La manifestazione di Momentum a Budapest diventa un corteo: i manifestanti protestano contro i provvedimenti liberticidi del governo.
Ancora un pomeriggio di protesta ieri a Budapest. Qualche migliaio di persone ha inscenato un corteo che per cinque ore ha bloccato il lungodanubio dal ponte Petőfi al ponte Margherita. Partito dalla piazza antistante il ponte Elisabetta, dove si era tenuta una manifestazione autorizzata del partito politico Momentum, il corteo si è poi spostato verso il ponte della Libertà. Un doppio cordone di polizia ha impedito ai manifestanti di raggiungere Buda e, quando il corteo è tornato verso Pest, le forze dell’ordine si sono affrettate a bloccare l’accesso anche al ponte Petőfi, di fatto paralizzando il centro città. Intorno alle nove di sera è stata la volta del ponte Margherita, già occupato martedì scorso subito dopo l’approvazione in Parlamento dell’emendamento anti-Pride.
I partecipanti hanno sfilato sventolando la bandiera nazionale e anche quella europea. Alcuni in viola, il colore di Momentum. “Democrazia!”, “Orbán, vattene!”, “La polizia è con noi”, “Russi a casa!” sono stati alcuni dei cori scanditi dai manifestanti. Così come “gli insetti vincono” con chiaro riferimento all’espressione usata lo scorso 15 marzo dal presidente del Consiglio per indicare giornalisti, opposizioni e organizzazioni civili.
Tutto è cominciato alle 17 quando su un palco autorizzato in piazza Ferenciek si sono alternati alcuni esponenti di Momentum. Ha preso la parola Ákos Hadházy, che ha definito una “porcheria” la legge anti-Pride e ha rimandato al mittente le accuse di antipatriottismo cantando l’inno nazionale. Ancora più incisiva la sindaca di Ferencváros, Krisztina Baranyi. «Il Pride, la libertà di stampa e la guerra in Ucraina sono questioni politiche di primaria importanza. Non vanno evitate, ma affrontate. Quando il Pride viene vietato, non si deve rimanere in silenzio, ma vestire la città di arcobaleno» dice Baranyi, che invita tutti a partecipare alle manifestazioni per impedire a Orbán di varcare il confine che porta nella Russia di Putin.
Al termine della manifestazione Hadházy è salito nuovamente sul palco per dare appuntamento a martedì prossimo. «La resistenza continuerà – ha detto – fino a quando non verranno soddisfatte le nostre richieste» (n.d.a. il ritiro dell’emendamento votato e il rifiuto di modifica della Costituzione). «È finito il tempo delle lamentele e dei piagnistei. Finora è mancato un partito di opposizione forte e credibile, così come è mancata la resistenza. Le due cose devono andare di pari passo, non si possono ostacolare a vicenda». Ed ancora: «Se la risposta del governo è dura (n.d.a. il riferimento è all’interdizioni in Parlamento e alla multa milionaria inflitta a cinque deputati di Momentum per le proteste del 18 marzo scorso), la nostra lo sarà ancora di più».
Non poteva poi mancare una parola per Péter Magyar, il leader di Tisza, a cui Momentum chiede di assumersi le proprie responsabilità e di dire pubblicamente che queste sono le leggi di Putin.
Nelle prossime ore capiremo quale posizione assumerà Magyar e quale strategia metterà in atto Orbán. In attesa di ciò che succederà martedì primo aprile.
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