Cellebrite

La Georgia finalizza l’acquisto del software di spionaggio Cellebrite

Il Ministro dell’Interno della Georgia sta per concludere un rinnovo di tre anni con l’azienda israeliana Cellebrite, specializzata nella produzione di strumenti avanzati di sorveglianza digitale. Documenti ufficiali rivelano che ha stipulato un contratto da 2,4 milioni di dollari per dotarsi di software in grado di estrarre dati da dispositivi mobili, anche se bloccati o criptati. L’acquisizione, che avviene in un contesto di crescente repressione e controllo della popolazione, sta sollevando numerosi timori da parte delle organizzazioni per i diritti umani, che denunciano un allarmante restringimento delle libertà civili.

Cellebrite: la controversa azienda israeliana leader nella forensica digitale

Cellebrite DI Ltd. è un’azienda israeliana specializzata in forensica digitale, con sede a Petah Tikva. Fondata nel 1999 da Avi Yablonka, Yaron Baratz e Yuval Aflalo, l’azienda si è affermata a livello globale fornendo strumenti per l’estrazione e l’analisi di dati digitali a forze dell’ordine, servizi segreti, aziende e studi legali. La sua tecnologia consente di accedere ai dati contenuti in dispositivi mobili e computer, offrendo alle autorità strumenti avanzati per la raccolta di prove digitali.

Uno dei prodotti più noti di Cellebrite è l’Universal Forensic Extraction Device (UFED), lanciato nel 2007. Questo strumento è in grado di estrarre dati da telefoni cellulari, anche protetti da password o crittografia, diventando così un dispositivo chiave per molte agenzie di sicurezza. Nel 2019, Cellebrite ha annunciato UFED Premium, una versione avanzata in grado di sbloccare dispositivi iOS fino alla versione 12.3 e smartphone Android come il Samsung Galaxy S9.

L’uso della tecnologia Cellebrite si estende a livello globale. Le sue soluzioni sono impiegate dall’FBI, da ministeri degli interni di diversi paesi e da forze di polizia locali per raccogliere prove digitali in indagini criminali e antiterrorismo. Sebbene Cellebrite si presenti come un’azienda impegnata nella difesa dei diritti umani, emergono dubbi sulla reale destinazione delle sue tecnologie. Criticata per la vendita dei suoi strumenti a governi repressivi, l’azienda non ha adottato misure concrete per impedirne l’uso contro dissidenti e attivisti. Inoltre, la classificazione dei suoi prodotti come “servizi civili a doppio uso” le consente di operare senza rigorosa supervisione governativa. Nonostante l’azienda abbia dichiarato di aver interrotto le vendite in paesi come Cina, Russia e Venezuela, un’indagine del The Intercept ha rivelato che le sue tecnologie continuano a essere acquistate da intermediari cinesi.

Recentemente, Amnesty International ha sollevato ulteriori dubbi sull’azienda a seguito di un rapporto che ha rivelato l’uso improprio dei suoi strumenti da parte delle autorità locali.

Il caso serbo contro le libertà civili

La situazione in Serbia, sviluppatasi parallelamente all’ondata di proteste che stanno scuotendo il paese, ha attirato l’attenzione di Amnesty International, che denuncia l’uso della sorveglianza digitale da parte del governo serbo per monitorare giornalisti e attivisti. Nel suo rapporto ha rivelato che le autorità serbe hanno utilizzato il software di Cellebrite per accedere ai dispositivi di oppositori politici senza il loro consenso o una giustificazione legale. Il caso del giornalista Slaviša Milanov, fermato dalla polizia e successivamente scopertosi vittima di un’intrusione digitale, evidenzia il crescente utilizzo di tecnologie di sorveglianza per reprimere la libertà di espressione. Sempre le indagini di Amnesty hanno rivelato che il caso di  Milanov non è un’eccezione, suggerendo che sia l’Agenzia Serba per le Informazioni e Sicurezza (Bezbedonosno-informativna agencija – BIA) sia servizi segreti non temano ripercussioni nel promuovere l’utilizzo di certe tattiche oppressive.

Inoltre, il rapporto ha rivelato anche l’installazione di un nuovo spyware, “NoviSpy”, sui dispositivi sequestrati, capace di raccogliere dati sensibili e attivare microfoni e telecamere. Questo dimostra una pericolosa combinazione di strumenti di hacking avanzati impiegati per monitorare e intimidire la società civile.

In risposta alle denunce, Cellebrite ha annunciato la sospensione delle vendite dei suoi prodotti ad alcuni clienti in Serbia, ma rimane cruciale un intervento più ampio per garantire che le tecnologie digitali non vengano utilizzate per violare i diritti umani. Amnesty chiede un’indagine indipendente e misure concrete per proteggere la libertà di stampa e la privacy nel Paese.

Cosa possiamo aspettarci dalla Georgia

In questo contesto, il rinnovo del contratto con l’azienda israeliana Cellebrite rischia di accentuare i timori della società civile sull’intensificazione della sorveglianza di Stato. Il software acquistato, Inseyets, permette alle forze dell’ordine di sbloccare smartphone e computer per estrarre informazioni, una tecnologia già impiegata da governi repressivi per monitorare giornalisti, attivisti e oppositori politici. Il tempismo dell’acquisto è significativo: in un paese segnato dalla crescente repressione e dalla limitazione delle libertà civili, l’uso di questo strumento potrebbe rafforzare il controllo governativo sui manifestanti, già duramente colpiti dalla polizia. Queste preoccupazioni sono state sollevate specialmente da Amnesty, che ha esortato l’azienda a indagare urgentemente sul possibile utilizzo dei suoi prodotti in Georgia come strumenti di repressione.

Eppure, un e-mail del 13 febbraio pubblicata nel portale degli appalti pubblici georgiano mostra che la stessa Cellebrite teme restrizioni alla vendita della sua tecnologia nel paese. Nella mail, un direttore commerciale della compagnia avvertiva n funzionario del ministero dell’Interno che l’ufficio locale potrebbe essere bloccato dalla vendita delle apparecchiature e ha raccomandato di completare l’acquisto il prima possibile. Tuttavia, la lettera non specificava la natura del problema né le ragioni per cui l’azienda potrebbe dover interrompere le vendite.

Il rinnovo del contratto con Cellebrite, insieme al crescente numero di telecamere di sorveglianza “intelligenti” – oltre 4.300 installate nel paese – ha suscitato serie preoccupazioni tra le organizzazioni per i diritti umani. La Georgian Young Lawyers Association, tra le altre, denuncia il rischio che queste tecnologie vengano utilizzate per identificare manifestanti attraverso il riconoscimento facciale, compromettendo il diritto alla privacy e alla libertà di espressione. Nonostante ripetute richieste di chiarimento, il governo non ha ancora specificato chi controlli questi sistemi né quali dati vengano raccolti e conservati, alimentando timori su un ulteriore giro di vite contro il dissenso.

Il caso della Georgia si inserisce in una tendenza più ampia di controllo digitale della popolazione, già osservata in numerosi paesi, dove il software israeliano Cellebrite è stato usato per installare spyware sui telefoni degli attivisti. La crescente militarizzazione della sorveglianza in Georgia non lascia particolari dubbi sul futuro uso di questa tecnologia e delle conseguenze per le libertà individuali della popolazione.

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