DA BERLINO – Soffia sull’intera Europa un piacevole vento di conta e statistiche. Proiezioni nate con il fine esplicito di essere smentite o generare qualche speranza nei cuori dei sognatori più intransigenti. Operazioni con le quali la connaturata instabilità politica ceca va a nozze. Cioè: quando hai la quasi certezza che un esecutivo o coalizione al massimo dura un paio di anni, almeno divertiti con i numeri del successivo. Da un punto di vista meramente cronologico gli ultimi dati forniti dalla agenzia STEM* sono i seguenti: l’attuale e principale partito di opposizione ČSSD (i socialdemocratici) assieme al KSČM (i comunisti) raggiungerebbero agili quota 138 seggi alla Camera dei Deputati ossia la maggioranza nel contesto di ipotetiche elezioni politiche (ipotetiche fino un certo punto poiché in Repubblica Ceca si voterà sul serio tra non molto tempo.) Altri che finirebbero in parlamento sarebbero l’ODS -corrispettivo di centrodestra del ČSSD– e il Top09 di Karel Schwarzenberg appartenente allo stesso schieramento. Scarseggerebbero viceversa le possibilità di rentrée per i cristiano-democratici del KDU-ČSL, il cui bacino elettorale non parrebbe garantire un superamento della fatidica soglia del cinque percento. Idem il movimento di Radek John Věci Veřejné che -progettato con intenti di rottura e portavoce di istanze di trasparenza- ha impiegato pochi mesi ad impelagarsi in scandali e scivoloni che affosserebbero carrozzoni ben più rodati.
Quello che però potrebbe rappresentare l’elemento di maggiore interesse della proiezione STEM è la conferma (o proiezione di conferma) di quanto il secondo partito più votato a Praga e dintorni potrebbe essere il KSČM post-comunista a spese dei popolari dell’attuale premier e capo di stato. Scontati parallelismi con boom (termine abusatissimo ma forse chiarificatore) altrove di partiti radicali a discapito di storici colossi.
I numeri dell’ipotetico botto post-comunista: salirebbero i seggi da 11 a 46 e nella intera -ma pure questa ipotetica- coalizione coi socialdemocratici comporterebbe il già citato totale di 138 rispetto ai 123 dello scorso marzo. La maggioranza sta a quota centoventi.
Fenomeno analizzato da molti e proprio ieri dal ministro dei trasporti Pavel Dobeš, uno che bazzica il settore forse più delicato nel paese. Certo tra i più toccati da scioperi e polemiche. La strabiliante scoperta è che ci sarebbe l’ormai celebre spettro della recessione economica dietro questo aumento dei voti per la sinistra più sinistra e, sebbene in misura sensibilmente minore, la destra più destra**. Al di là della condivisibiltà di talune istanze, individui abili a radicarsi nel territorio (come ai tempi si usava scrivere per qualche partito in qualche zona d’Italia), mangiare consensi altrui e generare aggregazione: solo l’anno scorso le manifestazioni riconducibili all’estrema sinistra sono state più di 210 contro le circa 120 dell’estrema destra. Che comunque in Repubblica Ceca non si direbbe al momento in grado di spedire gente in parlamento.
* Středisko empirických výzkumů cioè «centro studi empirici». Società con sede in un bel palazzone praghese. Analisi ri-pubblicata da České Noviny.
** Tipo quelli del dissolto Dělnická strana o Dělnická mládež, i cui simboli sono ruote dentate di varie forme e dresscode rigidissimo: tutto nero.
Sono piuttosto d’accordo con l’analisi dell’articolo; vorrei solo ricordare che i comunisti non sono una riscoperta recente nella Repubblica ceca, l’unico paese ex satellite dell’URSS dove esiste ancora un partito comunista (altrove sono stati messi fuori legge o si sono trasformati in socialisti o social-democratici). Erano forti prima del colpo di Stato del 1948 e sono stati dal 1989 in poi il secondo, terzo o IV partito. Ultimamente sono il terzo partito.
I dati STEM che ho citato -ricavati da sondaggi di fine aprile- riportano il KSČM secondo partito al 14.0 percento contro l’11.9 dell’Ods. Primi i socialdemocratici al 26.1. Ma d’accordissimo sul fatto che -al di là della graduatoria del momento, variabile e solo indicativa- anche prima di questa crescita il KSČM fosse realtà centrale nella scena politica ceca.
Nell’articolo ci sono delle imprecisioni notevoli. Il Kscm non è un partito postcomunista, ma un partito comunista vero e proprio (significa: Partito Comunista di Boemia e Moravia), al limite lo si può definire neocomunista. Ed è una delle realtà più interessanti dell’Est europeo. Vi aderiscono un bel po’ di intellettuali, alcuni dei quali ex-dissidenti. Attualmente non ha 11 deputati, ma 26 ((11,2% è la percentuale conseguita alle ultime politiche). Per quanto riguarda i sondaggi, essi sono fatti in modo diverso da noi, in quanto prendono in considerazione anche la percentuale di non voto. In realtà, se si prendono in considerazione solo coloro che andranno effettivamente a votare, la percentuale dei comunisti sale a oltre il 20%, quella dei socialdemocratici al 37% e così via.
Mi permetto di osservare che nei periodi di crisi economiche i partiti dell’estrema Destra e dell’estrema Sinistra raggiungono una meno modesta fascia di votanti. Per memoria storica ricordo che nella Germania degli anni Venti comunisti e nazisti raggiungevano cifre elettorali notevoli. A esempio più ‘fresco’ vale la Grecia nella quale é arrivata alla ribalta niente po di meno che una frangia nazista (sarebbe interessante sapere se rendono omaggio ai Caduti greci nella seconda guerra mondiale) e formazioni di estrema Sinistra che, armi in pugno, combatterono per una Grecia comunista negli anni successivi al secondo conflitto mondiale.