Giovedì 3 aprile ottanta studenti sono partiti da Novi Sad in bicicletta con destinazione Strasburgo, con l’obiettivo di sensibilizzare l’Europa sull’importanza di lottare per la democrazia.
Sui pedali verso la Corte europea dei diritti umani
Nella mattina di giovedì 3 aprile ottanta studenti e accademici sono partiti da Novi Sad, in Vojvodina, in sella alle loro bici per un viaggio di un paio di settimane verso la Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo, con l’obiettivo di sensibilizzare l’Europa sull’importanza della lotta per la democrazia che da mesi sta percorrendo la Serbia e che ha già generato potenti cataclismi sociali e politici.
Gli indomiti ciclisti pedaleranno per oltre 1.300 chilometri verso il cuore geografico e istituzionale dell’Europa per chiedere solidarietà, riconoscimenti e consapevolezze. Secondo il diciannovenne Vuk, studente presso la Facoltà di Ingegneria meccanica di Belgrado, la Serbia ha infatti bisogno disintossicarsi dai veleni del decennale regime del presidente Aleksandar Vučić, ma anche l’Europa ha bisogno di maggiore consapevolezza.
Il corteo a due ruote non poteva che partire da Novi Sad, dove il primo novembre scorso il crollo della pensilina alla stazione ferroviaria ha falciato 16 vite (dopo mesi di agonia, un diciottenne rimasto ferito nell’incidente si è spento pochi giorni fa, facendo salire a 16 il bilancio delle vittime); dopo aver raggiunto Subotica nella serata di giovedì, accolti a festa dalla gente e dalla banda locale che suonava musica tradizionale della Vojvodina, e varcato i confini ungheresi il giorno dopo, i ciclisti punteranno a Bratislava, poi Vienna, Monaco, Stoccarda e infine Strasburgo. Il viaggio lungo il Danubio, seguendo la rotta del percorso EuroVelo 6 dovrebbe durare poco meno di due settimane.
L’obiettivo principale del corteo a pedali è quello di raggiungere Strasburgo la sera del 15 aprile per informare la Corte europea dei diritti dell’uomo sulla complicata situazione in Serbia, per mobilitare i concittadini della diaspora – molto numerosi a Vienna e nel sud della Germania – e per sensibilizzare i giovani di tutta Europa alla lotta per la democrazia.
Gli studenti serbi, ideatori e coordinatori delle blokade oceaniche che stanno scuotendo il loro paese da mesi e che hanno già ottenuto importanti risultati, vogliono propagare la loro voce in tutto il vecchio continente attraverso la cassa di risonanza delle istituzioni di Strasburgo, nella speranza che queste possano difendere i diritti di tutti coloro che sono “costretti a rimanere in silenzio“.
Il successo delle manifestazioni in Serbia – l’ultima in ordine cronologico è quella del 15 marzo a Belgrado con oltre trecentomila persone – rappresenta una formidabile rivincita per un popolo che deve agli studenti i traguardi già raggiunti: dalle dimissioni del premier Miloš Vučević alla fine di gennaio, alla rissa in parlamento del 4 marzo scorso, passando per l’occupazione della TV pubblica RTS e dei centri culturali della capitale.
Disposti a tutto per ottenere libertà e giustizia
I ciclisti presenteranno una lettera formale alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma il vero senso della loro impresa è dimostrare a tutta Europa che sono disposti a tutto pur di raggiungere la libertà e la giustizia nel loro paese. Da quando il loro tour è stato annunciato, gli studenti hanno ricevuto numerose donazioni, oltre al sostegno morale dei connazionali.
Alla mattina della partenza decine di famiglie, amici e conoscenti si sono riversati nel campus universitario di Novi Sad per garantire ai ragazzi il proprio appoggio, mentre qualcuno si affrettava a distribuire barrette di cioccolato e bevande energetiche. Per poter partecipare all’iniziativa era necessario superare una prova fisica che consisteva nel percorrere circa 120 chilometri a passo sostenuto. Alcuni hanno già preso parte alle marce tra le tre città principali del paese – Novi Sad, Belgrado, Niš – organizzate a marzo.
All’arrivo a Budapest, sabato 5 aprile, gli studenti sono stati accolti dal sindaco liberale Gergely Karácsony, che ha ricordato come tanti in Ungheria sostengono la lotta degli studenti serbi. “Poiché i governi serbo e ungherese sono alleati, anche i democratici di Serbia e Ungheria dovrebbero coalizzarsi”, ha affermato.
Per questi ragazzi l’Unione Europea incarna la libertà e la garanzia del rispetto dei diritti umani, un posto dove il regime del presidente Vučić non dovrebbe nemmeno poter esistere. Ma i ragazzi sanno che in un’Europa sempre più orientata a destra il regime serbo non è l’unico; è per questo che la lunga pedalata degli studenti serbi porta in grembo la speranza per un bene superiore transazionale: sensibilizzare i loro coetanei di tutta Europa su quanto la democrazia sia importante e, di questi tempi, sempre più fragile.
Foto: Nemanja Pančić, Nova.rs