SLOVACCHIA: Focus elezioni/6 – Usque tandem Robert Fico?

di Gabriele Merlini

I risultati finali delle elezioni in Slovacchia ricalcano un trend piuttosto diffuso (Repubblica Ceca, Gran Bretagna e Paesi Bassi) ossia il partito socialdemocratico vince ma finisce senza i numeri necessari per governare, consegnando ai movimenti di centrodestra la maggioranza in parlamento.

I dati del voto a Bratislava: lo Smer del premier Robert Fico si attesta attorno al trentacinque percento, che corrisponde a sessantadue seggi; l’unione cristiano democratica SDKÚ di centrodestra ferma invece la corsa attorno al sedici (ventotto seggi.) I liberali di Sas stanno sul dodici percento (ventidue seggi) mentre il movimento cristiano-democratico Kdh attorno all’otto e qualcosa, per quindici seggi. Idem Most-Híd, al contrario del partito nazionalista Slovenská národná strana di Jan Slota che supera di poco il cinque percento, valendogli nove (presumibilmente rumorosi) seggi.
L’ex premier Vladimir Meciar, attuale partner di Fico, rimane sotto la soglia per l’ingresso dunque nessuna rappresentanza parlamentare, destino che divide con uno tra i due partiti relazionabili alla minoranza ungherese, la Magyar Koalíció Pártja di Pál Csáky (l’altro è il sopraccitato Most-Híd.)

Ricapitolando, insieme i quattro partiti di centrodestra avrebbero circa settantanove seggi in parlamento, mentre Smer e i nazionalisti del Sns settantuno. Nonostante ciò Fico si dice pronto a formare un governo: «třicet pět procent je pro Smer absolutní úspěch» afferma alla stampa, vale a dire il trenta percento è un successo assoluto e ciò lo autorizzerà a bussare alla porta di Gašparovič con la richiesta di un bel mandato per comporre il nuovo esecutivo.

Tuttavia, per cominciare, un piccolissimo passo oltreconfine: durante la campagna elettorale ungherese di qualche mese fa, Gabor Vona, leader di Jobbik, ebbe a pronunciare una battuta piuttosto indicativa sia di Jobbik che delle relazioni tra slovacchi e ungheresi: «Per scrivere tutta la storia della Slovacchia basta un sms.» Di certo questa non l’ha copiata da un cabarettista americano.

Scemenza, ovvio, essendo la storia della Slovacchia, per quanto breve, assai interessante e ricca di avvenimenti. Dicono gli analisti, tra i più discussi -specie in relazione all’ultima tornata elettorale- il recente scandalo che ha colpito il Primo Ministro Robert Fico.

Riassuntino a grandi linee della vicenda. Un premier che sembrava destinato alla facile riconferma con preferenze superiori a quelle che poi ha racimolato viene colpito da una di quelle intercettazioni che tanto avranno vita travagliata in altre nazioni europee: spettro di fondi non dichiarati per il suo partito e creazione di misteriose strutture parallele per ricevere finanziamenti. Tutto ciò contenuto in una registrazione attualmente al vaglio degli esperti forensi. Mittente del regalino -inviato alla stampa in forma anonima- si sospetta essere Bohumil Hanzel, sodale di Fico all’inizio della avventura di Smer ma adesso (è facile immaginarlo) un filo in rottura.

Com’è ovvio che sia, il premier nega tutto esprimendosi in conferenza-stampa con termini sempre più mutuati dal suo collega Slota, espressioni non diplomaticissime per descrivere il trappolone nel quale sarebbe franato.

Superfluo specificare quanto i giornalisti che hanno ricevuto il pacco si siano già beccati una denuncia penale condita con corposi insulti, e l’accusa di essere al soldo della opposizione. Ad ogni modo già prima della registrazione lo Smer era in calo di consensi e la situazione di Fico sempre meno rosea, accusato di virate inquietanti verso territori scivolosi. Un nazionalismo ogni giorno più deciso unito a proposte viste con crescente sospetto sia in patria che all’estero: revisione dei libri di scuola in maniera sensibilmente slovaccocentrica, riferimenti frequenti al grande popolo slovacco -scindibile per secoli da quello ceco, ça va sans dire- e imposizione dell’inno nazionale ad ogni azione nelle ventiquattr’ore. In soldoni una aderenza via via più totale con l’alleato ultranazionalista Slovenská národná strana e il leader Slota, per quanto restando sempre sensibilmente distanti dal modello ungherese.

Tuttavia a Bratislava il Presidente della Repubblica Ivan Gašparovič parrebbe propenso ad accettare un nuovo governo di Fico, ossia un governo del leader del partito più votato ma non della coalizione con più seggi. L’esatto opposto di quanto ha fatto il corrispettivo ceco Klaus, che da subito ha appoggiato l’esecutivo formato dalla coalizione più corposa, lasciando stare il ČSSD, partito con maggiori preferenze nelle urne (ulteriori parallelismi tra i due vicini: così come con Fico, anche con Paroubek -ex leader socialdemocratico ceco- nessuno o quasi si è detto disposto a governare. Inoltre, se alla fine l’esecutivo sarà formato dalla coalizione slovacca di centrodestra, esattamente come in Repubblica Ceca i principali esponenti dei singoli movimenti dovranno ricorrere a compromessi enormi per provare a governare assieme).

Tutti i nodi, è lecito supporlo, verranno sciolti in tempi brevi. Per altro da questa movimentatissima primavera centroeuropea di elezioni e cambi ai vertici del potere potrebbe spuntare un Primo Ministro donna: Iveta Radičová del SDKÚ, già Ministro del Lavoro, Famiglia e Affari Sociali, battuta l’anno scorso da Gašparovič nella corsa alla Presidenza della Repubblica. Adesso, dopo un rigoroso cambio di toni e atteggiamenti, pare prontissima per l’eventuale incarico.

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