La Turchia propone una soluzione al conflitto del Nagorno-Karabakh

Dopo che la Russia ha riconosciuto l’indipendenza di Ossezia del Sud e Abkhazia, a Yerevan si è risvegliata la speranza di ottenere lo stesso trattamento per il Nagorno Karabakh, l’enclave a maggioranza armena incuneata nel vicino Azerbaijan. Dalla fine degli anni Novanta Stepanakert, capoluogo della regione, è de facto autonoma da Baku e protetta dall’esercito armeno, ma nessuno dei due Stati ha rinunciato alla sovranità. O meglio, Yerevan, almeno formalmente, vi ha rinunciato, riconoscendo il Nagorno Karabakh come Stato indipendente. Politici e analisti armeni sperano che, per tenere a bada i vari focolai caucasici, Mosca ricorra al loro aiuto e sia disposta a offrire qualcosa in cambio. D’altra parte, Baku riveste un importante ruolo economico (petrolio del Caspio) e geostrategico (oleodotti dall’Asia centrale) sia per la Russia che per gli Stati Uniti, un ruolo che ha spinto Cheney a sostenere con fermezza l’integrità territoriale dell’Azerbaijan.

A settembre, però, è entrata di nuovo in gioco la Turchia, che ha riaperto un canale  di dialogo con l’Armenia, anche se il confine tra le due nazioni rimane chiuso dai tempi della guerra con il turcofono (e turcofilo) Azerbaijan. Ankara ha parlato anche di una soluzione per porre fine al conflitto del Nagorno-Karabakh. il primo ministro turco Erdogan era a San Pietroburgo a proporre la “Piattaforma caucasica per la stabilità e la cooperazione”. La sua non è un’idea nuova: quasi tutti i presidenti e i premier turchi hanno fatto questo genere di proposte. “Nessuno conosce il contenuto di questa piattaforma” secondo Gayane Novikova, direttrice del centro armeno di studi strategici Spectrum. La vera notizia è che, visti gli sviluppi in Georgia, il peso politico dell’Armenia sta crescendo. Quel che è certo è che l’Azerbaijan vorrebbe un coinvolgimento su larga scala della Turchia nel processo di pace, anche come mediatore ma finchè la Turchia terrà chiuso il suo confine con l’Armenia e rifiuterà di instaurare relazioni diplomatiche con Yerevan, dimostrando di appoggiare ancora l’Azerbaijan, non si potrà dichiarare imparziale né coprire il ruolo di mediatrice.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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