La legge anti-Pride scuote la piazza in Ungheria. Tra i leader della protesta il giovane Dávid Bernő di Momentum. Il governo Orbán non sembra però cedere.
Martedì 19 è scesa in piazza anche Budapest. Dopo le manifestazioni di Belgrado e di Bucarest, i sostenitori del partito politico Momentum si sono radunati in piazza Kossuth per protestare contro l’approvazione, in tempi rapidissimi, della legge anti Pride.
Con 136 sì, 27 no e nessun astenuto il parlamento ungherese ha approvato nel pomeriggio di ieri l’emendamento alla legge principale secondo la quale il diritto alla “protezione e alle cure necessarie per un corretto sviluppo fisico, mentale e morale dei bambini” precede i diritti costituzionali come la libertà di riunione e di espressione. Viene così di fatto vietato il Pride in programma per il 28 giugno prossimo. Mentre Fidesz, KDNP, Mi Hazánk e Jobbik votavano per il sì, tra i banchi del Parlamento i deputati di Momentum hanno inscenato una protesta con fumogeni e lancio di volantini con foto di Orbán e Putin che si baciano. Lo scopo (fallito) era quello di bloccare o almeno procrastinare la votazione.
La protesta
Si è scesi allora in piazza dove una piccola folla si è radunata cantando l’inno di Kossuth e dirigendosi verso il ponte Margherita tra cordoni di polizia. Per un’ora il traffico della capitale è stato bloccato. Tra i manifestanti hanno sfilato anche i leader di Momentum, Ákos Hadházy e Dávid Bedő, che rappresentano due generazioni a confronto. Più incisivo il trentaduenne Bedő che ha parlato alla stampa di un attentato ai diritti umani. “In nessun altro Paese in Europa – dice Bedő – è in atto un processo di putinizzazione come in Ungheria. La legge mette a repentaglio i diritti di libertà di ogni cittadino, non solo delle comunità LGBTQ+. La manifestazione – prosegue Bedő – vuole sensibilizzare l’opinione pubblica e far comprendere che si è andato oltre ogni limite”.
L’emendamento approvato martedì potrebbe diventare un boomerang per il governo. Tra i manifestanti molti hanno dichiarato che, pur non avendolo mai fatto, prenderanno parte il 28 giugno prossimo al Pride. “Forse non è legale quello che stiamo facendo – ha aggiunto una giovane ragazza – ma è l’unica possibilità che ci rimane”. L’obiettivo della piazza è quello di motivare i cittadini a partecipare e far sì che si raggiungano i numeri di Belgrado. E magari anche di raccogliere altri gruppi sociali che recentemente sono scesi in piazza per protestare contro il governo, come ad esempio gli insegnanti delle scuole pubbliche. Uno scoglio importante, infatti, è rappresentato dall’opinione pubblica nazionale che sembra sempre più assuefatta alla narrazione del governo.
Quello che però sorprende è la rapidità con cui il Parlamento ha votato l’emendamento e l’ha fatto prima di discutere la legge di modifica costituzionale che limiterebbe i diritti di riunione e di opinione. Sembra il colpo di coda del caimano, pronto a giocarsi il tutto per tutto in un momento in cui gli equilibri internazionali in Europa stanno cambiando.
Viktor Orbán non era presente in Parlamento al momento della votazione e non ha rilasciato alcuna dichiarazione. Nella sua ultima apparizione pubblica, però, sabato 15 marzo durante le commemorazioni per la rivoluzione del 1848, non aveva mancato l’occasione di scagliarsi contro le opposizioni definendo “insetti” giornalisti, politici, organizzazioni civili.
Anche Péter Magyar e il suo partito Tisza, da molti in Europa erroneamente acclamati come l’alternativa democratica al governo Orbán, sono rimasti in silenzio durante le proteste di piazza. Solo oggi pomeriggio Magyar ha dichiarato di voler procedere ad una consultazione referendaria del “vero” Paese. Iniziativa che assomiglia molto alla consultazione nazionale messa in atto dal governo lo scorso inverno. Finge di non rendersi conto che questa strategia politica altro non è che la brutta copia di quella del suo rivale Orbán.
https://telex.hu/belfold/2025/03/18/gyulekezesi-torveny-modositasa-fidesz-parlament-megszavaztak