BOSNIA: Dodik va a Mosca, finisce sotto sanzioni ed espelle la ministra tedesca

di Martina Marazzini e Andrea Zambelli

Milorad Dodik resta al centro delle turbolenze politiche in Bosnia Erzegovina. Tornato da Gerusalemme con una richiesta di mandato di cattura internazionale sulle spalle, il leader serbo-bosniaco ha raggiunto Putin a Mosca per poi tornare nel paese balcanico. All’annuncio di sanzioni da parte di Austria e Germania, ha quindi dichiarato persona non grata la ministra tedesca Anna Luhrmann. E se Interpol ha poi declinato la richiesta di mandato internazionale, resta sulla sua testa una richiesta d’arresto che nessuno, per ora, si azzarda a mettere in atto. Ma la pressione cresce.

Dov’è Mile? Da Gerusalemme a Mosca

Dieci giorni fa, passato di straforo la frontiera e dopo aver visitato Vucic a Belgrado, Dodik era a Gerusalemme per una conferenza sull’antisemitismo, quando gli arrivò notizia che la Corte statale bosniaca aveva richiesto un mandato di cattura internazionale. Dodik dovette lasciare in fretta e furia Israele, ospite ingombrante anche per il governo di estrema destra di Tel Aviv.

Dopo due giorni in cui non si sono avute sue notizie, Dodik ha rotto il silenzio con una breve frase su twitter: “Stigao sam”, sono arrivato. Sì, ma dove?  Dopo altri due giorni, con un nuovo video, Dodik rivelava di essere a Mosca. Una gradita visita all’amico Putin, una fuga, o l’inizio di un esilio?

L’incontro con Putin

Martedì 1° aprile, ha avuto luogo il ventiseiesimo – come ha orgogliosamente puntualizzato Dodik – incontro tra i due. Anche stavolta, il leader serbo-bosniaco non ha perso l’occasione per ribadire il suo sostegno alla Russia e la sua ammirazione per Putin, definendolo un “leader mondiale e storico”.

Da parte sua, Vladimir Putin, che ha sempre sostenuto le politiche secessioniste di Dodik, si è dichiarato “molto felice di vederlo a Mosca” ed ha rinnovato l’invito a partecipare alla parata del 9 maggio per celebrare l’80° anniversario della vittoria sovietica sul nazi-fascismo.

Dodik ha più volte giocato la carta russa per sfidare l’Occidente: il 12 marzo scorso aveva dichiarato che chiederà alla Russia di porre il veto in Consiglio di Sicurezza ONU contro l’estensione della missione militare EUFOR Althea oltre novembre 2025.

Dopo l’incontro con Putin, Dodik ha affermato che la Russia, in quanto “garante degli accordi di pace”, si sarebbe battuta per mettere fine anche all’autorità del “falso Alto Rappresentante“, come il presidente della Republika Srpska apostrofa l’ex ministro tedesco Christian Schmidt. Erano bastati pochi giorni dal suo insediamento, nell’agosto 2021, perché l’Ambasciata russa a Sarajevo emettesse una nota diplomatica dichiarando di non accettare Schmidt come Alto Rappresentante e dunque di non riconoscere né la sua autorità né la sua legittimità.

L’instabilità nella regione, infatti, permette alla Russia di mantenere una certa influenza e sabotare l’integrazione euro-atlantica dei paesi balcanici – Serbia e Bosnia in primis. Parallelamente, consapevole di avere l’appoggio del Cremlino, Dodik continua a muoversi liberamente – letteralmente e metaforicamente – sfidando le istituzioni statali bosniache e la comunità internazionale.

Il ritorno in patria e le sanzioni di Austria e Germania

Di ritorno a Banja Luka, di nuovo schivando la Polizia di frontiera, Dodik ha trovato una situazione politica a suo sfavore: i partiti di opposizione in Republika Srpska si stanno infatti accordando con gli altri partiti di governo per espellere Dodik e il suo SNSD dalla coalizione di governo statale.

E giovedì 3 aprile, da Sarajevo, le rappresentanti di Vienna e Berlino – la ministra degli esteri austriaca Beate Meinl Reisinger e la ministra degli affari europei tedesca Anna Lührmann – hanno annunciato l’introduzione di sanzioni contro Dodik e la leadership politica dell’entità a maggioranza serbo-bosniaca, a cui sarà impedito l’ingresso in Austria e Germania. Si tratta delle prime sanzioni personali da parte di paesi membri UE, dopo quelle americane e britanniche, visto il no ungherese a sanzioni europee.

“Gli attacchi all’integrità costituzionale della Bosnia-Erzegovina da parte di politici di spicco della Republika Srpska, che mirano a indebolire deliberatamente l’intero Stato, sono inaccettabili e rappresentano una minaccia per la sicurezza e la stabilità in Bosnia Erzegovina e nell’intera regione. Inoltre, impediscono il progresso verso l’adesione all’UE e mettono a repentaglio il futuro europeo del Paese”, hanno affermato Meinl-Reisiger e Lührmann. “Non possiamo più tollerare questi comportamenti“.

Dodik espelle la ministra tedesca

La reazione di Dodik è arrivata a stretto giro. Mentre era a Banja Luka per incontrare i leader dell’opposizione, il governo della Republika Srpska ha dichiarato Anna Lührmann persona non grata.

“Come ogni visitatore sgradito, la ministra tedesca Lührmann si era intrufolata a Banja Luka per incontrare i suoi scagnozzi nel seminterrato”, ha twittato Dodik. “Mi aspetto che la polizia della RS la scorterà presto fuori dalla Republika Srpska per sempre”.

E poco dopo Dodik ha twittato di nuovo: “Se n’è andata. Non posso credere che fosse così ingenua da aspettarsi che, dopo tutte le bugie e gli insulti che ha pronunciato solo per compiacere il bazaar di Sarajevo, noi nella Republika Srpska osservassimo in silenzio le sue azioni.”

Konakovic chiede il sostegno UE per arrestare Dodik. E a Sarajevo arriva Kallas

Intanto, a Sarajevo aumentano le voci che chiedono sostegno internazionale per chiamare il bluff e arrestare Dodik. Il ministro degli esteri bosniaco Dino Konaković ha denunciato “un atto terroristico e uno scandalo diplomatico“, e ha invitato altri paesi UE ad adottare sanzioni contro i leader serbo-bosniaci. Konaković ha anche chiesto l’intervento della missione militare EUFOR Althea per facilitare l’arresto di Dodik, e ha denunciato il sostegno che questi ancora riceve dalla Serbia.

“Ieri, Dodik ha richiesto esplicitamente che Anna Lührmann venisse spaventata, intimidita ed espulsa. Abbiamo informazioni ufficiali da persone sul campo, che erano lì, che Dodik ha insistito personalmente. Il direttore [della polizia] e il Ministro degli interni [della RS] non erano a favore. Ma Borislav Boškić del Ministero degli interni della RS ha ricevuto un ordine diretto di informare la delegazione di lasciare immediatamente la zona di Banja Luka”, ha affermato Konaković.

Il ministro degli esteri ha annunciato una lettera a tutti i paesi membri UE, oltre che a Washington e Londra, e che avrebbe sollevato la questione alla riunione informale coi ministri degli esteri UE il 13 aprile in Lussemburgo. “Se l’UE non può essere efficace in Bosnia ed Erzegovina, allora non può certamente esserlo in Ucraina”.

E in questo clima effervescente, martedì 8 aprile verrà a Sarajevo per la prima volta l’Alta Rappresentante per la politica estera UE, Kaja Kallas, in missione regionale, dopo aver visitato Albania e Montenegro. Kallas passerà in rassegna le truppe di EUFOR Althea e incontrerà la Presidenza statale, la premier Borjana Krišto e il ministro degli esteri Konaković.

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