La guerra che ha avuto luogo negli anni seguenti (1992-1994) ha spinto in secondo piano il processo di democratizzazione. Negli anni del conflitto armato, l’élite militare aveva concentrato il potere nelle proprie mani, e la stampa e la televisione, trovandosi sotto il completo controllo delle autorità, erano parte attiva di una macchina propagandistica che non accettava critiche. Sono serviti anni affinché si ritornasse a pensare in termini di vita pacifica.
La situazione post-conflitto, quando non c’è più la guerra ma non si vive ancora la pace, non è certo la base migliore per lo sviluppo della democrazia. Vi sono due fattori che in modo particolare rendono più complessa la strada della democratizzazione: la sensazione di minaccia esterna, rafforzata dalla retorica aggressiva del governo azero, e la posizione poco costruttiva della comunità internazionale.
Temendo la minaccia esterna, anche se non esiste formalmente censura, si rende più forte il fenomeno dell’auto-censura, non solo tra i giornalisti, ma anche tra i cittadini comuni. Gli interessi nazionali vanno prima di tutto.
Il comportamento della comunità internazionale è controproducente poiché, prima di ogni elezione in Karabakh, organizzazioni internazionali quali il Consiglio d’Europa raccomandano che le elezioni non si tengano affatto. Il timore è quello che il riconoscimento ufficiale del Nagorno-Karabakh possa destabilizzare l’area, un timore tanto forte che si preferisce bloccare lo sviluppo di uno dei pochi sistemi democratici del Caucaso. Non bisogna poi dimenticare quanti e quali interessi si giochino nell’area (vedi EstOvest-strategie energetiche).
La democrazia in Karabakh si trova a sopravvivere in queste condizioni. “Sopravvive”, benché in passato è sembrato che vi potesse essere un nuovo slancio democratico come quello del 1988.
In un modo o nell’altro, nella società del Nagorno Karabakh si è formata una tendenza ad avere una società monopolare dal punto di vista politico, e anche per questo l’uscita di 5 parlamentari dal gruppo di maggioranza in parlamento avvenuta lo scorso febbraio è arrivato come un fulmine a ciel sereno. Il partito “Patria Libera” è quindi diventato il primo partito in parlamento.
Questo sembra essere solo un primo passo verso una nuova fase di rinnovato dibattito politico.