendo il personaggio, resta il fondato dubbio che il professore lubianese abbia preso questa posizione per spirito squisitamente provocatorio, come contrapposizione al moloch della comunità internazionale, di cui la Bosnia Erzegovina odierna sarebbe una creazione artificiosa. In questo caso, però, andrebbe segnalato a Žižek che la separazione della BiH da un po’ sembra non essere un tabú negli ambienti diplomatici e nelle agenzie internazionali, dove se ne parla apertamente come un’opzione possibile (addirittura qualcuno la dava per scontata).

Ciò che stupisce, ascoltando l’intervista a Žižek, è che il dogma dell’etnonazionalismo si insinui anche in menti del tutto insospettabili di simpatie scioviniste e impedisca di prendere in considerazione soluzioni alternative. Di gran lunga più originali, audaci e perfino rivoluzionarie. Nel caso della BiH, ad esempio, perché non pensare ad una riforma centrata sulle regioni naturali del paese (i cui confini presenterebbero senz’altro elementi di fondata razionalità tanto cara a Žižek)? Perché, invece di avallare secessioni drastiche e costruire nuove frontiere, non si propone di ridisegnare i cantoni della Federazione BiH e di snellirne drasticamente l’apparato burocratico-istituzionale, uno dei cancri principali del paese?

Perché non sforzarsi di elaborare un compromesso per mantenere l’unità della Bosnia Erzegovina senza smantellare le autonomie già esistenti (leggi RS), così da cercare il consenso di tutti? Si tratterebbe senz’altro di opzioni coraggiose, difficili da realizzare. Ma è un po’ frustrante osservare che anche chi, come Žižek, è dotato di una audacia intellettuale tanto ammirevole e sconfinata da sostenere il superamento del capitalismo mondiale, si arrenda così facilmente di fronte all’ hic et nunc dell’etnonazionalismo.

Chi è Alfredo Sasso

Dottore di ricerca in storia contemporanea dei Balcani all'Università Autonoma di Barcellona (UAB); assegnista all'Università di Rijeka (CAS-UNIRI), è redattore di East Journal dal 2011 e collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso. Attualmente è presidente dell'Associazione Most attraverso cui coordina e promuove le attività off-line del progetto East Journal.

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9 commenti

  1. Per rispondere all’ultimo paragrafo: perché è un vaso di Pandora, e ogni tentativo finora è stato un insuccesso (vedi Butmir 2010).
    La riforma della Bosnia si farà, ma solo quando anche la Serbia sarà in fase di ingresso nell’UE e i politici bosniaci capiranno che altre strade non ce ne sono.
    Per il resto, Žižek mi sembra sempre un po’ sopravvalutato: buono per la pars destruens (vedi critiche al capitalismo e all’umanitarismo), ma senza soluzioni alternative.
    Infine, una curiosità: quali sarebbero le “regioni naturali” della Bosnia che vedi come potenziale alternativa all’attuale ‘inter-entity boundary line’?

    • Con “regioni naturali” mi riferisco innanzitutto al superamento della divisione dei cantoni nella FBiH, un sistema assolutamente inefficiente, costosissimo, e che sbilancia nettamente la ultra-centralizzata RS rispetto alla ultra-frammentata FBIH.
      Una soluzione di compromesso – cosi da mantenere l autonomia della RS – potrebbe consistere, ad esempio, nella formazione di 3-4 regioni in FBiH (Bosnia centrale con Tuzla-Zenica-Jajce, Erzegovina con Mostar-Duvno, Bosnia occidentale con Bihac, eventualmente con Sarajevo come distretto a se’ oppure sovra-entitario) e di 2-3 regioni in RS (Bosnia nord, con BanjaLuka-Prijedor-Doboj, e Bosnia orientale, eventualmente divisibile tra nord-est e sud-est). Anche mantenendo l attuale frontiera interentita’, una divisione simile risponderebbe molto di piu’ alla composizione geografico-naturale del paese e ai suoi collegamenti infrastrutturali.
      Proposte orientate, in senso simile, verso una “regionalizzazione” della BiH erano gia’ state avanzate negli anni scorsi da alcuni esponenti politici come Haris Siladzic, Rasim Kadic e alcuni movimenti di stampo civico. Ovviamente una proposta del genere non sarebbe esente da ulteriori rischi e criticita’. Ad esempio, la possibile radicalizzazione in senso nazionalista di alcune di queste regioni, lo stimolo per nuovi pruriti anessionisti o nuove omogeneizzazioni etniche. E non do certo per scontato che Banja Luka lo accetterebbe, anzi: il centro del discorso di Dodik e’ proprio la RS fieramente centralista e indivisibile, snella ed efficiente. Pero’sarebbe interessante vedere come reagirebbe di fronte ad una proposta simile il resto dei partiti serbo-bosniaci, soprattutto quelli piu’ forti nell’est della RS (mentre il bastione di Dodik e’ proprio la regione di Banja Luka), zona dove e’ da un po’ che monta una certa insofferenza verso l’SNSD perche’ si sente trascurata rispetto al nord.

  2. Personalmente sono un grande estimatore di Zizek, trovo nelle sue provocazioni, nei suoi paradossi (sempre filosoficamente fondati) quanto di più importante debba fare la cultura oggi: produrre pensiero. La critica alla tolleranza, ai diritti umani, al capitalismo, sono (almeno per me) illuminanti. Mettono in discussione lo status quo. Aprono a ipotesi ulteriori. E questo dovrebbe fare la filosofia: aprire la porta del futuro. Sulle opinioni di Zizek sui Balcani, qui riportate, non sono d’accordo come non lo è l’autore dell’articolo. Tra l’altro, bellissimo titolo, bravo Alfredo. Ho da imparare… 🙂

    matteo z.

  3. “E come reagirebbe la Croazia ad avere centinaia di chilometri di frontiera comune in più con la Serbia?”
    E questi sarebbero i veri problemi? I veri problemi sono altri, e cioè che si consideri necessario mantenere i soliti confini ideati 60 anni fa.Confini assolutamente inadeguati, quelli delle repubbliche jugoslave. Adesso sono purtroppo immodificabili, ma io non vedo il problema nel concedere autonomie ai croati dell’Erzegovina. Perché invece spesso voi giornalisti sostenete l’autonomia della Voivodina, che è molto più eterogenea etnicamente rispetto alla Rs o a un eventuale repubblica croata??
    Buoni confini,buone relazioni di vicinato.

    • Katarina Lazic

      Sono pienamente d’accordo con te Nikola…quando si deve spezzare la Serbia si parla sempre dell’autonomia..per altri invece mai…

      • Esatto ma la cosa che mi fa imbestialire di più è che il diritto all’autodeterminazione vale solo per alcuni. La Bosnia indipendente dalla Jugoslavia andava bene a quasi tutto l’occidente mentre quando si parla di separazione della RS dal resto del paese è uno scandalo.

        • Katarina Lazic

          Sì esatto…poi è anche così nella letteratura accademica.Sembra che il termine auto-determinazione ha un suo peso non uguale per tutti, perché quando si parla dei Balcani se deve seguire un certo mainstream…guai a te se non lo fai…sei un nazionalista serbo…

  4. Beh, una rivendicazione dei partiti croati nella federazione e’ comunque solo posticipata con la mancata indipendenza della Srpska. I rapporti gioverebbero perche’ non ci sarebbero i rimbalzi di colpe quotidiani che caratterizzano la vita politica bosniaca. Ci sarebbe il rischio di una risposta armata da parte dei bognacchi, questo si’, perche’ essere scacciati dalle proprie case e poi vedere quei stessi territori andarsene per i fatti propri deve essere duro da accettare. Ma lo stesso rischio c’e’ comunque, e viene reso piu’ probabile tutte le volte che Dodik spara una delle sue. Appare evidente che la Bosnia non sta subendo uno stallo, ma sta proprio andando indietro. Forse bisogna reagire prima che sia troppo tardi, piuttosto che continuare a scomettere su un cavallo perdente soltanto per affetto, o perche’ ci abbiamo investito tanto. Quella attuale non e’ una soluzione. Ne vogliamo cercare altre si’ o no? A me quella di Zizek appare tra quelle plausibili. Ciao Alf!

  5. Nei Balcani gli occidentali applicano sempre due pesi e due misure, il principio di autodeterminazione vale per tutti, ma non per i serbi….tacciati di ultranazionalismo,di revisionismo e di essere la causa di ogni destabilizzazione dell’ordine imposto dalla nato/ue nella regione. Criminali di guerra come Gotovina, o assassini mafiosi come haradinaj sono liberi, mentre nelle prigioni dell’Aja rimangono solo i Serbi.
    La separazione della RS, porterebbe alla nascita di un mini stato…ma le stesse obiezioni non sono mai state sollevate nei riguardi dell’ autoproclamato stato fantoccio del Kosovo.
    A mio parere, la separazione della RS e il ricongiungimento sotto un unico stato dei fratelli di oltre Drina con la Serbia sarebbe l’unica soluzione praticabile, che garantirebbe pace e stabilità in Bosnia, non ritengo che i confini della Bosnia attuale siano un principio sacro, immutabile e intoccabile come vorrebbero farci credere alcuni commentatori.
    Se i cantoni croati vorranno autonomia, o chiederanno di essere riuniti a Zagabria,sarà un loro diritto, e a quel punto ognuno sarà libero di proseguire autonomamente la propria strada nella storia…chi con Zagabria..chi con Belgrado e chi con Istanbul…la mecca o riyadh….

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