Almeno 59 persone, per lo più giovanissime, hanno perso la vita nell’incendio avvenuto nella notte del 16 marzo in una discoteca di Kočani in Macedonia del Nord, e più di 155 sono state ricoverate in ospedale. A seguito della tragedia, è stato ordinato l’arresto di quindici persone, tra cui l’ex ministro dell’Economia Kreshnik Bekteshi, il quale era alla guida del dicastero quando era stata rilasciata la licenza al club.
La tragedia
Nella notte tra il 15 e il 16 marzo la discoteca Pulse di Kočani, cittadina di 25 mila abitanti ad un centinaio di chilometri da Skopje, è diventata l’inferno. L’incendio è scoppiato circa alle 2:30 del mattino, durante l’esibizione dei Dnk, gruppo hip-hop e r&b di fama nazionale, a causa di un malfunzionamento degli effetti pirotecnici adiacenti al palco. Le scintille generate da questi ultimi sono schizzate al soffitto appiccando il rogo. Mentre l’incendio divampava all’interno della discoteca, il panico si è diffuso velocemente, costringendo i 1500 presenti – il locale era autorizzato a contenere un massimo di 250 persone – a tentare la fuga verso l’unica uscita del locale. Nel frattempo, i soccorsi tardavano ad arrivare.
La Macedonia del Nord ha immediatamente attivato il Meccanismo europeo di protezione civile, lo strumento dell’Unione Europea – della quale è paese candidato all’entrata – nato per facilitare la cooperazione negli interventi di assistenza in caso di emergenza, richiedendo l’evacuazione di alcuni dei feriti. Molti pazienti sono stati trasferiti tra Bulgaria, Croazia, Grecia, Romania, Repubblica Ceca, Slovenia, Svezia, Lituania, Turchia, Ungheria, Lussemburgo, Norvegia, Serbia e quattro anche in Italia, inoltre Belgrado e Praga hanno inviato degli specialisti direttamente a Skopje per curare i feriti. La risposta internazionale è stata pronta – sono arrivate parole di sostegno anche dal direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus -, mentre in patria si è da subito innescato il dibattito pubblico.
Le indagini e gli arresti
All’indomani della tragedia, il primo ministro macedone Hristijan Mickoski ha dichiarato che il locale deteneva una licenza d’esercizio falsa e scaduta da due mesi, firmata da Razmena Čekić-Djurovič, ex segretaria di Stato presso il ministero dell’Economia. Čekić-Djurovič è stata iscritta al registro degli indagati assieme ad altri 19 sospettati, tra cui l’ex ministro dell’Economia Kreshnik Bekteshi, che ha guidato il dicastero dal 2017 al 2024, anno in cui è stata rilasciata la licenza al Pulse di Kočani, prima delle elezioni politiche di maggio.
Inoltre, è emerso che il capannone che è stato teatro della tragedia era una struttura abusiva, costruita nel 1999, e inizialmente adibita a laboratorio tessile e riconvertita abusivamente prima di essere regolarizzata nel 2005. Tuttavia, il locale presentava numerose violazioni delle norme di sicurezza, tra cui la mancanza di uscite di emergenza e di accessi consoni per i mezzi di soccorso – che per lo più sono sopraggiunti sul luogo del disastro in ritardo – e un numero insufficiente di estintori.
Il ministro dell’Interno Pance Toskovski ha dichiarato che gli organi giudiziari stanno indagando anche sulle istituzioni, a partire dai ministeri dell’Economia e dell’Interno, e dagli ispettorati del Mercato e del Lavoro: si teme una trama di corruzione. Difatti, la Commissione statale per la prevenzione della corruzione ha richiesto un’intensificazione delle ispezioni in tutte le discoteche del paese e procedimenti disciplinari contro gli ispettori che pur avendo riscontrato irregolarità negli esercizi commerciali non ne hanno ordinato la chiusura, liquidandoli con delle sanzioni pecuniarie.
“Le persone saranno inorridite […] quando vedranno le somme per le quali sono stati emessi questi documenti […], in contrasto con tutti i regolamenti che riguardano ciò che ha a che fare con il normale funzionamento di un cabaret o di una discoteca” ha detto Toskovski ai giornalisti, alludendo alla corruzione che aleggia sulle concessioni delle licenze ai locali. È bene ricordare che d’altronde la Macedonia del Nord è ancora una delle nazioni con più corruzione in Europa, avendo fatto segnare un punteggio di 40 nell’indice di Transparency International, il medesimo di Kazakhstan, Suriname e Vietnam, e il secondo più basso – alle spalle della Serbia – tra i paesi membri e i paesi candidati dell’Unione Europea.
Le reazioni
Un episodio simile era accaduto in Romania nel 2015, quando si contarono 64 morti in seguito ad un incendio scoppiato in un nightclub di Bucarest. In quel caso, la tragedia aveva spinto l’allora primo ministro Victor Ponta alle dimissioni. Tuttavia, il nuovo governo macedone guidato da Mickoski, il primo di centro-destra dopo sette anni di governi di centro-sinistra, ha sin da subito individuato nei loro predecessori i responsabili della tragedia della discoteca. Non a caso, il primo ministro ha prontamente respinto l’ipotesi di dimettersi, ma ha promesso di indire nuove elezioni quando sarà sconfitta la corruzione. Infatti il Vmro-Dpmne, partito di destra nazionalista di cui Mickoski è il leader, potrebbe approfittare di un’ulteriore sfiducia nei confronti dei socialdemocratici per migliorare i risultati ottenuti nelle elezioni parlamentari del giugno 2024. Inoltre, le indagini contro i suoi nemici politici potrebbero rafforzare la credibilità di Mickoski come candidato anti-corruzione. Infatti, il primo ministro macedone, sin dalla sua ascesa politica, si è schierato in forte discontinuità con il passato del partito e l’ex leader Nikola Gruevski, il quale mentre era primo ministro si era reso protagonista di uno scandalo di corruzione e riciclaggio di denaro.
Mickoski, per sottolineare la sua linea dura sulla corruzione, non ha scagionato neanche il suo compagno di partito e sindaco di Kočani Ljupča Papazova, dimessosi due giorni dopo la tragedia ma non ancora iscritto al registro degli indagati. “La procura stabilirà se e in quale misura il sindaco è responsabile – ha dichiarato il primo ministro ai giornalisti – […]. Non proteggeremo nessuno. Anche se fosse mio fratello, se sarà colpevole di qualsiasi crimine sarà ritenuto responsabile”. D’altronde, sebbene la licenza sia stata rilasciata dal ministero dell’Interno, il comune di Kočani è stato negligente nei confronti del locale, suggerisce Martin Panovski, ex presidente dell’Associazione degli architetti, ai microfoni di Radio Slobodna Evropa.
La Macedonia del Nord non è nuova a questo tipo di tragedie. Nel settembre del 2021, 14 persone persero la vita in un incendio nell’ospedale di Tetovo. A bruciare era stato un prefabbricato, allestito per gestire l’emergenza Covid-19, che non rispettava le norme di sicurezza. In quel caso, la magistratura macedone condannò due dirigenti dell’ospedale, Artan Etemi e Florin Besimi, fratello dell’allora ministro della Difesa macedone, ad un anno e sei mesi con la condizionale. Questa decisione sollevò le reazioni dell’opposizione, all’epoca guidata dallo stesso Vmro, che accusò la magistratura di essere controllata dalla politica, e della piazza. Oggi come allora, è proprio la pancia del paese a chiedere giustizia, stanca di piangere i propri concittadini. Il lunedì successivo alla tragedia, i cittadini hanno manifestato davanti al municipio di Kočani, al grido di “assassini” e “vogliamo giustizia”, e davanti all’Università Santi Cirillo e Metodio di Skopje. La tragedia della discoteca Pulse non è solo un lutto nazionale, ma l’ennesimo segnale di un sistema corrotto: senza un’azione politica concreta queste tragedie non cesseranno di accadere, come dimostra il recente passato.
Foto: EPA-EFE/GEORGI LICOVSKI